Il paradiso delle navi

 


Kalaillustration 





Quando Finley Barrows salì a bordo della Black Seagull il suo bagaglio constava di pochi anni e troppa vita. Non che in generale la vita di quei tempi fosse una passeggiata nella bambagia per chiunque, ma il racconto dei suoi pochi anni sarebbe stato gravoso anche per orecchie mature allenate agli stenti di allora. Chi aveva battezzato il veliero doveva essere particolarmente spiritoso o molto sbronzo fatto sta che il galeone solcava i mari da oltre tre lustri quando Finley fu annoverato tra i membri del suo equipaggio: quell'unico esemplare di gabbiano nero non temeva le tempeste, i marosi e neppure le rocce affioranti. Una volta salito a bordo fu chiaro a tutti che quel ragazzino non era un moccioso e che le sue parole portavano a domande mirate e pertinenti, richieste motivate e che aveva sete di imparare e sapeva stare al suo posto senza che nessuno dovesse spiegargli quale fosse. Piacque quindi a tutti, dopo il tempo necessario ai veterani a testarne la resistenza, dato che non esiste gruppo, specie maschile, che non sottoponga a giudizio categorico e insindacabile coloro che, volenti o nolenti, chiedano di entrare a farne parte. A tutti, in verità eccetto a quel Patrick Sullivan, di poco più vecchio di lui, che solo dal viaggio precedente faceva parte della ciurma e che non aveva superato con lo stesso unanime consenso il giudizio degli uomini di bordo diventando quindi vittima di continue vessazioni. D'altra parte il povero Patrick tutto poteva diventare fuorché un uomo di mare dato che aveva radici fonde nella terra, ma i Sullivan avevano otto bocche da sfamare e quando avevano saputo che al porto era attraccato un galeone che cercava uomini per un nuovo viaggio lo avevano portato giù al molo quasi di peso poiché non era il più grande, che già aiutava nei campi, non era una femmina e quindi non sarebbe andato a servizio presso le famiglie dei signori e non era tra i più piccoli ancora bisognosi di cure. Finley aveva imparato a tenersene alla larga molto velocemente, riconoscendo nel suo sguardo i segnali di una sottomissione che covava un doloroso rancore pronto ad esplodere. A bordo della Black Seagull il tempo era scandito nelle giornate di buon vento e mare calmo da ritmi ordinati, le giornate di bonaccia acuivano i sensi, iriflessi cangianti sull'acqua, lo studio delle costellazioni, i versi degli uccelli quando la riva si faceva più vicina. A bordo aveva imparato a leggere, scrivere e a far di conto grazie al capitano a cui pareva di seminare bene insegnando a quel ragazzo schivo e veloce, sedando in questo modo i sensi di colpa nei confronti dei figli cui pagava un istitutore ma che ormai non ricordavano più neppure i tratti del suo viso, mentre luiserbava memoria di due volti che il tempo aveva irrimediabilmente mutato in due giovanotti estranei. Finley cominciò a tenere un diario che tutto era fuorché un diario di bordo: iniziò ad ascoltarsi e mise sulla carta ciò che sentiva. Fino a quel momento l'attenzione costante sull' esterno gli aveva consentito di mantenersi vivo, ora quelle lunghe giornate tutte uguali gli permisero di focalizzarsi su se stesso. In Finley sentimenti estremamente infantili si mescolavano a consapevolezze adulte che lo inducevano a esprimere sulla carta, in quella sua lingua ancora formalmente acerba, struggenti melanconie per qualcosa di irrimediabilmente perduto. A questo si univa lo stupore delle scoperte che le letture e l'osservazione gli consentivano di acquisire. Fu una notte mentre la Black Seagull a largo della Scozia veleggiava verso sud che il mare in burrasca fece decidere al capitano di puntare verso la terra ferma: avrebbero gettato l'ancora in attesa di un tempo più favorevole per concludere il viaggio. Quando le alte scogliere erano ormai in vista, d'improvviso il vento si calmò e sul tratto di mare calò una nebbia fittissima. Finley sentì gli uomini più esperti bestemmiare, chiese allora spiegazioni, quelli agitati dissero che quando era calata la nebbia si trovavano all'imbocco dello stretto di Jura e che se aveva un dio da pregare era meglio che lo facesse, quel tratto di mare era insidioso anche nelle migliori condizioni atmosferiche. Patrick iniziò quindi a piangere sommessamente. Finley appurato di non poter essere di alcun aiuto si ritirò in un angolo con la candela a scrivere il suo diario. Il capitano e gli uomini si davano voce. Ed è in quel grigio denso che trasformava l'acqua in piombo, il cielo in latte inchiostro, che apparve: immensa, le gote rosate, il volto angelico, il lunghi capelli semi sommersi, la mano sul grembo, materna ma allo stesso tempo sensuale. Finley scrisse "la madre" , poi tracciò una riga su quel termine e lo sostituì con donna e ne fu attratto per la prima volta come un uomo, desiderava accedere a quel grembo accogliente. Poi un crepitio, le urla, poi il nulla. 

Commenti

  1. Ecco, è proprio per quello che è successo che se c'è burrasca la cosa migliore è star lontani dalla terraferma.

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    1. Beh li facevo gettare l'ancora al largo ma senza attraccare, ci avevo pensato, ma poi il mare si calma e cala la nebbia

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  2. Povero Finley Barrows, conosce per un attimo l'amore e viene subito risucchiato nell'universo.

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  3. Certo tra Patrick e Finley, uno a piangere l'altro a scrivere.. e gli altri a bestemmiare.. ma sta nave chi la doveva salvare?!? .. ;)

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    1. Gli adulti e il capitano che però cha preso la decisione sbagliata direi 😁

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  4. Che bello questo scritto. Non è mai bello fare paragoni, e mi limiterei e darti i complimenti vivissimi perché questo post merita molto, ma ho avuto li stessi piacevoli brividi di lettura come quando ho letto i libri di Joseph Conrad.

    Inoltre devi sapere che a metà degli anni '70 ho studiato a Genova all'Istituto Nautico San Giorgio per diventar capitano di una nave. E per quasi quattro anni ho viaggiato su alcune navi in nord Africa, nord America, sud America e in Europa (fra cui proprio il nord Europa) ed ero marinaio e timoniere. Poi ho avuto un'esperienza difficile su una nave con dei colleghi (in breve, abbiamo rischiato la vita) e quando ero pronto per fare il patentino per passare ufficiale di coperta decisi di cambiare mestiere. Non me la sentivo più di fare quella vita dura e difficile. Sono tornato a Genova e (pensa te) ho iniziato a lavorare nel teatro dal 1982 sino pochi anni fa (opera lirica, musica sinfonica, musica da camera, balletto con varie mansioni tipo assistente della direzione e altro) .

    Conosco le atmosfere che hai descritto e leggendo questo post in pochi minuti le ho rivissute.

    La grandezza della scrittura secondo me sta in queste cose.
    Un salutone e alla prossima

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    1. Beh forse era scritto da qualche parte che sarebbe stata l'arte a farti viaggiare

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    2. E infatti, dopo la vita di mare, quando ho cambiato lavoro pensavo che non mi sarei mosso da Genova. E invece ho continuato a viaggiare lavorando in varie città italiana, in Francia, in Germania e in Svizzera sino ad oltre il 2000...

      Ancora un salutone

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  5. Very Irish! Mi piace.
    "pochi anni e troppa vita" è come "troppi anni e poca vita"
    Disequilibri terribili che ti segnano.
    un saluto
    d

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