tag:blogger.com,1999:blog-66558606082865342362024-03-28T20:30:50.046+01:00Mica Cotiche abbiamo passato l'estate da tiffanyamandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.comBlogger1219125tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-91682878093268140572024-03-28T20:30:00.000+01:002024-03-28T20:30:46.497+01:00Spuntino di mezzanotte<p style="text-align: left;"><span style="font-family: inherit;"><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;"><br /></span></span></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: inherit;"></span></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBzhlR-A_2PWdd7eoRmioROx_i5EeNyDjDLhF6yh1QgldEm970PPQpd02zx4PBKwwDgmlSZXGaZdi8GbUeuwJEYVysdGocDIUU205BnoW2rRQlmjbEq7d80TkWCqjU4bAYQ5WZE-vMybgPHCrOV6m5RgBDCZFpi2FXviPPM59wTtEly9Fz1_NhxDPp9aQ/s1092/Screenshot_20240328_202524.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1092" data-original-width="1080" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBzhlR-A_2PWdd7eoRmioROx_i5EeNyDjDLhF6yh1QgldEm970PPQpd02zx4PBKwwDgmlSZXGaZdi8GbUeuwJEYVysdGocDIUU205BnoW2rRQlmjbEq7d80TkWCqjU4bAYQ5WZE-vMybgPHCrOV6m5RgBDCZFpi2FXviPPM59wTtEly9Fz1_NhxDPp9aQ/w395-h400/Screenshot_20240328_202524.jpg" width="395" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Kalaillustration </td></tr></tbody></table><span style="font-family: inherit;"><br /><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;"><br /></span></span><p></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: inherit;"><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;"><br /></span></span></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: inherit;"><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;"><br /></span></span></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: inherit;"><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;"><br /></span></span></p><p style="text-align: left;"><span style="font-family: inherit;"><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;"><br /></span></span></p><div style="text-align: left;"><span style="font-family: inherit;"><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;">Adele Cesconi abita all'interno 3 di Via Madonna della Salute 31. Si pensa di poter dormire sonni tranquilli ad abitare sotto l'egida di un tale sguardo materno e amoroso, eppure da qualche tempo le sue notti sono frammentate da suoni o, per meglio dire, da tonfi, scricchiolii e rumori molesti che le rovinano il sonno. Non trova più pace. La prima notte si è svegliata di soprassalto con un senso di panico che le attanagliava le viscere; il cuore le batteva all'impazzata nel petto, un rombo di sangue che le vorticava nelle orecchie. Immobile ha atteso l'ingresso nella sua stanza di un ladro, di un malintenzionato: nulla. Adele Cesconi vive da sola, non per scelta. In realtà aveva intrecciato relazioni decisamente deludenti una volta stabilitasi nella città che le aveva offerto una opportunità di lavoro stabile. Si era sempre detta che qualcosa di meglio sarebbe arrivato e che comunque la solitudine era sempre preferibile a un compromesso e aveva finito col bastarsi. Ma ora non avrebbe disdegnato la presenza di qualcuno che la facesse sentire protetta. Ora la casa era nuovamente avvolta nel più totale silenzio. Rinfrancata aveva pensato a un incubo molesto. Uno di quei sogni appiccicosi da cui ci si risveglia a fatica: pericoli a cui non si riesce a fuggire, lampadine che non si accendono, numeri di telefono che si continua a sbagliare nel tentativo di chiedere un aiuto tanto necessario quanto inaccessibile. Aveva quindi atteso il giusto per accertarsi che si trattasse solo di un'illusione e infine, facendosi coraggio, aveva indossato le ciabatte e la vestaglia aveva scostato la tenda cercando fuori di casa l'origine dei rumori che tanto l'avevano spaventata ma nulla. I lampioni illuminavano una strada perfettamente deserta e silenziosa. Nemmeno Billy, il cane dei vicini, sempre pronto ad abbaiare, perfino alle ombre, sembrava in allerta. Adele, armata di un pesante fermaporta, aveva ispezionato l'intera casa, non senza una certa apprensione, accendendo una alla volta tutte le luci. Alla fine era tornata in camera. Aveva dovuto leggere a lungo prima di ritrovare il sonno e poiché il libro che stava leggendo era un giallo, aveva persino dovuto nuovamente alzarsi per prenderne un altro dalla pila di quelli in attesa di lettura perché non sopportava proprio l'idea di altra ansia da sommare a quella già provata apparentemente senza ragione. Il mattino seguente Marcella, la sua collega sempre pronta a farsi i fatti altrui, le aveva chiesto conto delle occhiaie che neppure il trucco era riuscito a celare. "Insonnia" aveva tagliato corto Adele mentre Marcella si lanciava in una lunga disquisizione sui cibi da evitare la sera secondo il suo nutrizionista che con una corretta alimentazione sapeva porre rimedio a tutto dal reflusso esofageo all'alluce valgo passando per l'insonnia. Gli episodi si succedono sempre più frequenti, in Adele si alternano il panico per i pericoli esterni al terrore di stare perdendo il lume della ragione. Una notte si sveglia sudata, nuovamente tachicardica e annusando l'aria le parve di avvertire molto intenso il profumo della cannella. Effettivamente il pomeriggio, rientrando dal lavoro ha visto nella fruttiera tre mele che sembravano destinate a fare una brutta fine, Ha così infornato una torta, e l'ha profumata di cannella. Come è solita fare ne ha tagliate tre belle fette. Dividere le torte con i Serafini del piano terra e la Giordani della porta accanto le permette di allontanare i sensi di colpa, non avrebbe infatti mangiato tutta la torta da sola ed è bello pensare di avere qualcuno con cui condividerla. Poi ha riposto il dolce nella tortiera in frigo. Perché dunque ora il profumo di cannella è così intenso? </span><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;">È</span><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;"> una persona che ama avere sotto controllo la situazione ma questi continui risvegli notturni la destabilizzano. Ha spento la luce da non più di due minuti quando sente un tonfo che inequivocabilmente proviene dalla sua cucina. Questa volta non possono esserci dubbi perché è sveglia, tremante si dirige in cucina in punta di piedi e intravede dal corridoio la luce bianca del frigo schiuso. Si fa coraggio e accende l'interruttore. Un essere enorme, azzurro, munito di una lunga coda simile a quella di un drago, si gira verso di lei. In una zampa regge delle carote. Le orecchie della bestia sono basse, lo sguardo pare mortificato, quasi l'espressione di qualcuno consapevole di essere stato colto in flagranza di reato. Adele si porta le mani alla bocca ma a vedere quell'espressione il grido di terrore le muore in gola. Si affretta dunque a dire "Anche lei soffre di languori notturni? Gradisce una fetta di torta? Ho giusto preparato una torta di mele, non faccia complimenti", la tortiera però è già vuota. Giurerebbe che sia un sorriso quello che illumina il volto dell'Esserone. "Felice che sia stata di suo gradimento". Ora se non le dispiace torno a letto. Quando tornerà a trovarmi non indugi, bussi pure alla porta della mia camera, sarà un piacere fare lo spuntino di mezzanotte con lei". Le sorge il dubbio che l'Esserone non l'abbia davvero compresa fino in fondo, poco male avrebbero trovato una soluzione al prossimo spuntino.</span> </span></div>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-68954890498780120012024-03-17T21:41:00.000+01:002024-03-17T21:41:29.591+01:00Weird tales : Systenatulinne<p><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmB-Ra8LMUJRleJ6jJMIlKeCNzfBwDqa3dTKrvvO2LaWHw6tAVKWAcBEk6VtCu93Yy_EQyQiDfMimSF_R8zqsI9mRe8cYKhgGj86YeEf9tyw1wYgxmkjy-Ys9Tuldmt87CTY-3xmL-KZp9Ff023Pc_FCjFW2nqFRIk7YP-z1NrwafoGiwEKuXd65Nc2c8/s1120/IMG_20240317_213228_491.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1120" data-original-width="896" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmB-Ra8LMUJRleJ6jJMIlKeCNzfBwDqa3dTKrvvO2LaWHw6tAVKWAcBEk6VtCu93Yy_EQyQiDfMimSF_R8zqsI9mRe8cYKhgGj86YeEf9tyw1wYgxmkjy-Ys9Tuldmt87CTY-3xmL-KZp9Ff023Pc_FCjFW2nqFRIk7YP-z1NrwafoGiwEKuXd65Nc2c8/w320-h400/IMG_20240317_213228_491.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Annalisa Parisii </td></tr></tbody></table><br /><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p style="text-align: left;"><span style="background-color: white; color: #222222; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;">L'ombra di barba ormai evidente crea una linea netta sul volto del Saggio N1 al di sopra della quale le gote tonde e rosee, spesso tendenti al rubizzo, fungono da mensola a due lenti spesse oltre le quali si intuiscono occhi tondi venati da una rete di capillari. Anni di studio e quotidiane ore di raccolta di campioni e delle più minute informazioni, li hanno affaticati. Lì dove un tempo peli folti disegnavano sul volto degli umani arcuate cornici, ora, in questo Ibrido sono presenti due antenne in grado di fornirgli ulteriori informazioni sull'ambiente circostante. Le spalle un po' cadenti e il busto morbido si continuano in un addome globoso che nell'insieme gli conferisce un profilo sferico che termina con una serie di tentacoli che, a seconda del terreno, possono emettere ventose o sfere che usate come ruotini facilitano gli spostamenti. A volte sugge con i tentacoli per distinguere il sapore degli Ibridi differenziandoli in dolci, amari, salati o acidi. Il più lungo dei tentacoli gli spunta dalla nuca. Vezzosamente lo acconcia come se si trattasse di un copricapo. L'eleganza è proprio una delle caratteristiche che lo contraddistinguono. Non indossa propriamente abiti come era usanza un tempo tra gli umani ma la sua corazza è morbida al tatto, con una consistenza che varia, a seconda degli habitat che sta esplorando e delle stagioni, tra quella del tessuto che gli umani definivano velluto e l'elastacità di una gomma; i colori sono sgargianti: indaco bordato di fucsia, giallo acido e arancio. Il Saggio N1, dopo aver a lungo sfogliato e studiato l'antico Atlante a cui si è ispirato per iniziare la sua catalogazione degli Ibridi, si è attribuito il nome con cui ora lo chiamano gli altri Saggi: "Systenatulinne" associando tra loro le lettere non sbiadite che si trovavano sul frontespizio del tomo e tutto sommato gli si addice poiché come Linneo nel Systema Naturae sa che non vi è conoscenza lì dove le cose non possiedono un nome e se anche lui l'Atlante di botanica sistematica dello Svedese può solo sfogliarlo perché non conosce l'arcaica lingua, si dedica alla catalogazione con la sua stessa passione facendone la sua ragione di vita: conta, annota, descrive occhi, dita, piedi, antenne, propaggini. Accompagna le descrizioni a schizzi. Raccoglie campioni. La sera stanco toglie le spesse lenti e con esse i suoi bulbi oculari esausti, e immediatamente, privato della vista, sprofonda in un sonno profondo e ristoratore, mentre due occhi venati di rosso continuano a scrutare l'ambiente circostante incessantemente da comodino su cui, insieme agli spessi occhiali vengono posati. Il suo solo rammarico è la consapevolezza che non gli basterà l'intera esistenza per dare un nome a ogni singolo ibrido nonostante il tempo di ogni singola Creatura della sua epoca, compreso lui stesso, sia lungo a volte molti secoli. Conscio che ogni Ibrido è unico, lo sacrifica solo quando ne viene attaccato o quando li raccoglie già morti. In questi casi essicca il campione estinto e lo allega alle pagine dell'enorme Atlante che va compilando. Quando non è troppo stanco trova illuminante il confronto serale con gli altri Saggi che lo accompagnano lungo il cammino di ricerca, ognuno con la sua peculiarità e specializzazione. Nella loro luminosa sapienza hanno implementato una nuova lingua comune tramite la quale poter colloquiare. Così quando si fa sera, una volta trovato un riparo e consumato il pasto, ognuno conforme alle proprie prerogative metaboliche, condividono il frutto delle loro ricerche quotidiane. A volte non si trovano in accordo e c'è uno srotolamento di tentacoli e un rizzarsi di antenne e aculei solo a monito di come possano degenerare le cose, come un tempo avveniva tra gli umani in alcune discussioni in cui i toni si facevano accesi, si tratta tuttavia di momenti fugaci poiché per loro resta prioritaria la condivisione del sapere. Le dispute quindi si ricompongono prontamente. L'ambiente è troppo ostile per perdere preziosi compagni di viaggio. A tale proposito resta ai quattro Saggi superstiti ancora incomprensibile come si sia giunti all'annientamento del 5° Saggio solo qualche giorno prima. Certo si era comportato in modo incongruo, non era stata davvero un'idea intelligente tornare sui propri passi dalla Bambina Tarassaco, così l'aveva denominata dopo il primo incontro Systenatulinne, dopo che il piccolo Ibrido aveva mostrato la propria ostilità utilizzando quel suo grande occhio come una lente deformante che aveva spaventato il 5° Saggio. Tuttavia in modo molto infantile questo aveva trovato irresistibile l'effetto che sie era creato quando aveva soffiato sul capo della Bambina Tarassaco ed era tornato sui suoi passi verso la piccola radura. Solo a tarda notte dopo una ricerca che li aveva privati delle energie residue ne aveva trovato il cadavere la bocca incrostata dai residui di liquido vischioso e giallastro. Mai un piccolo Ibrido, pressoché innocuo all'apparenza, si era spinto così in là con una Creatura di dimensioni come quelle che accomunavano i Saggi. Stava a loro ora decidere se prendere il fatto per quello che era cioè l'evidente risultato di un eccesso di legittima difesa da parte della Bambina Tarassaco come sosteneva Systenatulinne dopo aver scoperto la piccola antenna acuminata, le cui caratteristiche aveva annotato sul suo taccuino al primo incontro, infilzata sulla caviglia del 5 Saggio o impartire alla Bambina Tarassaco una pena esemplare affinché fatti simili non accadessero mai più, come sosteneva il 2° Saggio. Le discussioni si protrassero a lungo e si esaurirono solo dopo aver votato.</span></span></p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-81519439054103700242024-03-11T10:04:00.003+01:002024-03-11T10:04:23.617+01:00Weird tales: anatomia comparata 2<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUI-CBbi05fTdQnGkkrutf6XpGFopbMOFLADSokvO1xo4tWsX8Tqk03uPgKjm0y77MIaAYVc38oDq3H6KX3LwlV2kAfDZr74DwpI_4nZ-4Hn2zKc8kkXLDCYEwgcxT46neWaar3NzXPRRAouHStXbk9udjJZTRU2lRejFX5pJlHTaDkrs1YwlWjmJcD3A/s1344/IMG_20240310_183535_751.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1344" data-original-width="896" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUI-CBbi05fTdQnGkkrutf6XpGFopbMOFLADSokvO1xo4tWsX8Tqk03uPgKjm0y77MIaAYVc38oDq3H6KX3LwlV2kAfDZr74DwpI_4nZ-4Hn2zKc8kkXLDCYEwgcxT46neWaar3NzXPRRAouHStXbk9udjJZTRU2lRejFX5pJlHTaDkrs1YwlWjmJcD3A/w266-h400/IMG_20240310_183535_751.jpg" width="266" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Annalisa Parisii </td></tr></tbody></table><br /><p style="margin-bottom: 0cm;"><br /></p>
<br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><br /> </td></tr></tbody></table><p style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</p>
<p style="text-align: justify;">Degli scalpiccii si
avvicinano, fanno rimbombare il suolo, a volte sono tonfi sordi, a
volte il suono si fa più liquido e lei immagina minuscole gocce
d'acqua che si sollevano dal fogliame, schizzano in ogni direzione e
sotto i raggi solari rifrangono la luce scomposta e iridescente.
Dopo giorni di pioggia sottile ma incessante lo squarcio tra le
nuvole non ha ancora consentito ai raggi di asciugare la piccola
radura quasi ai margini della fitta vegetazione in cui ha trovato
riparo negli ultimi giorni. Analizza il suono: si tratta di creature
di grosse dimensioni. Se non fosse tesa si godrebbe la scena come una
spettatrice. Allontana il pensiero e si concentra preparandosi per un
possibile attacco. Sa mimetizzarsi in quello che ormai considera il
suo territorio ma può non essere sufficiente. A volte gli Ibridi
confidano più sull'olfatto che sulla vista. Le grosse creature ora
sono a pochi passi da lei, Trattiene il fiato, poi si sente
sollevare. <span style="font-family: Times New Roman, serif;">È</span><span style="font-family: Times New Roman, serif;">
in quel momento dell'anno in cui ha perso i petali gialli e sfoggia
la sua corona piumata. La grossa creatura soffia ma lei sa come fare:
non appena le piume del pappo si disperdono nella brezza delicata che
per poche ore impedirà al sole implacabile di seccare a morte la
radura, lei solleva il suo enorme occhio destro improvvisamente
svelato e lo sgrana sull'aggressore che si vede riflesso, deformato e
per giunta capovolto. In breve l'assalitore rimanere atterrito dalla
sua stessa immagine abnorme. </span><span style="font-family: Times New Roman, serif;">È
il deterrente che preferisce, non ama l'attacco e il più delle volte
già questo funziona. La creatura la lascia cadere al suolo e si
dilegua. La Bambina Tarassaco vive nelle zone emerse del Pianeta
senza un habitat ben definito è ubiquitaria si sarebbe detto un
tempo. Come molti Ibridi ha affinato le sue capacità di adattamento.
Gli arti sono simili agli steli delle piante da cui ha preso il nome.
Quelle piante si possono ancora osservare in grossi volumi sul cui
dorso campeggia una scritta non ancora decifrata dagli abitanti del
nuovo mondo "Atlante di botanica sistematica". I Saggi
hanno compreso che si tratta di un catalogo di esseri presenti sul
pianeta prima dell'Evento e hanno iniziato ad attribuire nomi, agli
innumerevoli Ibridi attualmente viventi, per similitudine a quegli
esseri rappresentati nel grosso volume. Di questi tempi la
catalogazione è un lavoro immane poiché nella nuova natura
raramente si trovano esseri anche vagamente simili tra loro. Gli
steli della Bambina Tarassaco hanno sviluppato articolazioni che le
permettono di migrare. La capacità migratoria è stata per molti
Ibridi l'unica in grado di garantirne la sopravvivenza. Sono leve di
primo genere, avrebbero detto gli antichi, con un grosso fulcro al
centro, che le donano un incedere per così dire "legnoso",
poco elastico, ma che le permettono anche di procedere con lunghi
balzi. Tanto sottili e allungati sono gli arti, tanto tozzo appare il
tronco su cui svetta, senza praticamente un accenno di collo, il
grosso capo a corolla. L'occhio sinistro risulta meno sviluppato del
destro e privo delle capacità di fungere da specchio deformante e
quindi meno inquietante anche se è l'unico che le permette di
vedere. A volte gli insetti superstiti si posano su di lei come
facevano un tempo sui fiori e lei produce un sudore dolce e melenso:
l'istinto e l'evoluzione genetica le hanno consentito così di
nutrire gli insetti e di dare il suo contributo alla riproduzione: la
sua, quella degli insetti e quella di altri Ibridi che di insetti si
nutrono. La Bambina Tarassaco ha piccole labbra carnose e un
minuscolo naso dalla punta sempre arrossata quando perde petali e
pappo fino al nuovo ciclo riproduttivo. Il sole ora è alto è
arrivato il momento di cercare un luogo più ospitale, solo dopo
poche ore il prato lussureggiante è ormai paglia e sterpi e il suo
respiro stesso si è fatto più rapido e aspro, segno di una
possibile disidratazione. Balza quindi velocemente nella vegetazione
più fitta e inestricabile l'unica in grado di sopravvivere ai
mutamenti. Le piante più anziane proteggono lo sviluppo delle più
giovani. Sta balzellando ormai da qualche tempo quando avverte
nuovamente i tonfi dei passi. Annusa l'aria, scruta tra il fogliame
per comprendere da dove attendere la comparsa delle creature. Sono le
stesse del mattino, ne riconosce l'odore, si arresta, ancora una
volta attende, è probabile che se riconosciuta non verrà molestata,
a volte una lezione è sufficiente anche per le creature meno dotate.
Ma non è questo il caso, quell'essere per lei enorme anzi si
avvicina sempre più minaccioso. Ha sete di vendetta in questo nuovo
incontro dato che viene deriso dai compagni di cammino per essersi
spaventato per i trucchi di un Ibrido tanto piccolo e insignificanti.
Solleva la Bambina un'altra volta, la stritola nel pugno. Lei si
sente sopraffatta, percepisce di stare per soccombere. Solleva quindi
le minuscole antenne adunche e attacca. La creatura emette un suono
roco, allenta la presa. La Bambina Tarassaco non rimane a osservare
la sua vittoria: rovinando al suolo la creatura emette un bolo giallo
vischioso, si contorce a muore. È tempo di procedere la scelta
della nuova dimora richiede tempo e cura la bambina Tarassaco
balzella lontano, per un po' dovrà prestare estrema attenzione a
possibili predoni, ci vorranno infatti giorni prima che l'antenna sia
nuovamente pregna di veleno e in grado di difenderla.</span> </p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-44033740755469913902024-03-03T14:43:00.005+01:002024-03-03T15:36:50.973+01:00Ernesto e il corallo<div class="adn ads" data-legacy-message-id="18e03ff256df5a7a" data-message-id="#msg-a:r-8169110480528021659" style="background-color: white; border-left: none; color: #222222; display: flex; padding: 0px;"><div class="gs" style="margin: 0px; min-width: 0px; padding: 0px 0px 20px; width: initial;"><div><div class="ii gt" id=":ox" jslog="20277; u014N:xr6bB; 1:WyIjdGhyZWFkLWE6ci04MTY0MTUzMDI2NTgzMDAxOTc5Il0.; 4:WyIjbXNnLWE6ci04MTY5MTEwNDgwNTI4MDIxNjU5Il0." style="direction: ltr; margin: 8px 0px 0px; overflow-x: hidden; padding: 0px; position: relative;"><div class="a3s aiL" id=":ow" style="direction: initial; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: 1.5; overflow: auto hidden; position: relative;"><div dir="ltr"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrvetB44irQBKFrIaH-P_eJQDzCBhkOOQIovd29Z0LymsVXu8gL5nql6Eu_QDh6eJxRoJ2QQo96Bx7h14puHjBvdHrKCOXjrDsDh7v4Oo5s9Srd0Pu34KdzShyphenhyphenRtpyyWTL2oxCHT_K0Vkxvpw0kzNFFI49BRPqU6YKTHdYK9FsrUFcfTUfKEhMjZ45OU0/s1080/IMG_20240303_130614_983.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1080" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrvetB44irQBKFrIaH-P_eJQDzCBhkOOQIovd29Z0LymsVXu8gL5nql6Eu_QDh6eJxRoJ2QQo96Bx7h14puHjBvdHrKCOXjrDsDh7v4Oo5s9Srd0Pu34KdzShyphenhyphenRtpyyWTL2oxCHT_K0Vkxvpw0kzNFFI49BRPqU6YKTHdYK9FsrUFcfTUfKEhMjZ45OU0/w400-h400/IMG_20240303_130614_983.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Kalaillustration </td></tr></tbody></table><br /><p align="JUSTIFY" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: small; margin-bottom: 0cm;"><br /></p><p align="JUSTIFY" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: small; margin-bottom: 0cm;"><br /></p><p align="JUSTIFY" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: small; margin-bottom: 0cm;"><br /></p><p align="JUSTIFY" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: small; margin-bottom: 0cm;"><br /></p><p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: inherit;">Un pomeriggio, mentre passeggiava solo come sempre, Ernesto mi sentì guaire. Stavo sopra il ramo di un albero troppo alto per me ed ero pure malconcio. Mi ci avevano messo dei mocciosi teppisti dopo avermi trovato a rovistare tra le immondizie. Non mangiavo da tre giorni ed essendo giovane, non ero molto abile a procurarmi del cibo. Avevano creduto divertente punirmi in quella maniera, per le misere condizioni in cui già mi trovavo a vivere, dopo avermi usato come pallone da calcio per un po'. Gli avevo ringhiato contro mostrando i denti ma avevano subito capito che non sarei stato in grado di fare loro nulla visto che erano più grossi, in superiorità numerica e pure dotati di una cattiveria di cui io non disponevo. Ernesto, il lungo cappotto e il cappello fuori moda sentì dunque il mio lamento, mi scorse tra i rami spogliati da un vento autunnale inclemente e dopo avermi inutilmente spronato a trovare da solo la giusta via per scendere, chiamò i pompieri. Quando finalmente mi recuperarono, capirete anche voi che avevo ben poca fiducia nel genere umano e me la presi con il vigile del fuoco che si avvicinò con la scala. Quello doveva saperla lunga sugli animali impauriti perché mi irretì con dei deliziosi bocconcini e poiché ero stremato dalla fame, ebbe facilmente la meglio. Una volta sceso a terra le strade mia e di Ernesto si separarono e io fui portato al canile, lavato, visitato, disinfettato a una zampa ferita dai calci e infilato in una gabbia. Ernesto invece tornò a casa e conoscendone ora il carattere so che si girò e rigirò tutta la notte pensando al mio destino. Da qualche anno ormai era morta Teresa, la sua volpina ventenne, a cui aveva giurato eterna fedeltà. Non si sentiva pronto per un cucciolo e non in grado di affrontare altri dispiaceri. Le mie fortune furono: il suo buon cuore, la mia piccola taglia, il peso della sua solitudine. Il giorno dopo quindi Ernesto si presentò al canile e per fortuna il volontario di turno gli lesse in faccia che avrei fatto un buon affare e mi affidò a lui con mia immensa gratitudine. Iniziò così la nostra vita insieme. Ernesto mi chiamò Cosimo. Da appassionato lettore, mi spiegò che, avendomi trovato su un albero, non poteva esserci nome più appropriato per me. All'epoca era già pensionato quindi andavamo a spasso per ore tra i parchi, lo aspettavo fuori quando faceva la spesa e al mattino dividevamo il cornetto leggendo il giornale al bar. Per un botolo come me, abituato nella mia pur giovane vita a scorazzare sempre, trovare un umano che condivide la passione per la vita all'aria aperta è stata una manna. Quando usciamo mi spiega il mondo e quante cose sa, passerei ore ad ascoltare, a volte mi dimentico persino di fare la posta ai piccioni. Mi sono chiesto spesso come mai un'anima così bella e piena di interessi viva isolata, chiunque, mi dico, dovrebbe desiderare di avere amici come lui. Un giorno frugando nella tasca del suo pastrano, dove tiene sempre qualche crocchetta per me, trovai uno strano oggetto. Aveva un colore bellissimo tra il rosa, il rosso e l'arancio. Quando mi vide giocare sul tappeto con quello mi sgridò per la prima volta da quando vivevamo insieme, solitamente era così paziente: "Lascia subito il mio corallo!" Lo recuperò, lo pulì con estrema cautela dalla mia bava, lo osservò con attenzione per verificare che non avesse subito danni e lo rimise in tasca. Dopo un po' venne a scusarsi. Mi portò fuori e mi raccontò la sua storia. Quando era poco più che un ragazzo la compagnia per cui lavorava lo aveva spedito in una sede in mari lontani. Aveva vissuto per tre lunghi anni laggiù. Ci aveva messo un sacco di tempo ad abituarsi al nuovo ambiente, alla nostalgia di casa. Poi però era arrivato l'amore dolce e bellissimo e quel suo amore laggiù lavorava con il corallo. Mi spiegò che ora è vietato ma a quei tempi era ancora possibile e la popolazione indigena commerciava e viveva di quello oltre che di pesca. Quando il periodo di lavoro era finito, Ernesto non aveva saputo scegliere di rimanere e non aveva chiesto di farsi raggiungere. Entrambi sapevano di essere figli dei luoghi in cui erano nati delle culture che li avevano forgiati. Ricevette il corallo come dono d'addio. Lo tiene sempre in tasca e lo rigira nella mano destra come un amuleto, non se ne separa mai. Mi confessò che dopo qualche tempo, straziato dalla perdita e incapace di guardare oltre, era tornato laggiù risoluto a trasferirsi, ma il tempo era trascorso, la vita era continuata e aveva trovato un'altra persona nel cuore di chi aveva amato. Si era ritirato quindi in silenzio. Ancora oggi mentre passeggiamo tra i parchi talora lo sento distante. Io non so come sia l'oceano, non ho mai visto nemmeno un lago, ma se alzo gli occhi al cielo in quei momenti ci sono branchi di pesci rosso dorati che danzano e anche se piove lo vedo baciato dal sole.<br /></span></p></div></div></div></div></div></div><div class="gA gt acV" style="background: rgb(255, 255, 255); border-bottom-left-radius: 0px; border-bottom-right-radius: 0px; border-top: none; color: #222222; margin: 0px; padding: 0px; width: auto;"><div class="gB xu" jslog="184332; u014N:xr6bB;" style="border-top: 0px; padding: 0px;"><div class="ip iq" style="border-top: none; clear: both; margin: 0px; padding: 16px 0px;"></div></div></div><p><span style="font-family: inherit;"> </span></p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-25075360151364159632024-02-25T17:45:00.004+01:002024-02-25T17:45:57.202+01:00Weird tales: anatomia comparata<p style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhv7kUL8xzivMHu3oyRRNQljTwGntbYjtk0_6SZ2Ny7ar-GpmJ-aQAKlCjp1XZm0C6mXogy9b5oA1FENwSvpMwAP6hZtH3gSXNOFGzeSvZXc2uwkfted1vM75kpuUQCnFvpk2P04iRHYoBi5eWx3-_twnh_Xhturz3H0R8lZwjPWjVWa-_oLcZ6C_hP-Xc/s828/IMG_20240225_174350_701.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="828" data-original-width="828" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhv7kUL8xzivMHu3oyRRNQljTwGntbYjtk0_6SZ2Ny7ar-GpmJ-aQAKlCjp1XZm0C6mXogy9b5oA1FENwSvpMwAP6hZtH3gSXNOFGzeSvZXc2uwkfted1vM75kpuUQCnFvpk2P04iRHYoBi5eWx3-_twnh_Xhturz3H0R8lZwjPWjVWa-_oLcZ6C_hP-Xc/w400-h400/IMG_20240225_174350_701.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Annalisa Parisii </td></tr></tbody></table><br /><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><span style="font-family: inherit;">Gli scienziati del XXI secolo probabilmente si sarebbero domandati quando e come quello scambio di materiale genetico si fosse realizzato. Avrebbero interrogato gli elementi chimici, i fossili, avrebbero analizzato, scansionato. Avrebbero guardato lontano nello spazio per recuperare il bandolo di una matassa che andava dipanandosi lontano nel tempo. Sicuramente non si sarebbero chiesti perché. Il perché era a loro evidente da tempo. Ma in questo futuro a loro remoto nessuno più si pone queste domande. Elucubrare è un verbo obsoleto, lo era già nel XXI secolo. Ora che l'uso della parola si è estinto, la comunicazione è fatta di sensualità. Gli esseri che abitano il pianeta traggono le loro informazioni attraverso i sensi. Come poi le elaborino e le condividano sarebbe stata forse interessante materia di studio un tempo .</span></span></p><p style="background-color: white; color: #222222; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;">Nell'atmosfera liquida il piccolo essere si aggira tra fondali ricchi di vegetazione, tra le minuscole mani una lenza improvvisata ottenuta sbarbando molluschi. Pesca dei gamberi dorati, una vera leccornia, il pasto per oggi è garantito e succulento. Deve fare attenzione a dove poggia i piedi: tra le piante ricche di aculei ve ne sono alcune velenose; non sempre uccidono ma il malcapitato che si punge trascorre giornate tra febbre e convulsioni. La creatura ha gli arti ricoperti di pelle morbida. Procede quindi saltellando in cerca delle pozze dove pescare. Il dorso è protetto da una corazza che si è costruita come un tempo una sarta avrebbe cucito un abito di alta moda, la corazza termina con una doppia coda, elegante come una marsina. <span>È</span><span> ricca di spicole, specie sul capo dove termina con tre punte la centrale delle quali può essere usata come arma da offesa, o proteggerla in caso di attacco, quando si raggomitola su se stessa proteggendo volto, addome e gli arti morbidi e vulnerabili. La chimera tra il piccolo naso e il labbro superiore leporino, presenta una corta proboscide che serve a suggere nettare dalle piante nelle giornate in cui la pesca non dà buoni risultati, inoltre è dotata di un dente seghettato poco più lungo e simile a quello di un narvalo. Usate insieme queste propaggini le permettono di aprire le valve dei molluschi e di cibarsene. La mano sinistra è simile a quella di un neonato umano, la destra ha otto dita, le prime due, schioccate con veemenza, servono da deterrente contro predatori di piccole dimensioni giocando sul fattore sorpresa. Sottili sopracciglia arcuate sottolineano uno sguardo attento. Tutto sommato quel piccolo essere, pur non potendo incutere timore, genera il vigile rispetto degli altri esseri che incontra: si riconosce una forma di vita intelligente quando ci si trova al suo cospetto. Le operazioni di pesca procedono lentamente. In questa sorta di brodo primordiale lo scorrere del tempo non riveste più lo stesso significato che aveva nella civiltà precedente quando tutto aveva iniziato a corrompersi fino alla tragedia finale. Quello che conta è recuperare ciò che basta per sopravvivere. Finché ricerca il pasto la chimera emette dei suoni. Potremmo definirla melodia? Non proprio ma cadenzano il suo lento e, si potrebbe dire, teso procedere fatto di metodo ed esperienza. Esistessero altri esemplari della sua specie potrebbe fare scuola ma ogni creatura in questo mondo e in questo tempo è un esemplare unico e irripetibile e quando si riproduce, in modo asessuato, il prodotto è ancora una volta un esemplare unico che sembra non condividere mai né le proporzioni, né i tratti somatici, né le esperienze di chi lo ha generato. Apprende autonomamente quanto serve a compiere il proprio ciclo vitale senza storia né futuro</span></span></p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-16939376952344166402024-02-10T13:21:00.003+01:002024-02-10T13:21:14.732+01:00On the road again<p> </p><p><br /></p><p><br /></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSHO9ynuv-2WChWh0m6HHjny__sfHaHnSx3RE1n9JTSx5N8RSwGrsWtURZ-s-3k7XOqXga1oq-9VPaqGubV8jRtk8prEATqN_ZVzQGm1ggUhzVufF7tsuGhfKYG3l0IGtNlmssSDJkYGkeSwk-OSniXrVKAMHKHCYMoPX_1zYLJSDhcmPUvTNI42lzf0g/s831/IMG_20240210_120123_294.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="831" data-original-width="664" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSHO9ynuv-2WChWh0m6HHjny__sfHaHnSx3RE1n9JTSx5N8RSwGrsWtURZ-s-3k7XOqXga1oq-9VPaqGubV8jRtk8prEATqN_ZVzQGm1ggUhzVufF7tsuGhfKYG3l0IGtNlmssSDJkYGkeSwk-OSniXrVKAMHKHCYMoPX_1zYLJSDhcmPUvTNI42lzf0g/w320-h400/IMG_20240210_120123_294.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Annalisa Parisii </td></tr></tbody></table><br /><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p style="text-align: justify;">La domenica si era liquefatta nel lunedì. Mrs Reyes, insonne, in preda a una delle sue micidiali emicranie, si era alzata dal letto alla ricerca di qualcosa in grado di lenire quell'incessante martellare sopra la tempia. Ingoiò una compressa e rimase in piedi di fronte alla finestra aspettando che la compressa facesse effetto, grata che l'orologio della cucina segnasse ormai le sei, constatò quanto si fossero accorciate le giornate, i rari lampioni giù in stradanon riuscivano a mascherare la stellata di quel cielo terso autunnale. La parte bassa della città doveva invece essere avvolta nella nebbia, ogni tanto qualche nuvola si spingeva fino a lì in collina come un rutto di vapore presto dissolto. I piedi le si stavano gelando al contatto con le mattonelle della cucina. Scostò ancora un poco la tenda proprio nel momento in cui Mr Bailey, dell'interno quattro, stava attraversando la strada. Sul marciapiede di fronte si fermò un attimo, estrasse gli occhiali dalla tasca della giacca e li inforcò. Reggeva con la mano sinistra la solita piccola valigia, non lo aveva mai visto senza. Si domandò come potesse portare con sé tutto il necessario in un bagaglio così piccolo, l'uomo infatti occupava il suo appartamento solo nel weekend. Istintivamente Mrs Reyes si ritrasse, non le piaceva passare da impicciona nonostante questo continuò l'osservazione attraverso il pizzo delle tende, era quasi certa non l'avesse notata. Era un uomo alto e distinto, i capelli brizzolati, se avesse dovuto dargli un'età avrebbe detto che aveva da poco superato la sessantina seppur molto ben conservato, aveva infatti fisico asciutto e postura eretta. Le rare volte che si erano incrociati in ascensore aveva salutato con un cenno del capo e un sorriso che lei avrebbe definito timido. In realtà era strategicamente adottato dall'uomo: denotava buona educazione senza adire a ulteriore intimità. Uscendo dall'ascensore lasciava dietro di sé un vago sentore di dopobarba di marca e di camicie ben apprettate. Mr Bailey infilò la valigetta nel portabagagli della sua Crysler gialla e dopo aver acceso i fari, la donna notò il bagliore di una fiammella provenire dall'abitacolo; dopo essersi acceso la sigaretta mise in moto e partì. Lei restò lì con le congetture che era andata costruendosi nel tempo su quella presenza evanescente: doveva essere un commesso viaggiatore, tuttavia una volta aveva sentito Miss Standford dell'otto discutere proprio di questo con il panettiere all'angolo, più che una discussione si trattava di un monologo della vicina che sosteneva non potesse trattarsi di un commesso viaggiatore perché nessuna persona assennatal avrebbe lasciato il campionario in auto per tutto un weekend e dal suo comportamento Mr Bailey sicuramente questi ragionamenti li aveva fatti. Salvo che, pensò in quel momento Mrs Reyes, il campionario non stesse proprio lì in quella minuscola valigia (forse diamanti?) e il suo appartamento all'interno quattro non fosse la base d'appoggio del weekend per rifornirsi in casa madre e la sua vera vita fosse altrove. Iniziò allora a immaginare una Signora Bailey la pensò bruna, poi bionda, due figli o forse tre, concluse invece che non esisteva una Signora Bailey lì come altrove. Era sicuramente un tipo solitario quell'uomo silenzioso. E se fosse stato un killer? Un brivido le corse lungo la schiena, la sveglia del marito la riportò con i piedi ormai ghiacciati alla sua ordinaria vita. Andò in camera dei figli e li svegliò con un bacio, l'analgesico aveva fatto effetto, las settimana poteva cominciare, Mr Bailey e quello che di lui pensava tornò a chiudersi in un cassetto della sua fervida fantasia, fino al prossimo incontro. Qualche chilometro più a ovest l'uomo era giunto a destinazione, estrasse dalla tasca le chiavi di casa ed entrò. Fino al tardo pomeriggio poteva godere del silenzio, da quando Betsy la zia di sua moglie Allison era morta, sei mesi prima, portare a termine la stesura della sua nuova raccolta diracconti era diventato più semplice, la scadenza concordata con l'editore si avvicinava a grandi passi e lui non aveva nemmeno ultimato la fase di scrittura. Allison la sua seconda moglie, sposata in età matura dopo anni di vedovanza solitaria, aveva deciso che non avrebbe venduto ancora l'appartamento della zia in modo che lui potesse dedicarsi alla scrittura, i gemelli erano in quella fascia di età che richiedeva continue attenzioni e Jack Bailey era allo stallo da oltre un mese quando l'anziana donna era morta lasciando ad Allison, la sua unica nipote, in eredità l'appartamento in collina. Estrasse dalla valigetta, colmo di gratitudine per Allison, la sua macchina da scrivere portatile e iniziò a scrivere un nuovo racconto pigiando con foga sui tasti. Nel racconto una donna scarmigliata, dalla vita ordinaria e dalla fervida immaginazione spiava dalla finestra il vicino di casa che poi si sarebbe scoperto essere un serial killer e alla fine della storia avrebbe dovuto eliminarla dato che ormai sapeva troppo: un tocco di mistero non guasta per accendere l'attenzione del lettore. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-62304525687919502392024-01-20T20:29:00.000+01:002024-01-20T20:29:01.520+01:00Il volo dell'airone<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3ntfmcKNhIRlzAQxn48r6ChuLJfPSHcm1UQ1Oh7mwppUXzvAXan9jOrDfrZqv9_UwruL0vDDyxyx28yN7ApG9SJXm0tRS6P9XqXax6Qyh5NJEFgAHVMxvuEEm8H_j_Rk17_qEW7HUHEvPJOfjF0yeg30U8ZG8hOEAZexdNGTKvWswSEYbfZVtM9Z3P8g/s1080/Screenshot_20240120_200645.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1055" data-original-width="1080" height="391" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3ntfmcKNhIRlzAQxn48r6ChuLJfPSHcm1UQ1Oh7mwppUXzvAXan9jOrDfrZqv9_UwruL0vDDyxyx28yN7ApG9SJXm0tRS6P9XqXax6Qyh5NJEFgAHVMxvuEEm8H_j_Rk17_qEW7HUHEvPJOfjF0yeg30U8ZG8hOEAZexdNGTKvWswSEYbfZVtM9Z3P8g/w400-h391/Screenshot_20240120_200645.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Kalaillustration </td></tr></tbody></table><br /><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p>Fu quel di che verso sera</p><p>nella tarda primavera</p><p>sulla riva di uno stagno</p><p>mentre si faceva il bagno</p><p>si fermò ad ammirare</p><p>uno splendido esemplare</p><p>di airone cinerino</p><p>e non era che un bambino,</p><p>ma decise di imparare</p><p>il suo volo a imitare.</p><p>Prese piume, foglie e steli</p><p>e ci aggiunse pur dei veli</p><p>che rubò alla sua mamma</p><p>"Se lo scopre, scoppia un dramma"</p><p>proprio all'abito da sposa</p><p>"Non si fa sai questa cosa!"</p><p>Taglia e cuce tutto in fretta</p><p>e ci aggiunge una spilletta.</p><p>Poi si guarda nello specchio</p><p>Soddisfatto sai parecchio.</p><p>Corre allora a più non posso</p><p>quasi cade dentro al fosso.</p><p>Ecco agita le braccia,</p><p>e ricade giù di faccia.</p><p>Ci riprova un'altra volta</p><p>forse siamo a una svolta.</p><p>Proprio ora spicca il volo</p><p>ma ricade presto al suolo.</p><p>Per finire è su di un ramo</p><p>che si accascia in modo strano.</p><p>Piange un poco ammaccato</p><p>steso li come un bucato.</p><p>Non puoi fare l'uccellino</p><p>quando sei un ragazzino</p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-91505107677820701262024-01-17T21:02:00.004+01:002024-01-17T21:02:28.007+01:00Su @Penlane_libri <p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKeRvWIWcMqspR8F3Xp-sVfd5f1IWmHPhW4wYGEDdu_8XiqEmBCl8lQlBA8QQRdgkkwxnVrOrhxgCWh1qtWgQSh6WNvFnr6o1bnLSarUCf3G8raXjH2ECR6YZaRASA0gTPUcamjc2aHsnV6337ENtA9SSSt9A3qAvzgOEw22WcKbbPdck4_B0BOo7PC_A/s1252/Screenshot_20240117_205545.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1252" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKeRvWIWcMqspR8F3Xp-sVfd5f1IWmHPhW4wYGEDdu_8XiqEmBCl8lQlBA8QQRdgkkwxnVrOrhxgCWh1qtWgQSh6WNvFnr6o1bnLSarUCf3G8raXjH2ECR6YZaRASA0gTPUcamjc2aHsnV6337ENtA9SSSt9A3qAvzgOEw22WcKbbPdck4_B0BOo7PC_A/s320/Screenshot_20240117_205545.jpg" width="276" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjScRoThdkkvoV2BZaM3xWLfOXbBtXPh_ftft7EIrJFOaYcovlJYJvw5fpFWn7dczkv7S89rQTw31_UZaAP61Ta9ceKOLankltygMUjmLjTMFoFbV938JQOgR_9OQ6Slf_tOVaBZahQNQWTZh8nsm9lEL1kyXnMIdiHGR2ktwFC0owkJffL-US2eSUj3Hc/s1237/Screenshot_20240117_205605.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1237" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjScRoThdkkvoV2BZaM3xWLfOXbBtXPh_ftft7EIrJFOaYcovlJYJvw5fpFWn7dczkv7S89rQTw31_UZaAP61Ta9ceKOLankltygMUjmLjTMFoFbV938JQOgR_9OQ6Slf_tOVaBZahQNQWTZh8nsm9lEL1kyXnMIdiHGR2ktwFC0owkJffL-US2eSUj3Hc/s320/Screenshot_20240117_205605.jpg" width="279" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEpTu5ijXRyDvX1x4AbizYHAI-8eggqqM3rwAKIHMbgXzprkzDr54BL0fQd42mY218cs5lI71eae1QsNgE_0eyMMNVnFmgpgrnM-UWjOwLdT_4kZ2pSuklqiNPEi0uIHJUBYffzjE9QykuCXy0T1LTn4sF13b_GMXiWIVhalvXA-vi5T12Bedhu-bVmbU/s1235/Screenshot_20240117_205624.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1235" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEpTu5ijXRyDvX1x4AbizYHAI-8eggqqM3rwAKIHMbgXzprkzDr54BL0fQd42mY218cs5lI71eae1QsNgE_0eyMMNVnFmgpgrnM-UWjOwLdT_4kZ2pSuklqiNPEi0uIHJUBYffzjE9QykuCXy0T1LTn4sF13b_GMXiWIVhalvXA-vi5T12Bedhu-bVmbU/s320/Screenshot_20240117_205624.jpg" width="280" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrBWEuwTnq05ysGUH6YHmI89A8tPeN8ss_gTHxuQoqzUGXzTltZz3byUiyOVAHXcfHTU9HVCgJsQOscT8oo17fxpAjpRNzCofaj1JR3n4hZdGZiKCV_nj7XKPscSD41k9ycMAtn_O1meoIWYYjkjpy_NbF7O3oMhln1gy1VOszdDWM5CFeAT7_cjMe4QQ/s1245/Screenshot_20240117_205647.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1245" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrBWEuwTnq05ysGUH6YHmI89A8tPeN8ss_gTHxuQoqzUGXzTltZz3byUiyOVAHXcfHTU9HVCgJsQOscT8oo17fxpAjpRNzCofaj1JR3n4hZdGZiKCV_nj7XKPscSD41k9ycMAtn_O1meoIWYYjkjpy_NbF7O3oMhln1gy1VOszdDWM5CFeAT7_cjMe4QQ/s320/Screenshot_20240117_205647.jpg" width="278" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEja1iEODu3rJ18D0KIrN-bZbTy1_9MXL-huC3km4jVULgEprF4EorjguvH99wO2225GYQZHSaSg4KZS1xWbtPNTtLE5PNxQuicRKI7VEqkreLXOrlZeRFsDcMa2y4O9EeaUQaNIY5_8Lh2lHVNsYpCuLhe9NFr9KYud-EA9IpS49Ay1qc_anB3pvu6bgxI/s1622/Screenshot_20240117_205729.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1622" data-original-width="1080" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEja1iEODu3rJ18D0KIrN-bZbTy1_9MXL-huC3km4jVULgEprF4EorjguvH99wO2225GYQZHSaSg4KZS1xWbtPNTtLE5PNxQuicRKI7VEqkreLXOrlZeRFsDcMa2y4O9EeaUQaNIY5_8Lh2lHVNsYpCuLhe9NFr9KYud-EA9IpS49Ay1qc_anB3pvu6bgxI/w266-h400/Screenshot_20240117_205729.jpg" width="266" /></a></div><br /> <p></p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-76868116466251580122024-01-15T20:04:00.002+01:002024-01-15T20:04:19.921+01:00Corallo e perle di fiume<p> </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZoj1xXhOKQrC5Z81RS0EUkcVtC0DX_cWDog5yHNW1Rq723apsV_CfzclVPVwwZW4-Jr9J0_Cv9jCaXlW3TTNOdn74Pw7yVPE7U5MwsRcvmtqLBzD3X9Hagbeycn2EgJqT-QQhAQTtZZscJ1gRo6uKFy6BhdWzGM8PCpZp7cj-plqXFg83eAG2-hNYIDU/s1082/Screenshot_20240115_200235.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1082" data-original-width="1080" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZoj1xXhOKQrC5Z81RS0EUkcVtC0DX_cWDog5yHNW1Rq723apsV_CfzclVPVwwZW4-Jr9J0_Cv9jCaXlW3TTNOdn74Pw7yVPE7U5MwsRcvmtqLBzD3X9Hagbeycn2EgJqT-QQhAQTtZZscJ1gRo6uKFy6BhdWzGM8PCpZp7cj-plqXFg83eAG2-hNYIDU/w399-h400/Screenshot_20240115_200235.jpg" width="399" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Annalisa Parisii </td></tr></tbody></table><br /><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p style="text-align: justify;">Dicono che la pietra fondante l'intera esistenza di Kvĕtoslava Notovna fu l'adorazione che il suo sguardo opaco di neonata percepì nei volti di coloro che si sporgevano ammirati sulla culla in cui lei giaceva in fasce. Ora vi domanderete non solo cosa potessero mai avvertire gli occhi di una vita che datava poche ore, ma come questo potesse persino costituire il nocciolo di una memoria capace di forgiare un carattere e l'attitudine alla vita. Il fatto è che quella neonata pareva, non solo non aver sofferto nel venire al mondo, ma possedeva già un incarnato di porcellana che preservò per tutta la vita. La bocca era, già allora, di corallo con labbra morbide e gli occhi avrebbero conservato, anche dopo la fine dell'allattamento, la trasparenza dell'acquamarina cangiando tra il ceruleo e il verde a seconda dell'inclinazione della luce e dell'umore che l'accompagnava durante il giorno. La levatrice disse che, in tutta la sua lunga carriera, non aveva mai visto una creatura così bella e lo disse con una convinzione tale nella voce che non lasciò alcun dubbio, non solo ai genitori che, come tali ovviamente, non potevano che lodare il frutto del loro seme, ma nell'intera città di Česke Budĕjovice, così, per tutti i tre mesi successivi si svolse un vero pellegrinaggio alla culla che finì per rafforzare la leggenda di quella rara bellezza in fasce e l'autostima della futura bambina. Crescendo furono perfino preparati per lei degli unguenti atti a mantenere inalterata quella pelle diafana che non era macchiata da nei o da imperfezione alcuna. I denti, quando spuntarono erano perle di fiume, le caviglie sottili chiudevano con grazia due leve perfette non appena iniziò a perdere le rotondità della prima infanzia. I più importanti sarti della città si offrivano di tagliare e cucire i suoi abiti fin da bambina perché indossati da lei rappresentavano una pubblicità certa alle loro botteghe, le ricamatrici impreziosivano i suoi vestiti dall'adolescenza in poi senza che i genitori avessero mai dovuto acquistarle nulla. I gioiellieri si vantavano di farle indossare bracciali di perle di fiume splendenti come i sorrisi di cui era parca, o collane di coralli che si intonassero alle sue, perfettamente disegnate, turgide labbra; e ancora collane valorizzate da fermagli di diamanti purissimi, o zaffiri che esaltassero il colore cristallino dei suoi occhi. Crescendo Kvĕtoslava non fu più felice di quella sua dote che le era capitata in dono e per la quale non aveva combattuto nessuna battaglia e iniziò a tiranneggiare le schiere di adulatori con richieste sempre più improbabili. Ricevette così in dono da un mercante, ricco e molto più anziano di lei, di ritorno da un viaggio nelle Americhe, un piccolo alligatore, a cui fu in grado di insegnare la buona educazione e che si comportava con lei esattamente come avrebbe fatto il più docile dei cuccioli di cane, tra lo spavento e il disappunto dei suoi famigliari. Insistette poi per avere un airone rosa che puntualmente le fu recapitato e che lei seppe rendere familiare al coccodrillo al punto che i due divennero inseparabili. Da ultimo le fu fatto dono di un cardellino, la sua gioia fu immensa e lo volle sempre con sé, al punto da farsi modellare dalle tante modiste che le donavano copricapi di tutti i colori e le forme, dei turbanti arricchiti di rami e fiori su cui l'uccellino si posava intonando melodie. Veniva portata a tutti i balli come si porterebbe in processione l'effige di una santa alla festa patronale. Ma nessun uomo la guardò mai per ciò che veramente era, con gli occhi cioè dell'amore. Dopo l'invito a un ballo o a una festa si comportavano con lei come coloro che vanno a caccia per esibire un trofeo e Kvĕtoslava decise che sarebbe restata da sola piuttosto che unirsi a qualcuno che avrebbe fatto di lei solo il simbolo del proprio successo. Quello che più la intristiva e annoiava, seppure di ciò non fosse consapevole, era l'impossibilità di avere desideri da esprimere: qualsiasi cosa le veniva offerta ancora prima che la sua mente potesse plasmare un sogno. Persino i suoi desideri più assurdi erano più frutto di una sfida che un bisogno o una fantasia. Passarono gli anni la sua noia per la vita e le persone cresceva. Un giorno realizzò che forse allontanandosi dalla sua città avrebbe potuto essere altro che la sua sola bellezza. Si tagliò i capelli corti, si scurì la pelle con dell'olio di noci e indossò gli abiti del fratello e partì per il mondo con chi le si era offerto senza condizioni. I primi tempi mantenne sé e i suoi animali vendendo gioielli e vestiti. È noto che a un certo punto si unì a un circo, di passaggio nella città in cui si era trasferita, il cui direttore rimase impressionato dalla sua capacità di interagire con gli animali. Dopo alcuni anni a Česke Budĕjovice giunse la notizia della sua morte: era rimasta schiacciata da un elefante la cui unica colpa era stata quella di volerle sempre dormire accanto; nel sonno profondo le aveva sfondato il petto con una zampa. Dicono che in quel momento anche lei stesse dormendo profondamente e che sul suo volto intatto un rivolo di sangue fosse sceso dalle labbra di corallo dopo aver appena macchiato la chiostra di perle di fiume dischiusa in un sorriso.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-67107644195191083432024-01-07T21:22:00.006+01:002024-01-07T22:05:27.257+01:00Sbozzare <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUKlouzdIDpAq8TQNApC-A67iVg_l5KCbC7XGECajFm6RRSDG3NCocnSVQeM25Go7Z5mvb2_v1dPPHZgng7gf5X6Mw3LvXPVpWggwoSvvlRsXCdEVc8jiyDqb4wB0JT7jECheRpH9EzgP5TEodDV2bX9mNMHOc1iRFpAh6IR02KoX450dczRdXFfnOf7k/s1092/Screenshot_20240107_190045.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1092" data-original-width="1080" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUKlouzdIDpAq8TQNApC-A67iVg_l5KCbC7XGECajFm6RRSDG3NCocnSVQeM25Go7Z5mvb2_v1dPPHZgng7gf5X6Mw3LvXPVpWggwoSvvlRsXCdEVc8jiyDqb4wB0JT7jECheRpH9EzgP5TEodDV2bX9mNMHOc1iRFpAh6IR02KoX450dczRdXFfnOf7k/w395-h400/Screenshot_20240107_190045.jpg" width="395" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Annalisa Parisii </td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Andava cercandosi con occhi da presbite che indossano occhiali da miope, come spesso accade a quel punto della propria esistenza in cui si iniziano a fare conti da ragioniere ubriaco. Nulla è come lo si era sognato. Mete non pervenute, direzioni perse come se si fosse stati guidati da un navigatore che da anni non viene aggiornato, intenti a girare attorno alla stessa nuova rotatoria sperando di imboccare la via attraverso la quale
l'infame strumento non cominci con voce antipatica ed evidentemente scocciata a dire "Ricalcola". Il tempo per nuovi progetti sempre in procinto di scadere e l'arbitro avaro nel concedere recuperi. L'altrove, in questi frangenti, appare una meta agognata. Un Eldorado dove si sono andati a nascondere: successo, realizzazione personale, aspettative. Raggiungerlo significherebbe fermare il tempo e poter ripartire. C'è un certo livore
malcelato quando si giunge a quella fase: famiglia, lavoro, studi tutto si è frapposto tra noi e la scelta che avrebbe sicuramente aperto le porte della felicità. Alessia aveva lasciato andare nel tempo alcune zavorre: un matrimonio che si trascinava zoppo dopo la scoperta di reciproci tradimenti che non avevano fatto che decretare l'asfissia di un rapporto che da tempo ormai galleggiava e dove entrambi sembravano nuotare in direzione contraria
senza tuttavia imprimere vigore alle bracciate; il rapporto con una sorella, inesistente fin dalla più tenera età, che si era spento con la morte dei genitori e la vendita della casa dove avevano trascorso la loro infanzia fino a quando il padre non era stato trasferito all'estero dalla ditta dove aveva lavorato tutta la vita, ascendendone tutti gli scalini fino alla direzione. L'avevano sempre conservata quella casa come a lasciare una porta
aperta al rientro, ma non ci erano mai tornati a vivere nemmeno da anziani, sentendosi di fatto ormai estranei all'Italia ma mai completamente francesi. Alessia era rientrata invece, volendo intraprendere gli studi per diventare restauratrice ma si era stabilita a Firenze sede dell'Opificio delle Pietre Dure dove studiava. La sorella che, a detta di Alessia, era quella che sapeva vivere, aveva sempre viaggiato cambiando lavoro con la facilità con cui
chiunque altro cambiava l'abito quando la scelta fatta non la soddisfaceva più e ovunque fosse approdata apparentemente sembrava a suo agio e felice della scelta. Qualche volta aveva presentato in famiglia un nuovo compagno ma a nulla e a nessuno si era mai legata si trattasse di case, lavori, amici o amori. Alessia invece aveva sentito la necessità di ancorarsi a un luogo tramite un uomo, quel marito con cui aveva condiviso una vita tiepida fino a
tre anni prima. Lui era stato un padre molto giovane, aveva avuto un figlio con una compagna di liceo che lui definiva "la pia donna". Al primo rapporto di entrambi, diciassettenni, era rimasta incinta, e aveva deciso, essendo cattolica e devotamente praticante, di tenere il figlio. Quel bambino era cresciuto praticamente insieme a loro e quando la storia tra Alessia e Giorgio era iniziata Marco aveva di fatto rappresentato una scusa per entrambi per
non desiderare altri figli. Non era stato difficile relazionarsi con lui, nonostante "la pia donna", che aveva sofferto per anni di gelosie immotivate (perché nemmeno per un istante Alessia aveva pensato di sostenere con il bambino il ruolo di vice madre) di fatto Alessia, aveva instaurato con Marco un rapporto affettivo più duraturo del matrimonio ormai concluso. Nonostante le aspettative Alessia per tutta la vita si era occupata di restauro
solo a livello artigianale, soprattutto ceramiche e piccole sculture e questo era uno di quei dispiaceri che stavano alla base della sua completa insoddisfazione di quel periodo. Dunque la sera a cena a casa di amici in cui sentì nominare per la prima volta il lago Rosa si trovava appunto in quella fase da contabile della sua esistenza. Sentì descrivere in maniera entusiasta il luogo da amici che vi erano stati in vacanza qualche anno prima. Mentre si rigirava nel letto dopo uno dei suoi risvegli nel cuore della notte che le guastavano, spesso irrimediabilmente il sonno, pensò che ci sarebbe voluta andare, per meglio dire sentì che doveva raggiungere quel luogo quanto prima. Viaggiò tutta la notte e giunse sulle rive del lago proprio nell'ora che gli conferiva il nome. Ai margine dello specchio d'acqua che si allungava verso est tra due boscose pareti montane stava un grosso masso. La luce dell'alba riflessa sull'acqua immobile conferiva al grande masso di pietra chiara le stesse sfumature rosate. Di colpo si sentì pacificata con se stessa, l'aria era fresca. Alessia raggiunse il bagagliaio dell'auto nel vicino posteggio ed estrasse la borsa da lavoro che portava sempre con sé. La portò in riva al lago. Gli uccelli salutavano il nuovo giorno quasi con foga, Verso sera i pochi turisti presenti in zona in quella ancora bassa stagione rientrarono negli alberghi di ritorno dalle passeggiate nel bosco. In riva al lago sulla cima del masso era stata scolpita la testa di un uccello. Un piccolo trampoliere scuro si godeva la luce nuovamente rosata al tramonto. Di Alessia non si ebbero più notizie.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvYORn9cuSF_C41WeKozhF6X80vbFTMWwQ2HBJQ70TJ0PyGEX-08KHlFX-qpYA7o93fhAdcniyO9d5rpIYhyphenhyphenqGi1rVF005o5ha-bb3m30m-6f_1RlNciYYStq4Lc7HEc7NTpRjgR8jsla8KWVmCQVFnbC8KORSRG8oh-NqyzKeR23pyE_XbQ8q6AiwAR4/s1080/Screenshot_20240107_190129.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1071" data-original-width="1080" height="396" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvYORn9cuSF_C41WeKozhF6X80vbFTMWwQ2HBJQ70TJ0PyGEX-08KHlFX-qpYA7o93fhAdcniyO9d5rpIYhyphenhyphenqGi1rVF005o5ha-bb3m30m-6f_1RlNciYYStq4Lc7HEc7NTpRjgR8jsla8KWVmCQVFnbC8KORSRG8oh-NqyzKeR23pyE_XbQ8q6AiwAR4/w400-h396/Screenshot_20240107_190129.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Annalisa Parisii </td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-44587799240780240422023-12-30T08:55:00.002+01:002023-12-30T08:55:55.852+01:00Inverno, notte<p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQ_Z5XqZCtUJ92FQZeCNqJiVxxU94mpWf1QmPXaJaWfnFhR7WTR0l2x6GWH2Ljx2uTNbVHujvCDpPQC0kbSfVwVn_kvtKohuc7ORWzMoH-Ij8N-QyzYZlv-4helKHY-5Vpq830ka3AYyoysFO2YmyF5-T8T8k2LhWUeZN8dljvttpVz1vrj-j2ThOwsNU/s1014/IMG_20231229_213753_869.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1014" data-original-width="1014" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQ_Z5XqZCtUJ92FQZeCNqJiVxxU94mpWf1QmPXaJaWfnFhR7WTR0l2x6GWH2Ljx2uTNbVHujvCDpPQC0kbSfVwVn_kvtKohuc7ORWzMoH-Ij8N-QyzYZlv-4helKHY-5Vpq830ka3AYyoysFO2YmyF5-T8T8k2LhWUeZN8dljvttpVz1vrj-j2ThOwsNU/w400-h400/IMG_20231229_213753_869.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Annalisa Parisii</td></tr></tbody></table><br /><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="background-color: white; color: #222222; font-size: small;"><br /></span></p><p><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="background-color: white; color: #222222; font-size: small;"><br /></span></p><p><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="background-color: white; color: #222222; font-size: small;"><br /></span></p><p><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="background-color: white; color: #222222; font-size: small;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><span style="font-family: inherit;">Lorelei Jackson malediceva di essersi attardata a parlare con la madre di Steve, in verità sperava che le quattro chiacchiere spingessero la donna a saldare le ultime due lezioni. I genitori di Steve erano stati sempre puntuali nel pagamento e questo era uno dei motivi per cui Lorelei, una volta chiusa la scuola di musica, dove aveva insegnato pianoforte e solfeggio fino all'anno precedente, aveva assecondato la loro richiesta di continuare a dare al ragazzo lezioni private nonostante avesse trovato un posto per sedici ore settimanali nella scuola di un altro quartiere. Ora però erano due settimane che non pagavano quanto pattuito. Farne parola le creava imbarazzo. La prima volta aveva pensato a una dimenticanza, ma ora la storia si era ripetuta e farsi aggiornare sulle condizioni meteo di tutti gli Stati dell'unione, le era servito solo a voltare l'angolo appena in tempo per vedere i fanalini di coda del tram inghiottiti dal buio. La notte calava così repentina in quella parte dell'anno che uno il crepuscolo poteva pensare di averlo solo immaginato. In compenso la luna piena superava in nitore tutte le luci che andavano via via accendendosi nelle case lì intorno, si intuiva anche il bagliore di qualche caminetto. Nei due giorni precedenti la neve si era alternata ad un vento gelido da nord, i pesanti stivali che previdentemente aveva indossato producevano tonfi crepitanti che smorzavano l'ovattato silenzio tipico del paesaggio innevato. L'aria si andava ora facendo più umida e gli alberi si rivestivano di trine. Lorelei sollevò il cappuccio del cappotto rosso e si diresse verso il bar di Tom. Tom per quasi venti anni aveva fatto il tranviere ma la sua passione era sempre stata quella di mettere su uno di quei locali dove i clienti potessero sentirsi in una specie di succursale di casa. Così quando aveva saputo che dismettevano alcune vecchie carrozze della linea 43, che doveva essere ammodernata, aveva chiesto di poterne comprare una dopo aver ottenuto il permesso di posteggiarla in una piccola area che aveva acquisito dopo la demolizione di una rimessa. Una foschia incominciava lentamente a calare pur senza impedire di godersi il cielo stellato. I vetri appannati sul lato dove Tom aveva posizionato il bancone sembrarono a Lorelei un miraggio, lasciando intuire il calore che regnava all'interno del locale. Sul retro della carrozza erano stati posizionati alcuni piccoli tavolini e Lorelei distinse chiaramente le sagome dei tre avventori che avevano preso posto sulla panca di coda. Il locale riusciva a ospitare anche un pianoforte verticale su uno dei lati lunghi. Lorelei spesso vi aveva suonato quando Tom aveva appena aperto il locale e la scuola, chiudendo senza troppo preavviso, l'aveva lasciata senza stipendio e con un affitto da pagare. Talvolta Lorelei vi suonava ancora su richiesta di Tom in occasione di qualche festicciola organizzata nel locale, non fosse altro per gratitudine nei suoi confronti e poi quelle feste le consentivano di esaudire qualche desiderio oltre le normali necessità. Salì i due scalini ed entrò, le guance le avvamparono, per un attimo le sembrò che il calore fosse perfino eccessivo rispetto al rigore dell'esterno. Tom la accolse con un sorriso e si affrettò a prepararle un punch.</span></span></p><p style="background-color: white; color: #222222; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;">«Confessa che ti mancavo»</span></p><p style="background-color: white; color: #222222; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;">«Tu no, ma per uno dei tuoi punch farei carte false, lo sai» lo schernì Lorelei.</span></p><p style="background-color: white; color: #222222; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;">Per togliere entrambi dall'imbarazzo di tutte le cose mai dette che aleggiavano tra loro, Lorelei si aprì il cappotto, sfilò i guanti e sollevò il coperchio del piano buttò giù il punch caldo in due sorsi, l'alcool dolciastro si diffuse nel corpo fino alle lunghe dita intorpidite dal freddo e lei iniziò a suonare</span></p><p style="background-color: white; color: #222222; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;">«Vi regalo musica per i venti minuti che mancano al prossimo tram» annunciò con un tono di voce forse più forte e stridulo del necessario. Tom che avrebbe voluto tenerla lì almeno tutta la sera, la avvisò comunque poco prima dell'orario della corsa. Lorelei chiuse la tastiera come se si fosse svegliata dopo uno di quei sonni appiccicosi che precedono la sveglia dopo una notte insonne. Chiuse in cappotto, uscì di corsa dopo un breve applauso dei tre avventori. Il barista disappannò il vetro e seguì la sua sagoma rossa lungo il binario ancora deserto del tram. Una donna con una mantella scura la precedeva lungo i binari, un uomo sopraggiunto dietro di lei gridò</span></p><p style="background-color: white; color: #222222; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"> «Susan, non puoi andartene così». </span></p><p style="background-color: white; color: #222222; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;">Lorelei ricordò che quello era il nome della madre di Steve, la donna non aveva con sé nessun bagaglio. Lorelei si voltò solo un attimo in tempo per vedere che effettivamente si trattava del padre del suo alunno. Una lacrima gli si stava gelando tra le ciglia. Imbarazzata si voltò verso il finestrino disappannato da Tom che ancora la seguiva con lo sguardo, lo salutò forse con troppa energia. La donna davanti a lei, che solo mezz'ora prima sembrava non avere altro pensiero che le temperature minime previste per il giorno dopo, non si scompose e procedette verso la fermata del tram il cui sferragliare ne preannunciava l'imminente arrivo</span></p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-80594286657770701302023-12-27T10:54:00.000+01:002023-12-27T10:54:49.078+01:00La crociera <p> </p><p><br /></p><p><br /></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggt90MnEDgkwfJYRr079HAhFRWYhGCQjHBnMpV2Gpu5YZ76lrmTRoKFn-0P0LMpOYhvm02PETo0KVWAIuHZLrPE3D3m_obvYZDFLvvWKG9OL0Uwl72956c6V_geNcgEL_5W9nVSgy9RvrJrYMhebeBVDBxbrZjPIfL2Saj8O2MNaNQv4E7DvWm3VJc484/s1080/Screenshot_20231227_104706.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="776" data-original-width="1080" height="288" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggt90MnEDgkwfJYRr079HAhFRWYhGCQjHBnMpV2Gpu5YZ76lrmTRoKFn-0P0LMpOYhvm02PETo0KVWAIuHZLrPE3D3m_obvYZDFLvvWKG9OL0Uwl72956c6V_geNcgEL_5W9nVSgy9RvrJrYMhebeBVDBxbrZjPIfL2Saj8O2MNaNQv4E7DvWm3VJc484/w400-h288/Screenshot_20231227_104706.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Nika Novich</td></tr></tbody></table><br /><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p style="text-align: justify;">La ragazza vestiva la divisa imposta in quel periodo dell'anno dalla Holidays Travel, la compagnia di viaggi presso la quale da un paio di anni era impiegata come guida: un abito di velluto rosso con la corta gonna a palloncino che, sulle sue gambe chilometriche, fasciate da pesanti candide calze a maglia, pareva ancora più corta. Sulla testa indossava un copricapo che stava a metà tra hijab e un passamontagna poiché era pesante percdifendere le guide dalle ampie escursioni termiche notturne. Il suo orario di lavoro, quella sera prevedeva una singola lunga uscita. Era una sera di fine d'anno e quindi al costo del tour notturno, già molto elevato di per sé, si sommava il sovrapprezzo dovuto alla presenza della guida e al periodo festivo. Si trattava quindi di una crociera di lusso e la ragazza era sempre curiosa di osservare coloro che potevano permetterselo. Si domandava come avessero potuto accumulare tali ricchezze, quasi sempre rimaneva sorpresa dalle loro sembianze, e sempre la sua curiosità non trovava risposta. Uscendo dalla sede della ditta portò con sé tre cordoni dorati, si diresse quindi al grande garage e scelse i tre più grandi armadilli giganti le cui corazze erano state tirate a lucido per l'occasione, fissò loro i finimenti e intrecciò i tre cordoni che tratteneva saldi nella sua mano guantata di bianco e si recò al terminal dove accolse i tre facoltosi viaggiatori. Nel ventre del primo animale cingolato prese posto una badessa che viaggiava con un grosso guscio d'uovo che aveva ospitato, prima della schiusa, un'oca. Alla giovane guida bastarono pochi minuti per avvedersi che il pennuto aveva lo stesso carattere impossibile della sua padrona e che probabilmente le era stato donato per farle da guardia del corpo ma, per affinità elettiva, ne era diventato animale da compagnia. Alla ragazza invece non fu chiaro perché non si fossero sbarazzate del guscio che al contrario trattavano con lo stesso riguardo con cui in un passato remotissimo certi nobili si sarebbero gingillati con un prezioso uovo Fabergè. Nel ventre del secondo armadillo fu accomodato da due facchini un'asceta, tale era il suo livello di elevazione dalle cose del mondo che si era privato di tutto, dei capelli, delle sopracciglia e perfino del sesso, indossava solo una lunga, pesante collana fatta con semi di piante antiche ormai estinte. Anche in questo caso la ragazza si domandò perché mai un essere così avulso dalle cose del mondo partecipasse a quel tipo di viaggio e in generale che senso avesse per quella creatura viaggiare ma anche questa volta ritenne che la sua domanda non avrebbe avuto risposta. Finì quindi di allestire la terza carrozza: nel ventre del terzo animale prese posto una vedova, la riconobbe come tale perché indossava nere gramaglie e lei dalle antiche scritture aveva appreso che quello erano il colore e la forma del lutto presso le popolazioni che in passato abitavano le terre ad occidente. Ancora una volta le sarebbe piaciuto chiedere all'ultima ospite a quando risalisse il suo lutto e se il dolore fosse ancora vivo, ma queste erano domande che non si ponevano mai in assenza di intimità e a volte anche in presenza di quella, era chiaro anche a lei in quel tempo e in quel posto, tanto più che alle guide per contratto era vietato rivolgere la parola ai turisti tranne che per descrivere loro ciò che vedevano. La crociera ebbe inizio, lei prese a camminare lungo le lingue di terra ancora emerse, procedeva lenta trainando tramite i cordoni dorati gli armadilli in modo che i viaggiatori non subissero scossoni. La notte era stellata, la luna piena si rifletteva sulle acque rendendole agevole procedere, le condizioni ideali per il tour. Raccontò con dovizia di particolari alla vedova, alla badessa e perfino all'oca, ma sicuramente non all'asceta la storia degli antichi palazzi che ancora si ergevano dallo specchio immoto dell'acqua, secoli di splendori passati prima che il pianeta subisse la trasformazione. La voce si diffondeva in quel silenzio assoluto come una nenia, quasi una litania che quietò un poco la rissosa oca e la sua gemella umana, forse stemperò il dolore della vedova, di sicuro non condizionò negativamente la capacità di meditazione dell'asceta. Gli armadilli procedevano, la corazza semiaperta concedeva ai viaggiatori la comodità panoramica di un terrazzo con vista, semovente. La luna bassa sull'orizzonte consentì alla ragazza di notare che sull'altra sponda, nell'unico palazzo che ancora giaceva sulla terra ferma, qualcuno osservava la lenta processione del suo tiro di armadilli e si godeva la sua narrazione. Era troppo distante per sapere di chi si trattasse, al piano terreno dell'antico edificio splendevano due lumi, anche tra le acque, ai piani superiori dei palazzi semi sommersi, qualcuno, contro ogni divieto, era tornato a vivere. Il tabù era infranto. Gli umani si stavano riappropriando di ciò che loro stessi avevano costruito in tempi remotissimi prima della grande trasformazione, della carestie e delle guerre che ne erano derivate. Di questo la guida non fece parola con i crocieristi. Continuò la litania cullando questa loro ignoranza. Pensò che sarebbe stato bello abitare quei luoghi di cui aveva studiato per anni la storia. Conservò le sue domande per la fine del turno, aveva la sensazione che lì, nelle case nuovamente abitate, qualcuno avrebbe gradito la sua curiosità. Tutto poteva ancora una volta mutare.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-86022809484794900402023-12-16T15:47:00.003+01:002023-12-16T15:47:57.232+01:00Mind the gap<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3nnQMoSyJYLxUKYJIC_dwcATD_SxNeJ7LANdIEXq6e57KGIl1MuU-2j-Z3Ohga0htRQ1OllqlPa3o4006WaOwMsHYyAtgP6N1qgdir7yYL4miZVUoVdGEv2ndxmwQ2Sp2M15VbriM1pRtaZPPEc0DDDGixzptQMpJE40IOlE8uTSpJt2xeRvUe2M0dpQ/s1080/Screenshot_20231216_150651.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1075" data-original-width="1080" height="399" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3nnQMoSyJYLxUKYJIC_dwcATD_SxNeJ7LANdIEXq6e57KGIl1MuU-2j-Z3Ohga0htRQ1OllqlPa3o4006WaOwMsHYyAtgP6N1qgdir7yYL4miZVUoVdGEv2ndxmwQ2Sp2M15VbriM1pRtaZPPEc0DDDGixzptQMpJE40IOlE8uTSpJt2xeRvUe2M0dpQ/w400-h399/Screenshot_20231216_150651.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fuoco Fatuo </td></tr></tbody></table><br /><p><br /></p><div class="adn ads" data-legacy-message-id="18c72fbdb9e63126" data-message-id="#msg-a:r7195783208333950443" style="background-color: white; border-left: none; color: #222222; display: flex; font-family: "Google Sans", Roboto, RobotoDraft, Helvetica, Arial, sans-serif; padding: 0px;"><div class="gs" style="margin: 0px; min-width: 0px; padding: 0px 0px 20px; width: initial;"><div><div class="ii gt" id=":o7" jslog="20277; u014N:xr6bB; 1:WyIjdGhyZWFkLWE6cjcxOTQxMzA3Mjk0MTIyMzM2MTEiXQ..; 4:WyIjbXNnLWE6cjcxOTU3ODMyMDgzMzM5NTA0NDMiXQ.." style="direction: ltr; font-size: 0.875rem; margin: 8px 0px 0px; overflow-x: hidden; padding: 0px; position: relative;"><div class="a3s aiL" id=":o8" style="direction: initial; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size: small; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: 1.5; overflow: auto hidden; position: relative;"><div dir="ltr"><p style="margin-bottom: 0cm;"><br /></p><p style="margin-bottom: 0cm;"><br /></p><p style="margin-bottom: 0cm;"><br /></p><p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Moreno rincasò che il sole era già tramontato da un pezzo e consegnò anche quella giornata al passato: un groviglio di ore caotiche di lavoro si srotolavano dietro di lui. Non che non amasse il suo mestiere ma gli sembrava che il tempo gli scivolasse tra le mani senza lasciargli il sentore di un desiderio, la velleità di un progetto. A volte aveva la stessa sensazione che si ha in un grande aeroporto quando si sale su un nastro trasportatore: una vita immobile mentre tutto il resto scorre senza neppure la voce che ammonisce "mind the gap". Si tolse le scarpe, si mise in tuta e pensò che non aveva neppure voglia di prepararsi la cena. Allora optò per farsi portare a casa una pizza ma quando entrò in cucina vide che nel cestino della frutta c'erano due mele rosse che non avrebbero avuto ancora vita lunga, non tollerando gli sprechi decise che avrebbe cenato con quelle. Scostò le tende e aprì la finestra della cucina. Tagliò uno spicchio di mela e lo assaporò lentamente e più la polpa acidula gli rigirava in bocca, più gli sembrava che i sensi si acuissero. La mela sprigionava profumi e sapori a cascata: si fece ripieno dello strudel che gli preparava sua nonna nelle sere d'inverno, profumato di burro, buccia di limone, uvetta e pinoli. Mutò quindi nel profumo di un vin brulè sorbito dalla tazza che scalda le mani irruvidite dal freddo, il vapore caldo che appanna gli occhiali. Per trasformarsi poi nel profumo dei capelli di sua madre quando lui era bambino e lei li lasciava asciugare al sole e lui li annusava, li tirava, infilava le piccole dita nei ricci facendone anelli poi reclinava la testa sulla sua spalla e lei cantava per lui improvvisando danze. Poteva una mela scatenare trip lisergici? Provava a ricordare dove le avesse comprate, come fossero arrivate a casa. Proprio lui che per paura di assuefarsi non aveva mai fumato neanche semplice tabacco, lui che aveva provato la fame chimica solo respirando nuvole di fumo consumato dai compagni del liceo nelle serate con le orecchie doloranti di musica e la risata facile. Si affacciò alla finestra e gli sembrò di immergere la faccia nella notte: un brodo denso con le stelle a fare da tempestina ma intensamente luminescenti. Decisamente era un viaggio direzione infanzia, si voltò a osservare i tre quarti di mela rimasti sul tavolo, gli sembrarono enormi, se avesse fatto più attenzione avrebbe sentito una voce urlare nella sua direzione "Presto che è tardi" anche se le mele avvelenate facevano più Biancaneve ma in assenza dei sette nani nonostante tutto apparisse deforme, stupefacente e incredibilmente reale. Era questa tangibilità dell'effimero a spaventarlo e a incantarlo contemporaneamente. Gli parve di vedere tra gli alberi del giardino delle luminarie simili a quelle delle sagre dei paesi del sud con una scritta violetta che recitava "La notte ha il suo profumo e puoi caderci dentro che non ti vede nessuno", annusò l'aria fuori dalla finestra quasi seguendo l' indicazione suggerita dai versi della canzone di Dalla, la luminaria si spense e si sentì precipitare in un buco foderato di essenze di piante, di oli e resine di corteccia quasi che il sole stesse ancora scaldando come in piena estate le piante del giardino. Era tutto così esageratamente vivido che si inginocchiò sopraffatto da quella abbondanza di stimoli come in una preghiera. Una falce di luna gli si posò sulla fronte, la scostò come avrebbe potuto fare con una ciocca ribelle che si posa sugli occhi. Gli sembrò che il naso non fosse sufficientemente capiente ad accogliere una tale quantità di profumi. Aprì allora la bocca e gli parve di sorseggiare essenza di rosa, era in effetti una notte di maggio. Non ci aveva neppure fatto caso prima di quella sera eppure aveva sempre considerato quello il periodo più bello dell'anno. La fine dei rigori dell'inverno le giornate che si allungavano, spesso una promessa d'estate senza la calura afosa delle serate dopo il solstizio senza pace e senza riposo. Il buco odoroso in cui era caduto era realmente un nascondiglio confortevole. Si domandò da chi e da cosa era necessario nascondersi, ma allontanò il pensiero non era un posto da quella tana profumata. La domanda successiva che si affacciò alla mente fu "come si torna da qui? " ma la cassò immediatamente, era come se la voce all'aeroporto gli avesse suggerito "Mind the gap" ma questa volta lui avesse in tasca un biglietto di sola andata, la voce si spense respirò avidamente la notte.</p></div><div class="yj6qo"></div><div class="adL"></div></div></div><div class="hi" style="background: rgb(242, 242, 242); border-bottom-left-radius: 1px; border-bottom-right-radius: 1px; margin: 0px; padding: 0px; width: auto;"></div><div class="WhmR8e" data-hash="0" style="clear: both;"></div></div></div><div class="ajx" style="clear: both;"></div></div><div class="gA gt acV" style="background: rgb(255, 255, 255); border-bottom-left-radius: 0px; border-bottom-right-radius: 0px; border-top: none; color: #222222; font-family: "Google Sans", Roboto, RobotoDraft, Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 0.875rem; margin: 0px; padding: 0px; width: auto;"><div class="gB xu" jslog="184332; u014N:xr6bB;" style="border-top: 0px; padding: 0px;"><div class="ip iq" style="border-top: none; clear: both; margin: 0px; padding: 16px 0px;"><div id=":ur"><table class="cf wS" role="presentation" style="border-collapse: collapse;"><tbody><tr><td class="amq" style="margin: 0px; padding: 0px 16px; vertical-align: top; visibility: hidden; width: 44px;"><img class="ajn bofPge" data-hovercard-id="amandadatiffany@gmail.com" id=":ni_1" jid="amandadatiffany@gmail.com" name=":ni" src="https://lh3.googleusercontent.com/a/ACg8ocKxOZHTZVf0SaU77nE6FW5fUbVREVGrh1XTW5RmiMoAvNM=s40-p" style="border-radius: 50%; display: block; height: 40px; width: 40px;" /></td><td class="amr" style="margin: 0px; padding: 0px; width: 1044px;"><div class="nr wR" style="border-radius: 1px; border: none; box-sizing: border-box; color: #222222; margin: 0px; padding: 0px; transition: none 0s ease 0s;"><div class="amn" style="align-items: center; color: inherit; display: flex; height: auto; line-height: 20px; padding: 0px;"><span class="ams bkH" id=":od" jslog="21576; u014N:cOuCgd,Kr2w4b; 1:WyIjdGhyZWFkLWE6cjcxOTQxMzA3Mjk0MTIyMzM2MTEiXQ..; 4:WyIjbXNnLWE6cjcxOTU3ODMyMDgzMzM5NTA0NDMiLG51bGwsbnVsbCxudWxsLDEsMF0." role="link" style="-webkit-font-smoothing: antialiased; -webkit-user-drag: none; align-items: center; background: none; border-radius: 18px; border: 1px solid rgb(116, 119, 117); box-shadow: none; box-sizing: border-box; color: #444746; cursor: pointer; display: inline-flex; font-size: 0.875rem; height: 36px; justify-content: center; margin-right: 8px; min-width: 104px; outline: none; padding: 0px 16px 0px 12px; position: relative; user-select: none; z-index: 0;" tabindex="0">Rispondi</span><span class="ams bkG" id=":ob" jslog="21578; u014N:cOuCgd,Kr2w4b; 1:WyIjdGhyZWFkLWE6cjcxOTQxMzA3Mjk0MTIyMzM2MTEiXQ..; 4:WyIjbXNnLWE6cjcxOTU3ODMyMDgzMzM5NTA0NDMiLG51bGwsbnVsbCxudWxsLDEsMF0." role="link" style="-webkit-font-smoothing: antialiased; -webkit-user-drag: none; align-items: center; background: none; border-radius: 18px; border: 1px solid rgb(116, 119, 117); box-shadow: none; box-sizing: border-box; color: #444746; cursor: pointer; display: inline-flex; font-size: 0.875rem; height: 36px; justify-content: center; margin-right: 8px; min-width: 104px; outline: none; padding: 0px 16px 0px 12px; position: relative; user-select: none; z-index: 0;" tabindex="0">Inoltra</span></div></div></td></tr></tbody></table></div></div></div></div>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-26793014739900382972023-12-03T21:44:00.001+01:002023-12-03T21:44:05.263+01:00Essenza di donna<p> </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHQFc85feOXBcWGB1zhncCFWqNeyGgrEcR-AUzXH5Lf_Ezq9f8pwIB8soHPrP-C_gMRyMdiq3hpbRXhPOs0zMWbKWg2TobFTvR5qE5abEtekLoHYZ2MRHAu0hmAxb-G-EhFPnhk42me4SsbPJnWWDemgaqPrXT4WIANFNiJbBERltRpeyPxfkBOWzGiJc/s1080/Screenshot_20231203_132938.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1048" data-original-width="1080" height="389" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHQFc85feOXBcWGB1zhncCFWqNeyGgrEcR-AUzXH5Lf_Ezq9f8pwIB8soHPrP-C_gMRyMdiq3hpbRXhPOs0zMWbKWg2TobFTvR5qE5abEtekLoHYZ2MRHAu0hmAxb-G-EhFPnhk42me4SsbPJnWWDemgaqPrXT4WIANFNiJbBERltRpeyPxfkBOWzGiJc/w400-h389/Screenshot_20231203_132938.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fuoco Fatuo </td></tr></tbody></table><br /><p></p><p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">E quando finalmente
giunse la data prevista del parto, l'ostetrica venne accompagnata a
palazzo. Stava volgendo a termine un'attesa durata quindici anni,
fatti all'inizio di gravidanze annunciate e poi smentite e in seguito
di sussurri e cattiverie riguardo a chi fosse tra i due il colpevole
della mancanza di un erede del casato. Le acque si erano rotte prima
dell'arrivo della levatrice e quella, una volta giunta valutò che,
nonostante si trattasse di una primipara, per giunta avanti negli
anni, il parto era già ben avviato. Questo sollevò non poco la
partoriente stremata dall'ansia e dal dolore delle prime doglie ma
anche suo marito che ormai si sentiva braccato dall'esito dei
precedenti tentativi non andati in porto. Il marchese fu dunque
allontanato come si era usi fare a quel tempo e tutto fu allestito
per il parto. Ancora il primo panno caldo non si era raffreddato
che, nell'attimo in cui l'esperta si era voltata per dare indicazioni
alle domestiche, i vagiti di due polmoni neonati ben ventilati si
erano levati forti e chiari. La puerpera, incredula che tutto si
fosse risolto così rapidamente, sollevò il capo attendendo
rassicurazioni sullo stato del frutto della suo grembo. Di fronte
alle sue ginocchia discoste vide le nuche della levatrice e delle due
domestiche che osservavano la fonte di quel pianto bambino. In preda
al panico per la mancanza di commenti si sollevò a sedere e vide per
la prima volta sua figlia: contò cinque dita alla mano destra e
cinque alla sinistra e anche i piedi ne erano dotati in egual numero.
Due occhi perfetti a lato del piccolo naso, la bocca a cuore, le due
orecchie. Continuava a emettere quei potenti vagiti che non solo
dimostravano lo stupore di essere venuta a questo mondo ma anche un
notevole carattere. In effetti non le mancava nulla sennonché era
minuscola: la miniatura di una miniatura di neonata. Tuttavia quello
che la Marchesa vide fu la sua creatura perfetta, sollevò l'esserino
e se lo portò al petto. Sembrava una formica per dimensioni ma era
sua figlia. Non si sapeva come annunciare l'evento al marchese. Le
donne presenti al parto si guardavano l'un l'altra indecise sul da
farsi. Proprio in quel momento fece il suo ingresso il marchese che
non era più in grado di rimandare l'incontro dato che il vigoroso
pianto aveva annunciato la nascita. La scena che vide rimase per
sempre impressa nella sua memoria. La stanza era in penombra e
tuttavia un fascio di luce illuminava la puerpera che cullava
nell'incavo della mano un essere con le sembianze di una microscopica
bambina. La madre e la figlia volsero lo sguardo verso di lui e il
marchese, sopraffatto da quella perfezione volle esserne parte.
Abbracciò la moglie e, occhi negli occhi della neonata che sembrava
un giudice severo del suo comportamento, sentì che il suo cuore si
donava per sempre a quell'essenza di donna. La nascita di Vincenza
Costanza Bellardini Ottieri fu celebrata con danze e libagioni fino a
notte fonda.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Passarono gli anni e la
bimba "crebbe" – se così si può dire – o quanto meno
grande divenne la fama della sua sagacia. Molti infatti giungevano a
palazzo dei marchesi perché Vincenza Costanza era in grado di
dirimere qualsiasi tipo di problema logico o filosofico. Era curiosa
di qualsiasi aspetto della vita, delle arti e delle scienze. I
marchesi leggevano per lei i libri che sarebbero stati inaccessibili
in quanto troppo pesanti e voluminosi, la portavano con loro a
scoprire il mondo vincendo una pigrizia ,che da sempre aveva
accompagnato l'esistenza del marchese, spinti dalla sete di
conoscenza i Vincenza. Quando fu adolescente si rese autonoma nelle
sue scoperte viaggiando a bordo di un calabrone. Non rimpiansero mai
il figlio perfetto che non aveva accompagnato le loro fantasie
durante la gravidanza perché lei aveva illuminato le loro vite con
la magia di una lucciola in una calda sera d'estate</p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com16tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-68464500086790106762023-11-26T14:32:00.004+01:002023-11-26T14:32:52.881+01:00Nuove rotte<p> </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-D1qLYtTGBaftxIZjbPoCQbHrv-gUixLSMrbt1CWM9x-KtmU6OowQecQrFJIgXOV0s60edfJwcfA3JAYmEiScqW7phRNxWyi4xU5OO1OthqNH_ItSyRs2ZnhnHJ0HWBzJpqxfL1Mq2pKU35SLtMiPQ8qj1Gj-2xvgXMAWmokjhbwqVJjkDW0IgHzhFRU/s1361/Screenshot_20231126_135556.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1361" data-original-width="1080" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-D1qLYtTGBaftxIZjbPoCQbHrv-gUixLSMrbt1CWM9x-KtmU6OowQecQrFJIgXOV0s60edfJwcfA3JAYmEiScqW7phRNxWyi4xU5OO1OthqNH_ItSyRs2ZnhnHJ0HWBzJpqxfL1Mq2pKU35SLtMiPQ8qj1Gj-2xvgXMAWmokjhbwqVJjkDW0IgHzhFRU/w318-h400/Screenshot_20231126_135556.jpg" width="318" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lateogoniaillustrata</td></tr></tbody></table><br /><p></p><br /><br /><p dir="ltr" style="line-height: 1.2; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; vertical-align: baseline; white-space-collapse: preserve;">Metto in moto lo scooter e parto direzione sud est. L'ho comprato, usato, proprio per questo viaggio. Spendere in questo momento non sarà forse la risposta più sensata: perdere il lavoro dopo i cinquant'anni è una pesante ipoteca sul futuro ma non intendo soccombere all'angoscia, Non ancora almeno. Non sono un debuttante dei calci in culo, non so bene se definirlo un vantaggio, fate voi. Per come vanno le cose negli ultimi anni non escludo che non possa essere nemmeno l'ultima volta. Le case e poi i capannoni di questa immensa colata di cemento che è la pianura padana, riluttanti lasciano posto alla campagna. È un'estate torrida, fuggo dall'afa ma non abdico a me stesso. La prima volta che venni licenziato fu un colpo, orgoglio ferito, senso di inadegutezza, tutto il corollario della mancanza di autostima. La mancanza di autostima è il tallone di Achilla di chi come me ha avuto un padre che lo ha trattato sempre da perdente, ma non buttiamo troppa carne al fuoco. Il mio matrimonio era in crisi da un anno, i bambini erano piccoli così provavamo a resistere. Confesso sono un uomo che dà il meglio all'inizio di un rapporto: il corteggiamento, la vampa della passione, tendo però a spegnermi come un cerino appena mi sento sicuro del rapporto. Quando viene richiesto maggior impegno mi dileguo. La madre dei miei figli è bella in tutti i sensi, quindi pensai che potesse essere la svolta, un solido rapporto maturo. Ma non mi ha cambiato neppure lei. Abbiamo allora fatto il possibile perché i bambini dovessero subire il minor stress possibile dalla separazione. Proprio in quel periodo sul lavoro le cose si mettevano al peggio. Sono stato la cosa più vicina a un giunco per troppi anni. Flesso, praticamente prostrato, fino a annusare l'odore marcio delle impronte lasciate dallo sciacallo speculatore. Ho mutato sembianze come un ramarro, mi sono lasciato trasportare dalle correnti pur di non perdere quello che avevo costruito fino a quel momento ma non bastò, non basta mai in questo gioco al massacro che è il mercato del lavoro, forse una tempo era così, ora non più. Ho cambiato città e perfino nazione, spostarmi all'estero significava non vedere crescere i miei figli che erano rimasti in Italia con la madre. Forse non saprò essere un buon compagno ma non ho voluto essere lo spettro di un padre. Il contratto durava un anno con possibilità di rinnovo. Ho deciso di rientrare appena trovato un nuovo impiego. Per questo giro di giostra ho cambiato ruolo: la vittima è diventata carnefice. Dopo un paio di anni in cui le cose sembravano andare per il meglio ho imparato a fare ad altri quello che non avrei mai fatto a me stesso: ho licenziato. All'inizio l'ho fatto convinto che servisse a salvare il lavoro ad altri. Da mesi si rincorrevano le voci di possibili tagli al personale e, prima che si capisse che sarebbe toccato a me l'ingrato compito, c'erano padri di famiglia, con cui condividevo la pausa pranzo in mensa, che mi confidavano le loro ansie. Gente che lavorava lì dentro da anni con impegno e poichè io ero stato assunto con il ruolo di "problem solving" si domandava e mi domandava se ci fossero i margini per una soluzione in grado di salvarci tutti e proponeva strategie per un rilancio. Ma non c'era alcuna volontà, come compresi in seguito, di metterle in atto. Il gioco consisteva nello svuotare la scatola dai contenuti e vendere l'involucro nel minor tempo possibile e questo nonostante il nostro fosse tutt'altro che un ramo secco di quella multinazionale. La finanza non si è mai interessata di uomini e tanto meno di anime. Ricordo la prima ragazza che lasciai a casa: la scelta mi parve facile e scontata, era al suo primo lavoro, non aveva una famiglia da mantenere, viveva ancora con i genitori e non sembrava amare particolarmente quello che faceva. Mi giustificai con me stesso dicendo che le avevo solo dato una spinta a lasciare quello che non amava fare, mi raccontai che probabilmente in futuro mi avrebbe perfino ringraziato. La convocai e glielo dissi, secco, senza giri di parole. Sorrise, rispose come se le avessi chiesto conto degli ultimi compiti che le avevo affidato, poi si zittì e cambiò espressione, improvvisamente, incredula, aveva realizzato. La vittima perfetta non esiste, mi fu chiaro quel giorno. Non aveva avuto nessun sentore di quello che le stava per accadere, avvertii come un cazzotto allo stomaco, stavo assassinando quello che di infantile rimaneva in lei, non me lo perdonai, se chiudo gli occhi ho ancora chiara l'immagine. Le alte sfere iniziarono a presentarmi ogni due o tre mesi un numero di "esuberi" su cui calare la mannaia e io, come il boia, facevo il mio sporco mestiere. Alla fine il mio lavoro era diventato quello. Ho cercato le parole, ho ingoiato il dolore e la rabbia dipinti sui volti che avevo imparato a rispettare o anche semplicemente a conoscere giorno per giorno dopo anni di lavoro condiviso. Scegliere chi sacrificare toccava di volta in volta a me. Ho iniziato a non dormire: in un incubo ero la regina di cuori di Alice nel paese delle meraviglie e giocavo a criquet con le teste decapitate dei miei colleghi, mi svegliavo in preda al panico e ingoiavo l'acido e la bile che mi rodevano notte dopo notte. Mi processavo e mi assolvevo all'alba quando preparavo la colazione per i miei figli nei giorni in cui erano affidati a me, per poi soccombere al giudizio degli sguardi sempre più carichi di odio quando varcavo le porte della ditta. Io che avevo il maggior numero di amici tra i colleghi mi trovai solo e non ebbi neppure la dignità di chiudere quando il fenomeno assunse le dimensioni di una mattanza: al momento non vedevo alternative e il mantenimento dei miei bambini, era un cappio attorno al collo. Poi giunse il mio turno e fu un sollievo. Potevo sperare di ricominciare a guardarmi allo specchio senza provare ribrezzo. </span></p><p dir="ltr" style="line-height: 1.2; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; vertical-align: baseline; white-space-collapse: preserve;">Lascio la statale e imbocco la litoranea a est il mare è una tavola, a ovest la costa va alzandosi, ulivi e oleandri si susseguono. Nonostante l'età trovai abbastanza in fretta un nuovo impiego, non era esattamente il mio lavoro ma alla mia età e di questi tempi non si può fare lo schizzinoso, si capisce, tanto più che lo stipendio era buono. Continuai comunque a fare colloqui in giro e intanto facevo la mia parte. Arrivò la pandemia e la speranza di cambiare lavoro in tempi brevi si vanificò. Non ho mai trovato soddisfazione in quello che facevo ma passava il tempo e cominciai a tessere nuovamente una piccola rete di conoscenze. I giorni si sono trasformati in mesi e i mesi in anni. Quando a un certo punto però ci fu un cambio ai vertici e la mia diretta superiore fu spinta alle dimissioni compresi che la danza era nuovamente cominciata e questa volta mi trovavo da subito in una posizione precaria: a ogni giro di giostra i quadri sono i primi a cadere. Iniziò il mobbing, non che non me lo aspettassi ma le docce fredde quotidiane sono sempre dure da digerire. Intensificai i colloqui e quello che prima mi risultava facile - riuscire a vendere al meglio le mie capacità e la mia esperienza - si trasformò in un calvario. A ogni occasione persa diventava sempre più difficile accettare i trattamenti che mi venivano riservati. Insinuazioni sulla mia integrità sul posto di lavoro, dubbi sulla gestione amministrativa, erano all'ordine del giorno. Sono diventato un incassatore mio malgrado, non avevo intenzione di rendere facile la vita agli speculatori, me ne sono andato solo quando ho ricevuto il mio buono uscita insieme alla lettera di licenziamento. Parcheggio la moto, mi cambio e mi butto subito in acqua e nuoto, da prima le bracciate sono rabbiose affronto le onde come farebbe un naufrago che nuota per la sopravvivenza. Quando inizio a rallentare il ritmo la costa è lontana e finalmente mi arresto, il respiro rallenta, le mie lacrime si mescolano al salso del mare. Mi giro sul dorso, il sole mi accarezza il viso, allargo le braccia e finalmente sorrido. Sto cambiando rotta.</span></p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-88302345339160530852023-11-15T20:38:00.005+01:002023-11-15T20:38:32.531+01:00Colazione a palazzo <p><br /></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihsMi6xTIeXDtiu3-KJlmKKuxOcXrXqyZdjyjpyU2eoxyM-RA4Ss66LOaGucdq2kZ39rA4utk9iCfnPhl4sywVTiZNd9EGHt_YxuHpGa52GFb_lxW2Z8D_ux2cPkYtjM_kEQ9DqoWA6bflGzbHItVv9E2qcbeyAv2QZy1G5ovbT5cJC7M7l_2ZAKiWgfI/s1075/Screenshot_20231115_172857.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="968" data-original-width="1075" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihsMi6xTIeXDtiu3-KJlmKKuxOcXrXqyZdjyjpyU2eoxyM-RA4Ss66LOaGucdq2kZ39rA4utk9iCfnPhl4sywVTiZNd9EGHt_YxuHpGa52GFb_lxW2Z8D_ux2cPkYtjM_kEQ9DqoWA6bflGzbHItVv9E2qcbeyAv2QZy1G5ovbT5cJC7M7l_2ZAKiWgfI/w400-h360/Screenshot_20231115_172857.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Kalaillustration </td></tr></tbody></table><br /><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p>Preparar la colazione</p><p>Questo è fuori discussione, </p><p>è faccenda assai importante</p><p>e un pochino affaticante</p><p>se ogni giorno vuoi provare,</p><p>tutti quanti a contentare.</p><p>Son palati differenti</p><p>e a dir poco esigenti.</p><p>In cucina la bravura</p><p>si concilia alla cultura.</p><p>Abbiam gatti dall'Islanda,</p><p>una volpe dall'Olanda.</p><p>Vedi il rospo con il fez?</p><p>Quello è nato a Marrakech.</p><p>Oca grossa con la tuba?</p><p>La sua nonna vien da Cuba!</p><p>L'oca con il cappellino?</p><p>Battezzata a Portofino.</p><p>E l'opossum richiedente?</p><p>Non lo so ma non fa niente.</p><p>Prendi frutta in quantità</p><p>e inforna qualità</p><p>differenti di biscotti</p><p>tanto ne son tutti ghiotti.</p><p>E la torta la farai</p><p>ma ricetta cambierai</p><p>ogni giorno su richiesta:</p><p>Che cominci la gran festa</p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-88916682417423310582023-10-22T18:40:00.001+02:002023-10-22T18:40:09.156+02:00Non avere paura<p style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; color: #222222;"></span></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdjSapzefywlDIzSvRH7wG7nXuF-1X2i3E_P6G6FndLEyzu9EAw_xt32vyyC2xu8eeJeGHVcA2Rn8NEvq-slTrK6b2ccmaKGulzoT45f1WhLrQVygSiLknKe3M7pFlcgH4n3zWMUTq3qfplppaOl2ERT1g7cz8sdmCF216NvD4GSdM58mT3R584QsJ8OQ/s1518/Screenshot_20231022_171843.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1518" data-original-width="1080" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdjSapzefywlDIzSvRH7wG7nXuF-1X2i3E_P6G6FndLEyzu9EAw_xt32vyyC2xu8eeJeGHVcA2Rn8NEvq-slTrK6b2ccmaKGulzoT45f1WhLrQVygSiLknKe3M7pFlcgH4n3zWMUTq3qfplppaOl2ERT1g7cz8sdmCF216NvD4GSdM58mT3R584QsJ8OQ/w285-h400/Screenshot_20231022_171843.jpg" width="285" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Kalaillustration </td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="background-color: white; color: #222222;"></span></div><span style="background-color: white; color: #222222;"><br /><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; color: #222222;"><span style="font-family: inherit;">Nel buio denso di afrori di corpi ammassati, di ansie compresse, attendevano.</span></span></p><div class="adn ads" data-legacy-message-id="18b57d7e50c9a638" data-message-id="#msg-a:r-4635905308916814621" style="background-color: white; border-left: none; color: #222222; display: flex; padding: 0px;"><div class="gs" style="margin: 0px; padding: 0px 0px 20px; width: 1044px;"><div><div class="ii gt" id=":ur" jslog="20277; u014N:xr6bB; 1:WyIjdGhyZWFkLWE6cjg3NDc2Mjc5NjQwNzk1MDkzNTAiLG51bGwsbnVsbCxudWxsLG51bGwsbnVsbCxudWxsLG51bGwsbnVsbCxudWxsLG51bGwsbnVsbCxudWxsLFtdXQ..; 4:WyIjbXNnLWE6ci00NjM1OTA1MzA4OTE2ODE0NjIxIixudWxsLFtdLG51bGwsbnVsbCxudWxsLG51bGwsbnVsbCxudWxsLG51bGwsbnVsbCxudWxsLG51bGwsbnVsbCxudWxsLFtdLFtdLFtdLG51bGwsbnVsbCxudWxsLG51bGwsW11d" style="direction: ltr; margin: 8px 0px 0px; padding: 0px; position: relative;"><div class="a3s aiL" id=":o8" style="font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: 1.5; overflow: hidden;"><div dir="ltr"><p style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;">Nel silenzio, rotto a tratti da gemiti, grida, pianti e risate nervose, improvvisamente una lama di luce scese a illuminare un volto, un unico volto tra i tanti accalcati in quella densa oscurità. Un ovale dai tratti delicati: la fronte bombata libera dai capelli che si trovavano ancora saldamente raccolti sulla nuca in una crocchia severa; due labbra sottili e serrate, attonite; un lungo collo leggermente ricurvo in avanti come ad accompagnare il capo proteso a ricevere una qualche confidenza. In quel buio pressoché assoluto, la lama di luce faceva apparire quel volto quasi fosse un opalescente cammeo intagliato in una goccia di pietra araba d'onice. Non era chiaro se l'immobilità della figura fosse da ascrivere a una inconcepibile calma o piuttosto a un timore assoluto tale da essere straniante rispetto all'intera situazione che la donna si trovava a vivere ormai da ore.</span></p><p style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;">La lama di luce, dopo aver esitato a lungo su di lei si spostò così rapidamente in avanti da far precipitare, in un battito di ciglia, tutto nuovamente nella più densa oscurità. Tuttavia bastò affinché tutto riacquistasse forme e volumi misurabili dalla ragione: le braccia smisero di essere rami secchi protesi pronti a strappare gli abiti di dosso; le bocche si ricomposero e dai ghigni satanici, immaginati nelle tenebre fitte che li avevano avvolti fino a quel momento, si trasformarono negli specchi delle emozioni che tutta quella gente stava vivendo: attesa, tensione, paura, perfino curiosità. Un tizio stava addirittura sbadigliando proprio nel momento in cui il fascio luminoso allontanandosi dal volto della donna ne faceva un istantaneo protagonista assoluto. Molti si sorpresero di quel riflesso involontario tanto inconciliabile con la situazione allucinante che stavano vivendo, gli stomaci erano chiusi e il sonno impensabile. Un uomo non più giovane, il naso pronunciato, le gote che soggiacevano da troppo tempo alla forza di gravità, aveva scorto davanti a sé una roccia e vi aveva poggiato sopra la mano per ridurre la fatica di quella protratta oltre misura stazione eretta. L'impressione che dava tuttavia era che fosse affacciato al davanzale di una finestra a rimirare il paesaggio, un paesaggio denso come pece. Poco più avanti c'era un giovane, o quel che restava della levità dei suoi pochi anni, il viso era terreo – forse a causa della poca luce – non aveva un solo capello a proteggerne il cranio, un naso affilato fendeva lo spazio una volta occupato dalle guance.</span></p><p style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;">La donna si scoprì a considerare da quanto tempo fosse lì quella povera creatura o cosa avesse dovuto attraversare prima di trovarsi lì dove tutti si trovavano ora. Fu scossa da un brivido poi sospirò per l'idea che un tempo infinito privo di partitura e incolore potesse srotolarsi di fronte a lei da quel preciso momento. O di quello che sarebbe invece successo quando quell'immobilità avesse avuto termine. La colse fulminea la consapevolezza che, almeno per quanto le fu concesso di vedere, era l'unica donna presente. Ma prima, prima che il terrore si impadronisse definitivamente di lei, un essere caritatevole, che nella poca luce aveva saputo cogliere la concatenazione dei suoi cupi pensieri, avvicinò le labbra al suo orecchio e sussurrò "Non aver paura". Le loro mani si strinsero. Il vuoto di parole si era infranto. Non erano più soli</span></p></div><div class="yj6qo"></div><div class="adL"></div></div></div><div class="hi" style="background: rgb(242, 242, 242); border-bottom-left-radius: 1px; border-bottom-right-radius: 1px; margin: 0px; padding: 0px; width: auto;"></div><div class="WhmR8e" data-hash="0" style="clear: both;"></div></div></div><div class="ajx" style="clear: both; text-align: justify;"></div></div><div class="gA gt acV" style="background: rgb(255, 255, 255); border-bottom-left-radius: 0px; border-bottom-right-radius: 0px; border-top: none; color: #222222; margin: 0px; padding: 0px; width: auto;"><div class="gB xu" jslog="184332; u014N:xr6bB;" style="border-top: 0px; padding: 0px;"><div class="ip iq" style="border-top: none; clear: both; margin: 0px; padding: 16px 0px;"><div id=":uu" style="text-align: justify;"><br /></div></div></div></div>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-24607501244299753622023-10-14T15:27:00.003+02:002023-10-14T15:27:51.134+02:00Dall'abisso<p><br /></p>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg68y4Tkv02Zc0S6NmcZja_ZqNOk-pDbqNmAZqYbXAGRDwRkvxrOskWa9eIAnm2CpW6SrpQN1eEfxW19_YgRJXqyFmGm7WaCTwNgkzxID1_FlopGiVQe-27ll3O41GXYZyIIz50IGWd8kAVAyXHU61L0Ai8_kPsGWFRXKUTlHwFsat6wtIxMdXV5u5BOaU/s1080/Screenshot_20231014_141901.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="941" data-original-width="1080" height="349" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg68y4Tkv02Zc0S6NmcZja_ZqNOk-pDbqNmAZqYbXAGRDwRkvxrOskWa9eIAnm2CpW6SrpQN1eEfxW19_YgRJXqyFmGm7WaCTwNgkzxID1_FlopGiVQe-27ll3O41GXYZyIIz50IGWd8kAVAyXHU61L0Ai8_kPsGWFRXKUTlHwFsat6wtIxMdXV5u5BOaU/w400-h349/Screenshot_20231014_141901.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Kalaillustration </td></tr></tbody></table><br /><p style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Le mie sorelle danzano
tra le mie dita. Io sono il Mare, loro sono Sirene. Mi invento culla
per le più piccole, amaca per le più pigre, giostra per le più
vivaci. Amo vederle felici. L'aria fuori pizzica ma a noi poco
importa: siamo figli dell'Acqua, cugini del Vento. Lo so non ho un
carattere facile, qualcuno mi considera malmostoso, qualcuno
irascibile, qualcuno, per questo, mi teme. Io effettivamente brontolo
e talora mi infurio ma poi mi passa e alla fine si affidano a me
pescatori, navigatori, poeti e cantori. Gli amanti sulle mie rive
fanno promesse che fingono di non sapere che prima o poi si
infrangeranno come le onde sulla battigia. I pesci abitano i miei
fondali che i coralli ingioiellano. In amore pratico l'onestà: non
sono monogamo. Io e Luce, una delle mie amanti, siamo complici
scherzosi, è un gioco folle il nostro: la moltiplico, la infrango,
la dissolvo. Continuare a stupirsi, non saziarsi mai di sperimentare:
non è in fondo questo il segreto di una buona relazione?</p><p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Quella con Luna è una
relazione ancora più stretta, quasi una dipendenza: è lei che
comanda tra noi, lei che scandisce i ritmi ben precisi dei nostri
incontri; sembra timida ma non lasciatevi ingannare, le sue
attenzioni mi eccitano, mi gonfiano il petto ed è proprio allora,
quando penso di averla in pugno, che scompare. Con le Onde è
un'orgia continua, abbiamo bisogno di far vibrare i nostri sensi, il
tatto, l'olfatto; bramo vedere come inarcano la schiena, come si
prendono il piacere, insaziabili, mi esauriscono, le osservo
annientarsi in spuma bianca. Non giudicateci con i vostri parametri
umani, non pratichiamo il possesso e la gelosia che ne è figlia.
Quando stremato dalle battaglie d'amore mi ritiro verso i miei
fondali mi accoccolo in me stesso a rigenerarmi. I delfini mi cullano
con il loro chiacchiericcio, sono narratori inesauribili oltre che
noti umoristi. Le mie sorelle iniziano a cantare le nenie con le
quali, da sempre, rapiscono i naviganti dalla via dell'eterno ritorno
verso casa. Tutti sanno che a casa non vogliono davvero tornare, la
loro vita è il viaggio, la loro vita è l'avventura ma è facile
raccontare alle madri, alle mogli, ai figli che non vedranno crescere
che la colpa è del canto ammaliatore delle Sirene. Pretestuoso.
Quando diventano sfacciati nelle loro menzogne, scateno loro contro
Tempesta. Se non ne avete mai fatto conoscenza ritenetevi fortunati.
Con lei qualsiasi approccio non può essere che burrascoso, aizza
contro i malcapitati tutti gli elementi, enormi Cumulo Nembi da
candidi si fanno neri, i Venti corrono e ruggiscono mentre io mi
abbandono al sonno cullato dalle loro ninna nanne. Questa notte ho
sognato di intrecciare collane di conchiglie per donarle a Terra, io
e lei siamo legati in modo diverso, un approccio delicato: la
accarezzo, la sfioro e mi ritraggo, la cerco e poi mi nascondo e
anche quando finge di non aspettarmi so che non può fare a meno di
me, sembra la più dolce delle mie amanti ma il suo continuo
contatto con gli umani le fa percepire ciò che ci unisce in un modo
più simile al loro. </span><span style="font-family: Times New Roman, serif; text-align: left;">È</span><span style="text-align: left;">
quel tempo dell'anno in cui Terra inizia ad indossare i suoi vestiti
più belli, intreccia i capelli con petali di fiori, profuma di
fresco e nuovo e io non so resisterle. La notte è stata lunga e
ancora mi sto riprendendo dalle battaglie dell'amore quando giunge,
fatico a destarmi nonostante, bisogna riconoscerlo, lei sia
irresistibile; subito comprende che le ho preferito un'altra il
giorno precedente e tali sono le aspettative con cui si è presentata
al mio cospetto che la sua ira è enorme, inusitata, scossa di
gelosia trascina nella sua furia ogni cosa: case, oggetti, persone,
animali.Vomita il suo odio represso su di me che schizzo verso il
cielo e non posso fare altro che provare a rincorrerla per cercare di
farla ragionare e tentare di placarla. Nella mia corsa trascino
barche e navi a riva e oltre, e copro tutto con una marea che odora
di morte. C'è un posto sul pianeta che è spesso scenario dei
nostri litigi e quando questo avviene mi cambiano persino il nome,
divento Tsunami - l'onda che entra nel porto. Non fiorirà Terra per
qualche anno ancora dove finalmente sono riuscito a raggiungerla dove
ci siamo divorati l'un l'altra incapaci di scendere a compromessi.
Non sono nato monogamo non morirò bugiardo. Questa notte un silenzio
di morte coprirà le nostre miserie. </span><span style="font-family: Times New Roman, serif; text-align: left;">È</span><span style="text-align: left;">
il pianto di chi ha perso tutto ed è sopravvissuto a generare i mie
incubi. L'amore non abita più qui.</span></p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-34979919034912769422023-10-07T16:10:00.006+02:002023-10-07T16:10:49.323+02:00Il tramonto della libertà<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibBn26bDdE_loZAnzroGNHEXthuQuXS-Pq2vgfoBeU4OY1-pSWSMnBJyEoSsfjbMzlzpQ7LKZtdY_ISRjcOTkZqx8mVPftSU3z9W-dNIGgLis0FLyEzHmgXwJlU0-MgsHw4nTnXszqAT4xGSdnj_VrYdWh4q2cCATyomOmDaGx0HIe4-RQ99XDmOH_3k4/s1354/Screenshot_20231007_154627.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1354" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibBn26bDdE_loZAnzroGNHEXthuQuXS-Pq2vgfoBeU4OY1-pSWSMnBJyEoSsfjbMzlzpQ7LKZtdY_ISRjcOTkZqx8mVPftSU3z9W-dNIGgLis0FLyEzHmgXwJlU0-MgsHw4nTnXszqAT4xGSdnj_VrYdWh4q2cCATyomOmDaGx0HIe4-RQ99XDmOH_3k4/s320/Screenshot_20231007_154627.jpg" width="255" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lateogoniaillustrata</td></tr></tbody></table><br /><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div><div style="text-align: justify;">Come ogni sera ripeto la liturgia dei gesti: rimuovo il trucco sfatto, depositato sui ricami del tempo, stucco che evidenzia, più che coprire, le crepe. Lo specchio è un metronomo: scandisce un prima e un dopo tra sogni e rinunce. Non ho timore di ciò che sono, non ho rimpianto di ciò che poteva essere e non è stato. Temo l'abbandono e non per paura di invecchiare in solitudine ma per quello che questo mio stato, oltre la porta di queste mura protette, comporta.
Ho ancora zigomi alti, occhi grandi che sanno essere specchi d'acqua dai colori cangianti alla luce del giorno e della stagione, il collo lungo e sottile, dita lunghe e affusolate. Conservo quindi ciò che sempre mi dona un'aura di regalità. La libertà non perde fascino. C'è stato un tempo - e ancora c'è da qualche parte- in cui per me ci si batteva. Alcuni hanno lasciato la casa, attraversato deserti, hanno scritto opere capaci di sfondare muri e attraversare oceani per inseguirmi. Hanno guardato la morte in faccia, l'hanno abbracciata, hanno oltrepassato orrore e torture cercandomi. A volte conquistarmi ha significato rialzare le spalle piegate, riaccendere il sorriso rivendicando il diritto a un futuro pur senza dimenticare. Altre volte mi hanno riacciuffata troppo tardi, quando ormai, stremati dalla ricerca, si erano spenti dentro, si sono lasciati trasportare da una corrente che non erano più in grado di cavalcare. Ci sono uomini che sono diventati vecchi tra le mura di una prigione attendendomi, non hanno mai smesso di cantare il loro amore per me, le senti forti quelle voci, hanno attraversato i secoli e la vacuità dell'ingiustizia, sanno parlare alle menti rette oltre il tempo e lo spazio. Chi non mi ha mai compresa è sordo a quelle voci e a qualsiasi moto dell'anima. C'è chi nel mio nome ha imbracciato fucili; chi si è tagliato le trecce o chi si è tolto un velo imposto; chi si è lasciato morire di fame e di sete perché il pane, da solo, non può tenere in vita un oppresso; chi si è lanciato su un filo spinato attraversato dalla corrente rivendicando nella morte un ultimo gesto libero. Chi si è spogliato e sdraiato per strada; chi si è vestito degli unici abiti in cui si riconosceva anche se questo comportava l'isolamento sociale. Devo essere tuttavia un'amante imperfetta, una sposa rejetta, non sono in grado di legare a me nessuno in un legame indissolubile. Tutto il loro affannarsi a ricercarmi si annichilisce nel momento in cui mi raggiungono. Nessuno impara la lezione. Sono narratori stanchi quelli che mi hanno acchiappata. Immemori degli sforzi. Non sanno che posso essere solo la sposa di tutti oppure di nessuno. Non sanno testimoniare la fatica dell'impresa, il dolore dell'assenza. Non gioiscono della libertà altrui, rivendicano un senso di possesso esclusivo che non si attaglia alla mia essenza. Innalzano barriere, muri ostacoli. Separano il Noi dal Voi. Non stimolano la sete di conoscenza che semina altri germogli di libertà. Non innaffiano la mia pianta. Ottundono le menti, le forgiano nell'ignoranza, sopiscono la curiosità. Io io così invecchio tristemente sola. Fuori dalla mia finestra la notte è rossa e verde ma non profuma, non vi è incanto, un intrico di sospiri grevi e minacciosi ne è la colonna sonora. Sono stanca, lecco le mie dita salate di lacrime, appoggio il vasetto di crema sulla mensola del bagno. Attendo una nuova alba e altri amanti.</div>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-40402041843978919802023-08-26T14:12:00.002+02:002023-08-26T14:37:38.119+02:00L'amore domanda amore<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjScO8durUiUdnToWyQghLuq_mCxTz5HURLkQEeArjIkfkgAU9_VpvtI5X6SIMe6ztNOXRa5kS-_IdOdyCn1vZ8zDBhJbHBH_EoGB9gUeLyjMQPK8E2Jq-cQ6xmZBHzzTjDUU6YbO7F5aC5YODbF_AeofUz1smQJKyW3yz2bwrGNplpNNpdSplh1FaaQpA/s1333/Screenshot_20230826_134929.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1333" data-original-width="1080" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjScO8durUiUdnToWyQghLuq_mCxTz5HURLkQEeArjIkfkgAU9_VpvtI5X6SIMe6ztNOXRa5kS-_IdOdyCn1vZ8zDBhJbHBH_EoGB9gUeLyjMQPK8E2Jq-cQ6xmZBHzzTjDUU6YbO7F5aC5YODbF_AeofUz1smQJKyW3yz2bwrGNplpNNpdSplh1FaaQpA/w324-h400/Screenshot_20230826_134929.jpg" width="324" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Bo Bartlett</td></tr></tbody></table><br /><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Ho ancora tempo per trovare una scusa, un imprevisto sul lavoro per esempio o semplicemente posso trasformare l'appuntamento nelle solite quattro chiacchiere tra amici. Ma quando ho chiamato Massimo sapevo che non avrei innestato la retromarcia, le perplessità erano ormai alle spalle come le ore di sonno perse a decidere come comportarmi. Massimo è un amico, anzi l'Amico: ho fabbricato i miei ricordi insieme a lui. Un legame che dura nonostante le strade si siano separate dopo l'università. All'epoca Federica era appena entrata nella sua vita. Arrivo al bar è lui è già seduto fuori a un tavolino d'angolo. Cerco tracce d'inquietudine sul suo viso mentre, gli occhi sullo schermo del cellulare, non si è ancora accorto della mia presenza e non ne trovo, quando mi vede mi regala il suo sorriso aperto di sempre. </p><p style="text-align: justify;">Due chiacchiere e arrivo secco al punto: la prima volta che ho visto Federica insieme all'altro, stavano attraversando la strada, avevo anche affrettato il passo per raggiungerli, poi ho notato la mano di lui che la stringeva in vita, ho rallentato, ma subito dopo si sono staccati e allontanati parlando normalmente. Non ci avrei neanche fatto caso, ma dopo una settimana entro con un cliente in un ristorante e li vedo, parlano occhi negli occhi, le mani che si allungano sul tavolo, Federica ride riversa il capo all'indietro, la gola esposta e sensuale.</p><p style="text-align: justify;">Massimo serra gli occhi, stringe le labbra e il suo pomo di Adamo si inabissa nel collo magro.</p><p style="text-align: justify;">Mi domando se sarò in grado di contenere il dolore che ho provocato sbreccando la diga che conteneva la sua idea di Federica. </p><p style="text-align: justify;">"Io non lo avrei fatto. Decidere di raccontare significa aver emesso una sentenza di condanna per alto tradimento ma non è questo il reato eventualmente imputabile. Io so che esce con Giuliano. Lo amava prima che entrassi nella sua vita, qualche mese fa si sono reincontrati casualmente e la cosa non li ha lasciati indifferenti. Federica ha provato a reprimere ciò che provava, poi, in tutta onestà, me ne ha parlato"</p><p style="text-align: justify;">" E tu?" ribatto perplesso.</p><p style="text-align: justify;">"Concedo a tutti tempo per capire, è un esercizio estenuante ma non posso fare altro, spero che torni a scegliermi. Qualcuno, non ricordo più chi, diceva: "L'amore domanda amore, lo domanda...ancora".</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-35299761709686147752023-08-14T20:48:00.004+02:002023-08-14T20:48:45.431+02:00La cert'ora<p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipHYLtcWV1mpQdQQ8OCBDpqYqqyBb7Ajb4MuhWVaKy7BOCJgIF2eb0qHLxsimNwXPdHPBKjF34SLb_WqdonYy4RDrBMKDXqpsOJjJUVVeZcroibtuhLgytHX84owxtHWt-3rErOftSFNSJyYofcFF2T_l6KHl-qAxkBYJdVbsRDQNG1IwjFHOv6LBgjCI/s1083/Screenshot_20230814_204607.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1083" data-original-width="1080" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipHYLtcWV1mpQdQQ8OCBDpqYqqyBb7Ajb4MuhWVaKy7BOCJgIF2eb0qHLxsimNwXPdHPBKjF34SLb_WqdonYy4RDrBMKDXqpsOJjJUVVeZcroibtuhLgytHX84owxtHWt-3rErOftSFNSJyYofcFF2T_l6KHl-qAxkBYJdVbsRDQNG1IwjFHOv6LBgjCI/w399-h400/Screenshot_20230814_204607.jpg" width="399" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Anna Berezovskaya </td></tr></tbody></table><br /> </p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p style="text-align: justify;">Sentivano il contatto della pelle con la sabbia che, umida, cedeva sotto al loro peso. Le dita dei piedi affondavano nella rena, i granelli più fini vi si insinuavano. Erano sedute immerse nell'acqua fino al collo. In alcuni punti il fondale sabbioso cedeva posto ai ciottoli. Una delle tre poggiava con la mano su una pietra più grossa lisciata dall'acqua e dal tempo. Il sasso, stranamente non viscido, le forniva un sostegno perfetto. Quella che sedeva al centro posava gli avambracci sulle ginocchia. L'ultima reggeva tra le mani un filo di perle, forse una collana spezzata o forse lei stessa stava infilando le perle e si era interrotta per godersi l'attimo. Per tutto il giorno il sole aveva picchiato implacabile nonostante le prime foglie iniziassero ad accartocciarsi, riarse da un'estate che non sapeva morire. Ora un quarto di luna saliva in cielo, avrebbe rischiarato lo specchio d'acqua nellecprossime ore, al momento la luce radente del sole ormai tramontato gli rubava la scena. Le tre creature guardavano verso l'alto, nella stessa direzione. Quali pensieri accompagnassero quel loro concentrato silenzio non è dato sapere, tuttavia a guardarle si percepiva un senso profondo di pace. Seguendo la direzione dei loro sguardi si poteva scorgere uno stormo in volo. A osservarli attentamente si sarebbero detti esseri inadatti alla vita aerea: avevano braccia spiegate come ali, l'indice delle mani teso nello sforzo del volo che ne ricordava le punte; possedevano tuttavia terga piumate e se si fossero posati si sarebbero notate delle tozze zampette con gli artigli piccoli e innocui dei passeri. Come quelli si nutrivano di insetti catturati in volo: si libravano, eseguivano volteggi poi cabravano, viravano e scendevano in picchiata. Senonché avevano sembianze che un tempo appartenevano agli umani ma si spostavano con il tipico volo, insieme folle e gioioso, delle rondini. Dallo specchio d'acqua le tre creature ne seguivano ammirate le evoluzioni, avevano atteso quel momento per tutto il giorno e poco prima erano emerse a celebrarlo. Assistere allo spettacolo costava loro fatica: trattenere il respiro fuori dall'acqua era una sfida che si prolungava quasi fino allo sfinimento. Sui loro corpi di donna si ergevano infatti teste di pesce, le squame scintillavano alla luce radente che riverberava sullo specchio d'acqua del lago, eppure a quella esibizione quotidiana, per loro letteralmente mozza fiato, non sapevano rinunciare. Ancora pochi giorni e gli esseri volanti si sarebbero radunati e avrebbero iniziato i loro lungo viaggio migratorio in cerca della luce e del calore. I sogno di un'eterna stagione calda guidava il loro istinto. Le chimere d'acqua avrebbero atteso sotto la superficie il ritorno della primavera per godere nuovamente dello spettacolo. Intanto in cielo lo show andava esaurendosi. Dove dormivano di notte quegli esseri? Quale nido poteva contenerli? Non erano domande interessanti per le devote spettatrici d'acqua. Quando l'uomo aveva abdicato all'istinto animale della conservazione della prole e della specie, pensando che costruire apparecchi in grado di oltrepassare i confini impostigli dalla natura lo avrebbe affrancato dalle regole elementari della sopravvivenza, il conto alla rovescia era iniziato. I moniti della Scienza, che pure aveva lavorato per sfidare i limiti umani, erano rimasti che inascoltati; gli scienziati come Cassandre parlavano a esseri sordi, danzanti, festosi sull'orlo dell'abisso. Ora che tutto si era compiuto e che nuove specie abitavano il pianeta l'armonia vigeva tra esse. Non si trattava tuttavia di un Eden, non erano infatti abolite le piramidi alimentari, i più deboli continuavano a soccombere. Erano nondimeno spariti l'accumulo e la sopraffazione. Lo stupore abitava il mondo e con esso una sorta di infantile innocenza. Dopo anni la neve era tornata ad ammantare i paesaggi in inverno. I ghiacciai a sciogliersi solo in primavera e in estate rifornendo gli esseri viventi di acque più fresche e dolci seppure le temperature non fossero ancora rientrate ai livelli di prima della catastrofe; erano comparsi frutti spontanei su alberi e arbusti ed erbe sui prati anche se i semi avevano dato frutti diversi da quelli noti come conseguenza di incroci spontanei e inattesi. Alcuni esseri avevano iniziato a raccoglierli e a seminarne in modo da aver provviste per la stagione buia. Quell'ultima sera dunque prima della grande migrazione avvenne un fatto non del tutto insolito per quei tempi. La chimera d'acqua che reggeva tra le mani il filo di perle si attardò a osservare il volo di un ultimo essere volante. Sembrava meno in affanno del solito quasi si stesse adattando all'ossigeno dell'aria - non è forse così che si evolvono le specie? - il volatile parve incuriosito da quella figura che lo osservava dal pelo dell'acqua e iniziò a volare sempre più in basso fino a quando tese le braccia alla chimera che stava studiando il suo volo e quella allungò le sue verso l'alto in un inusitato abbraccio. Quando atterrarono esplorarono reciprocamente i corpi l'uno dell'altra e poiché a quei tempi non vi era la separazione tra le specie che aveva governato il mondo prima della catastrofe, si unirono. Il volatile depositò nuovamente la chimera sull'acqua e con un ultimo volo si accomiatò da lei raggiungendo il resto dello stormo pronto al lungo viaggio. Dopo una gestazione di nove mesi la chimera partorì un essere che somigliava a quello che veniva definito uomo prima della fine dell'era precedente, aveva braccia e gambe e prima di ogni altra cosa si nutriva d'aria. Lo portò dunque a riva e lo depose in una giaciglio che aveva forgiato intrecciando canne. A ricordo del suo concepimento legò al suo esile collo bambino la collana di perle che aveva con sé quella sera. Si divideva tra il suo mondo d'acqua e quello terreno del figlio per non abbandonarlo al suo destino. Una nuova estate era arrivata e con essa lo stormo. La chimerà attese di rivedere il padre di suo figlio ma quello non fece ritorno. Non era inconsueto che gli imprevisti del lungo volo mietessero vittime. Crebbe così quel suo strano figlio da sola: il piccolo aveva voce e parole a lei ignote e con il tempo iniziò a perlustrare il mondo sempre più lontano dal lago, in luoghi dove lei non era in grado di seguirlo. Ora che l'uomo aveva imparato a volare come gli uccelli e a nuotare come i pesci era ora che imparasse nuovamente a vivere sulla terra come gli umani.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-87152749028235120752023-08-08T21:55:00.002+02:002023-08-08T22:27:18.878+02:0008.08.2023 <p><span face="sans-serif" style="font-size: 12.8px;"><br /></span></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYuGUerzB_cdB45F5DprA19Bo8DK8zmvP5kJ_yM5R_oEl028nXawYXzDOJNGqKLy07Bwlw3kTvXTGCUKU-sTwG8lMNYqMzG_UMDoC4hXCMRrMqL4ak2vA-0gCE-iBQYVZU6hYS05z0gwxAFkB09nzXVu5uY9ovd01lN6j48ATci_1JgvKadhe-rJ5d3X0/s1446/Screenshot_20230808_173504.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1446" data-original-width="1080" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYuGUerzB_cdB45F5DprA19Bo8DK8zmvP5kJ_yM5R_oEl028nXawYXzDOJNGqKLy07Bwlw3kTvXTGCUKU-sTwG8lMNYqMzG_UMDoC4hXCMRrMqL4ak2vA-0gCE-iBQYVZU6hYS05z0gwxAFkB09nzXVu5uY9ovd01lN6j48ATci_1JgvKadhe-rJ5d3X0/w299-h400/Screenshot_20230808_173504.jpg" width="299" /></a></div><br /><span face="sans-serif" style="font-size: 12.8px;"><br /></span><p></p><p><span face="sans-serif" style="font-size: 12.8px;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span face="sans-serif" style="font-size: 12.8px;">Oggi varco un confine, la stanza oltre la soglia è più piccola di quella alle mie spalle. Anche le stanze piccole sanno essere splendide se ben arredate: sceglierò ogni pezzo con cura. Tasto le perle di questa lunga collana a una a una e, nel farlo, il sentimento che più mi rappresenta è la gratitudine. Sono grata per quanto ricevuto: l'amore rende belli. Ho avuto radici grandi e robuste, in un'unica casa mi hanno accolto genitori, nonni, prozie e una vicemadre. Non c'è di che temere a essere curiosi del mondo se ti aspetta un porto sicuro al rientro. Faccio il mestiere che ho scelto e anche se mi sono dovuta reinventare decine di volte nel tempo, non ho strisciato di fronte a nessuno e non sono scesa a compromessi e questa è una sensazione impagabile. Sono così innamorata delle parole che lavoro per provare a offrirle in dono a chi non può sentirle. Nel tempo ho dovuto segare qualche ramo secco, non troppi per fortuna, non è stato facile ma a volte è necessario per non soccombere. Continuo a guardare alle persone con fiducia, talora si rivela immeritata ma non ho pregiudizi. Non sono però Candida: ho visto piazze, da cui si levavano lecite richieste, violate dal sangue; corpi galleggiare in mare, stazioni piene di gente - la cui unica colpa era inseguire l'estate - dilaniate, giudici e poliziotti che provavano a lavare l'onta della connivenza tra politica e mafia ridotti in cenere. Per tutto questo aspetto ancora risposte che non mi illudo di avere. Nutro di cibo e di piccole attenzioni l'amore e l'amicizia. Infilo un passo dopo l'altro in salita per avere il privilegio di affacciarmi all'infinitamente bello che ancora c'è, un mondo senza confini dove quinte di cattedrali forgiate dal tempo, dall'acqua, dal vento si susseguono scandendo lo spazio che ti si srotola tra le mani e accende l'anima. Sono affamata di parole. Quelle lette che attraversano il tempo e i continenti, dischiudono mondi improbabili, o estremamente e dolorosamente concreti, che a volte sanno raccontarci di noi stessi più di quanto siamo in grado di confessare. Non mi bastano mai: le librerie e le biblioteche sono il mio Eden e la mia dannazione. Quelle dette che uniscono/separano, leniscono/feriscono hanno sempre un peso, a cui è necessario prestare attenzione. Quelle scritte che forgiano, cesellano, spiegano, scandiscono, dichiarano e restano perché rappresentano la verità del momento in cui la carta le ha accolte: manifestazioni di intenti, dichiarazioni d'amore, propositi, riflessioni. Il tempo può cambiare le cose ma loro rimangono a dimostrazione di quello che è stato. Le parole scritte sono finestre senza tende da cui si può spiare la vita di chi dietro di esse abita, vetrine ben illuminate capaci di smascherare il vuoto. Non ho lasciato figli al mondo, di tanto in tanto il mondo me ne affida uno: l'ho osservato crescere, mutare. A volte le stagioni ci hanno resi estranei, a volte si continua ad allungare la mano sapendo che verrà accolta. Voglio per loro, mio futuro, camminare a passi leggeri, convinta che questa leggerezza sia già eredità. Non ho lezioni da impartire perché ho ancora molto da imparare; ho pensieri da condividere e silenzi per mettermi in ascolto. Attendo giornate fresche e luminose come un regalo, coltivo lo stupore per amore di quello che di bambino rimane in me. Canto e ballo come una liberazione o una preghiera anche se ultimamente meno di un tempo e mi dispiace. Grazie ai tanti che oggi mi hanno dedicato un pensiero e a quanti lo hanno fatto ieri e lo faranno domani. Di recente ho temuto di non essere sana, la vita però riserva magnifiche sorprese.</span></p><div style="text-align: justify;"><span face="sans-serif" style="font-size: 12.8px;"><br /></span></div><div class="mail-message expanded" id="m#msg-a:r-5504522823512260683" style="font-family: sans-serif; font-size: 12.8px;"><div class="mail-message-footer spacer collapsible" style="height: 0px;"></div></div>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-67258748686824778982023-08-02T10:25:00.001+02:002023-08-02T10:25:00.148+02:00Bologna 2 agosto 1980<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYNvPyn8r9qxqcLQqcmv9ToZ2DNAfadO6yV14DgI5yRrwURtB1BTVW7b5Wbry695UjXBOdHlDRAkdK7LmkzkxPF-vwT1w3d64WNEM7taa_LF7cbOekEb-Amim_6MuAHxFTko0JD1z7iCjEqoduQYAD3xgfc0UPMkRTF4oZGA3v4XoggTg4qzwC8w2RwmM/s1070/Screenshot_20230801_204516.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1070" data-original-width="1002" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYNvPyn8r9qxqcLQqcmv9ToZ2DNAfadO6yV14DgI5yRrwURtB1BTVW7b5Wbry695UjXBOdHlDRAkdK7LmkzkxPF-vwT1w3d64WNEM7taa_LF7cbOekEb-Amim_6MuAHxFTko0JD1z7iCjEqoduQYAD3xgfc0UPMkRTF4oZGA3v4XoggTg4qzwC8w2RwmM/s320/Screenshot_20230801_204516.jpg" width="300" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhXK8F6g64lZd_rpoTtHgx5i5DYiXDBH1jTbgJJbT24M0OEpshBtutio_TUCT1ZAr8NYaZnkcFtX5mR4WoabKC3Yz850Xyi0gTBzkjsu0d3DVpTZBL_Y_X1ttmFIogj1oxjD6deV2zoLPm8sLK4hUA82D-uIxqF97CCFrRvhN8SvOp7Z0UIVm2Obsc6lI/s875/Screenshot_20230801_204552.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="615" data-original-width="875" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhXK8F6g64lZd_rpoTtHgx5i5DYiXDBH1jTbgJJbT24M0OEpshBtutio_TUCT1ZAr8NYaZnkcFtX5mR4WoabKC3Yz850Xyi0gTBzkjsu0d3DVpTZBL_Y_X1ttmFIogj1oxjD6deV2zoLPm8sLK4hUA82D-uIxqF97CCFrRvhN8SvOp7Z0UIVm2Obsc6lI/s320/Screenshot_20230801_204552.jpg" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7p0izWJ_2JutbfUf-quVj19aCsz9sOHdseaqg_nvl6qXwVbsFr9aAfD6Olm3qFGMdrFjT1NztFB0lkmlvGlL3Q1IgB1DDy3xCa-ylmEBq_CcHVcPd_yzG2j61Rp2GWKTxXso3W7a1UQaBLSLdj471ZcsNpXfbeZHEM1iNWUzzTWO8lk06DViZU0nd2ZA/s881/Screenshot_20230801_204644.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="538" data-original-width="881" height="195" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7p0izWJ_2JutbfUf-quVj19aCsz9sOHdseaqg_nvl6qXwVbsFr9aAfD6Olm3qFGMdrFjT1NztFB0lkmlvGlL3Q1IgB1DDy3xCa-ylmEBq_CcHVcPd_yzG2j61Rp2GWKTxXso3W7a1UQaBLSLdj471ZcsNpXfbeZHEM1iNWUzzTWO8lk06DViZU0nd2ZA/s320/Screenshot_20230801_204644.jpg" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgt8_b-C4aiZH9B7CGEOjxHLGeXG-IYljjfHCYSbfUpRVhT6H8cAZEAff-h7_R0JsXBLTiQvn9eWBvPDP1YIVMykYiIYYrLHfJ5ukpelDgbnqlVAjmHJwWbr-1zCe8yDu-Xu26kzWKUt-zeQcYQgKnKrP25O4GpQcASgUjiqA-SKQGKN1WxF8qRMd6Qv3E/s838/Screenshot_20230801_204900.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="492" data-original-width="838" height="235" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgt8_b-C4aiZH9B7CGEOjxHLGeXG-IYljjfHCYSbfUpRVhT6H8cAZEAff-h7_R0JsXBLTiQvn9eWBvPDP1YIVMykYiIYYrLHfJ5ukpelDgbnqlVAjmHJwWbr-1zCe8yDu-Xu26kzWKUt-zeQcYQgKnKrP25O4GpQcASgUjiqA-SKQGKN1WxF8qRMd6Qv3E/w400-h235/Screenshot_20230801_204900.jpg" width="400" /></a></div><br /> <p></p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-18153673943671537192023-07-09T15:38:00.002+02:002023-07-09T15:38:15.638+02:00La Mela Rossa<p> </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVQKmX6yI8ZgrlwM9EZAIvb54PkTmpnKo7tlIuZiVLs-Y8xMxnZBK6ymSP77K5O-KGzh_47M_IU8QMSc-U6AFzBANMkh5rPFdyu7OE4m4ylghCyQxRlo79sA7wUUndbV4XYQxUk__tbLYWsIdFnLItXvdFcZvKYOB8OUdTuL69eZgJnPwjYdqwMQXKJ08/s1128/Screenshot_20230709_151929.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1128" data-original-width="1080" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVQKmX6yI8ZgrlwM9EZAIvb54PkTmpnKo7tlIuZiVLs-Y8xMxnZBK6ymSP77K5O-KGzh_47M_IU8QMSc-U6AFzBANMkh5rPFdyu7OE4m4ylghCyQxRlo79sA7wUUndbV4XYQxUk__tbLYWsIdFnLItXvdFcZvKYOB8OUdTuL69eZgJnPwjYdqwMQXKJ08/w383-h400/Screenshot_20230709_151929.jpg" width="383" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Kalaillustration </td></tr></tbody></table><br /><p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;"><br /></p><p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;"><br /></p><p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;"><br /></p><p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Fateci caso: prendete una
mela e mettetela dentro a una storia e quella – inteso come la
storia – subito si complica o diventa biblica, tutt'al più si
trasforma in una legge fisica. Eva e la mela per esempio: tutti a
prendersela con Eva nei secoli dei secoli e così sia, ma la colpa
non è sicuramente di Eva. Scagli la prima pietra chi di voi non ha
mai mangiato una mela; io per esempio che in mezzo alle mele ora ci
vivo, che dovrei dire? E perché dunque Eva non avrebbe dovuto
assaggiarla? Tanto più che con generosità e altruismo l'aveva pure
condivisa; che si tratti di sottrarre l'esclusività della conoscenza
al Creatore o che si debba soggiacere a una forza che regola i
movimenti dei pianeti e le maree, è la mela la responsabile. Stava
forse Newton sotto un albero di cachi? - diciamolo, sotto un cachi al
massimo avrebbe trovato una nuova ricetta per la marmellata – ma
essendosi trattato di un melo, ora sappiamo perché siamo costretti a
stare ancorati al suolo, almeno qui, sulla terra. Se poi prestate
ancora maggiore attenzione, la mela per antonomasia è lucida e
rossa, mai una cotogna, una renetta o una golden delicious. Il frutto
del peccato è sempre rosso come la passione. Le altre, somministrate
in mono dose quotidiana, al massimo possono togliere il medico di
torno, non c'è confronto. Perfino quando per invidia viene donata
avvelenata è rossa e croccante. Eppure, malgrado queste premesse,
avete mai trovato una storia che inizi con "C'era una volta una
mela"? Così oggi restituiamo dignità al frutto che fino a ora
ha ricevuto innumerevoli candidature all'Oscar come miglior
interprete non protagonista ma non ha mai ritirato il premio,
nonostante avesse in serbo uno di quei discorsi di ringraziamento che
restano nella storia degli Academy Awards, e iniziamo questa storia
così: "C'era una volta una Mela", e concediamoglielo pure:
"C'era una volta una Mela Rossa". Era una piccola mela
rossa che, sul finire dell'autunno, quando le altre erano già state
tutte raccolte e mangiate o divenute confettura per l'inverno o,
disposte nel buio e fresco delle soffite, profumavano l'aria in
attesa di essere consumate, stava ancora sul ramo di un grosso melo.
Un ramo troppo alto ed esposto a nord perché valesse la pena di
rischiare il collo per una meletta che aveva preso troppo poco sole.
Il melo stava nei pressi di un muretto a secco in una cittadina di
cui non menzionerò il nome per non distogliere l'attenzione del
lettore dalla Protagonista. Dirò tuttavia, per rigore di narrazione,
che melo e cittadina si trovavano a nord della Francia e che la
storia data alla fine del 700 del secolo scorso. Una di quelle
cittadine con le case di pietra arroccate su una dolce collina.
Nonostante alla fine dell'autunno lì a nord solitamente soffiasse un
vento che al solo citarlo ti si seccano le labbra, stranamente quel
giorno un sole sfrontato baciava scaldandoli i muri delle case,
riuscendo perfino a intiepidirli, Dopo pranzo quindi un uomo, che
resterà anonimo come la cittadina in cui viveva, pensò si andare a
scaldarsi le ossa al sole, spolverò di talco la sua parrucca, e la
calzò sul capo, si diete una rapida occhiata allo specchio e si
sorrise. Erano belle le giornate in cui uscire senza doversi
preoccupare che quel vento maledetto che spirava da nord venisse a
strappargliela dal capo svelando la sua calvizie incipiente
precipitandolo in uno stato di imbarazzo. Non era più giovine ormai
quell'uomo, non era un pover'uomo e il suo stato patrimoniale gli
consentiva di godere ancora delle attenzioni di qualche concittadina,
pronta a chiudere un occhio sul cranio lucido che doveva esibire
nell'intimità dell'alcova e sulla pinguedine che gli arrotondava da
anni i fianchi che veniva interpretata come il segnale della sua
agiatezza. Dopo quell'ultimo sguardo furtivo allo specchio dunque
l'uomo si incamminò per la strada principale della sua cittadina. Il
sole al suo culmine in quel primo meriggio, gli aveva consentito di
disfarsi della livrea una volta giunto in prossimità del muretto a
secco dietro al quale si ergeva il grosso melo, poiché era rimasto
comunque in forze si issò sul muretto lo sguardo verso l'orizzonte
rimuginando sulla gestione dei suoi beni quando sentì una voce
sottile che lo chiamava: "Signore, Eccellenza, buon uomo, dico a
Lei". L'uomo si girò più volte a cercarne la provenienza.
Apparteneva a qualcuno sicuramente vicino alla sua postazione, forse
alla donna che stava ora chiudendo la finestra dopo aver sbattuto un
cencio, ma no non poteva trattarsi di quella, conosceva quella donna,
aveva una possente voce di contralto che la faceva spiccare fra le
altre nel coro della Cattedrale, e poiché non scorgeva nessuno nelle
vicinanze a cui la vocina potesse rivolgersi, pensò, a buon diritto
che si rivolgesse a lui. Restava tuttavia da capire chi lo chiamasse.
Pensò perfino che si fosse trattato di un'illusione e stava per
tornare ai suoi pensieri quando ecco che la voce riprese: "Scusi
Signore, mi aiuti, più non reggo". L'uomo agitato per le ultime
parole pronunciate dalla voce levò verso l'alto il capo poiché ora
gli parve che il richiamo provenisse da posizione più elevata
rispetto alla sua. Fu così che scorse la piccola Mela Rossa
tremolante su quel ramo così alto. "Finalmente mi avete
intesa!", disse la Mela Rossa". "Dite a me?"
Replicò l'uomo dal muretto pensando di aver ecceduto a pranzo con le
libagioni senza rendersene conto. "Vedete forse qualcun altro
nelle vicinanze a cui potrei chiedere soccorso?" effettivamente
sulla via principale di quella cittadina della Francia in quel
pomeriggio di fine autunno non si scorgeva nessuno, si intuiva un
passeggio più in lontananza tra le case, ma nessuno così vicino da
poter fungere da interlocutore per la Piccola Mela. L'uomo a cui le
buone maniere non facevano difetto, per educazione familiare, disse
dunque "In cosa posso servirla Piccola Mela?" Quella tra sé
pensò di non aver errato attendendo l'arrivo di quel Signore prima
di esplicitare i suoi timori. Poco prima infatti era transitato di
corsa un monello e subito dopo una lavandaia col cesto del bucato.
Del primo non c'era di che fidarsi, la seconda sarebbe stata un
approdo sicuro, ma andava così di fretta che la piccola Mela Rossa
non aveva osato chiedere il suo aiuto. "Vede Eccellenza –
meglio essere magnanimi quando si è in cerca di aiuto – sono stata
abbandonata qui sola soletta, piccola e indifesa, ho resistito al
vento che soffiava incessante nei giorni scorsi, ho combattuto perché
gli uccelli non facessero scempio delle mie carni, ma ora più non
reggo, devo scendere dal ramo. Perché tanta fatica se ora devo
precipitare al suolo e aprirmi in due spirando di morte violenta?"
L'uomo pensò che quel discorso non faceva una grinza, la piccola
Mela Rossa aveva le sue indiscutibili ragioni. "Dunque"
rispose egli, "Cosa vi gradirebbe per sorte?". Dall'alto
del ramo, evidentemente ormai esausta la Mela Rossa rispose
:"Condividere la stessa sorte delle mie sorelle maggiori e più
belle, non vi è dubbio alcuno" L'uomo sorrise, non era poi tipo
di grandi pretese questa piccola Mela Rossa, semplicemente non voleva
subire discriminazioni. "E dunque sia, lasciatevi cadere, le
suggerì dunque" Si levò dal capo la parrucca mentre quella
spiccava il salto. La prese al volo accolta come in un nido. La
lucidò e ne gustò un morso: era il frutto più succoso e dolce che
avesse mai assaggiato.</p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-6655860608286534236.post-32036403086526728432023-07-01T18:00:00.006+02:002023-07-01T18:00:47.733+02:00La chiara notte<p> </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuE0KS_2Zdn2UXjrEVkpb3W5n6Guzo66_-qj84MRZ2X0ascBz-7Ig1x4crzCqBhMRcS4gDA_3zE14eq8IXDCq6q84-s0gBcSug5seHjJ5IolEdIncsJl81ZMmckDZhImYY0FevRP1qNnMXXsgdlBK6MG0bj65GANvXv4jhPl-SNKovz-6vpFZPZ-GWEWA/s1089/Screenshot_20230701_135924.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1089" data-original-width="1080" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuE0KS_2Zdn2UXjrEVkpb3W5n6Guzo66_-qj84MRZ2X0ascBz-7Ig1x4crzCqBhMRcS4gDA_3zE14eq8IXDCq6q84-s0gBcSug5seHjJ5IolEdIncsJl81ZMmckDZhImYY0FevRP1qNnMXXsgdlBK6MG0bj65GANvXv4jhPl-SNKovz-6vpFZPZ-GWEWA/w396-h400/Screenshot_20230701_135924.jpg" width="396" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Quint Buchholz </td></tr></tbody></table><br /><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Era la notte del 23
Giugno, nella piccola casa di legno a nord del pianeta Terra, la luce
del giorno senza notte non era bastata: dall'esterno, al piano
superiore della casa, si intuiva la smania di un insonne, la luce di
un abat jour faceva a gara con quella di un crepuscolo che era ormai
quasi alba. Come ogni anno i fiori erano stati raccolti, l'acqua
versata nel bacile, le erbe aromatiche accuratamente selezionate e
infine l'acqua di San Giovanni era stata posta all'esterno, oltre il
portico a imbibirsi di rugiada. Il rito propiziatorio di saluto
all'estate si era consumato ancora una volta. Quell'anno la luna era
piena, il trionfo della luce dopo il profondo buio dei mesi
invernali. L'uomo aveva abbandonato più volte il libro affianco a sé
sul letto sperando di scivolare nel sonno. Aveva sentito lo
zampettare del corvo che abitava sul suo tetto: anche lui
evidentemente non trovava pace confuso dal persistere del chiarore.
Ogni volta, l'insonne, era caduto invischiato in un sogno che presto
si era spezzato, soccombendo a un sonno troppo lieve; la veglia
appiccicosa gli riapriva le palpebre a ogni frusciare di foglia, a
ogni suono minimo. Viveva in quel tipo di casa sempre desta,
scricchiolii, schiocchi di legno che risponde all'umidità, alla
temperatura e se ne lamenta come un anziano dello scorrere del tempo.
La casa poi si ergeva in una radura del bosco che non conosceva
silenzi assoluti. Ora, desto, ricordava la presenza di un orso
polare, l'orso aveva fiutato la preda in lontananza e pazientemente
stava braccando un'otaria, quando un nuovo rumore minimo, lontano,
uno di quei rumori che solitamente la sua mente incasellava come
privi di significato, senza destare allarme, lo aveva strappato
all'osservazione dell'orso e la preda di quello era scivolata via
sinuosa nell'acqua gelida dell'Artide. Da qualche parte, ancora più
a nord, un orso polare avrebbe patito la fame e un'otaria, ignara
della sua fortuna, avrebbe celebrato un altro tramonto. L'uomo
riprese il libro ma non riuscì a farsi trasportare dalla storia che
narrava; inanellava pensieri come un fumatore annoiato fa con il
fumo, poi li guardava dissolversi uno dietro l'altro concentrando
immediatamente l'attenzione sul successivo senza soluzione di
continuità. Poi, pensando agli oneri della giornata imminente
concesse al sonno ancora una chance. Dopo poco in un'alba africana,
calda ma non ancora torrida, si consumò la lotta, per ingraziarsi
una femmina ,di due rinoceronti. Con supponenza tipica dei giovani,
lo sfidante attaccò e riportò in poco tempo due profonde ferite
sul fianco. Un nuovo scricchiolio della casa ristabilì la vecchia
egemonia. L'uomo aprì gli occhi: ancora per quest'anno il vecchio
esemplare di pachiderma avrebbe goduto dei favori della femmina che
aveva assistito alla battaglia, il risveglio non consentì rivincite.
A questo punto l'uomo cedette all'evidenza: il sonno non sarebbe più
arrivato. Posò il libro sul comodino, si alzò, raggiunse il bagno,
poi decise di scendere. Aprì la porta a quella luce irreale e scese
a osservare erbe e fiori galleggiare nell'acqua. Si stropicciò gli
occhi: sul prato umido di rugiada un rinoceronte e un orso bianco
giacevano profondamente addormentati. Salì nuovamente in camera da
letto prese un plaid e un cuscino e tornò da basso sul prato. Si
coricò sul rinoceronte e finalmente il sonno lo accolse</p>amandahttp://www.blogger.com/profile/14842221253062393109noreply@blogger.com8