Il grande furto
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Quella sera il silenzio emetteva un rumore assordante. Era il sangue che fluiva nella vene indurite degli anziani che si faceva rombo di cascata o passo cadenzato di fanteria pronta all'assalto. E gli anziani in quel silenzio innaturale temettero che, in quel rombo assordante, qualsiasi essere vivente potesse percepire quanto veloce ormai scorresse l'orologio delle loro esistenze e ne ebbero orrore. Altrove rallentava il battito sincrono e tumultuoso dei cuori degli amanti (improvvisamente consapevoli di quel silenzio totale) che come moderni Adamo ed Eva temettero di essere colpevoli del fatto che qualsiasi essere vivente non fosse più in grado di godere delle meraviglie dell'Eden a causa del loro piacere appena appagato: la mela colta senza timore del divino. In quel silenzio denso pareva di precipitare in un pozzo senza fondo le cui pareti erano rivestite degli odori che dilagavano in assenza di altre stimolazioni sensoriali: il sentore di uova e pancetta che aleggiava nella piccola casa dopo la cena nonostante la porta e le finestre aperte, i tizzoni della legna che cessava di ardere nel grembo ancora caldo della grande stufa economica, le resine delle conifere all'esterno della casa che andavano spegnendosi lentamente dopo essere state esaltate dal calore estivo durante il giorno, perfino la nota lontana e appena accennata del profumo del bucato che non era stato ritirato. In quel pozzo non si avvertiva canto di grilli né ala di mosca vibrare, le orecchie più attente nemmeno il sonar che orientava il volo dei pipistrelli.
Fuori della casa l'aria era ferma, la luna latititava, le stelle parevano cristalli incastonati in un drappo di velluto. Il bambino avanzava tra il fogliame ma i piccoli piedi non generavano neppure uno scricchiolio, perfino loro avevano timore di violare l'assoluto. Si chinò a raccogliere qualcosa tra l'erba ancora tiepida e asciutta, poi raggiunse il luogo recondito che solo lui conosceva, scostò le fronde e comparvero decine di enormi occhi che lo osservavano. Il bambino si accostò loro senza alcun tipo di timore. Erano piuttosto i grandi rapaci - gufi, civette, barbagianni - a rimanere immobili nell'enorme voliera e con gli sguardi smarriti e diffidenti, muti, quasi annichiliti. Aprì la piccola mano e un bagliore accecante illuminò il fogliame, la voliera e gli enormi uccelli notturni, la piccola stella racchiusa nella minuscola mano sembrava donare al bambino un potere assoluto su quei giganteschi rapaci, e l'espressione della minuscola creatura ne evidenziava la piena consapevolezza. Gli uccelli, avvezzi alle tenebre, emisero all'unisono un grido terrorizzato. Nessun essere vivente avrebbe mai potuto dimenticare ciò che sciolse la densità del silenzio di quella misteriosa notte. Poi, quando ormai si pensava che non sarebbe più successo, da est si fece luce. La donna nella piccola casa nel bosco si alzò e ripetè i riti quotidiani, riempì il ventre della stufa di piccoli legnetti e fece fuoco, aggiunse i ceppi più grandi non appena il fuoco si fece più vivace, uscì e sentì i piedi inumidirsi per la rugiada del mattino, ritirò il bucato, rientrò e preparò la colazione e poi andò nella stanza del figlio e lo svegliò con un bacio. Il bimbo le disse che aveva sognato dei grandi uccelli notturni. La donna gli accarezzò il viso e gli disse "Ancora lo stesso incubo, povero il mio bimbo, su alzati ti aspetto in cucina per la colazione" poi si alzò dal letto e gli voltò le spalle. Il bambino prese da sotto il cuscino qualcosa, che teneva chiuso nel minuscolo pugno. La donna non poté scorgere l'espressione del figlio, forse avrebbe rammentato l'incubo con quel grido atroce che lei stessa aveva fatto quella notte. Nessuna femmina vivente sarebbe mai più stata tranquilla accanto al frutto del suo grembo dopo aver scorto quell'espressione. Ma lei, ignara, uscì dalla stanza e mise a scaldare il latte. Il sole stava asciugando l'erba.
Adoro i i silenzi assordanti, tanti me li dona l'acufene col quale ho imparato da anni a fare amicizia. Lui racconta ed io ascolto. A volte è mare, altre cielo imbronciato, altre ancora quel denso sussurrare racconti fantastici. Ed io a leggere vorace.
RispondiEliminaPer quanto riguarda l'acufene sfondi un portone: non solo ne soffro, ma sono il medico che se ne occupa 😂
Eliminae io mi accodo con l’acufene, però dai ormai è quasi mio amico
RispondiEliminaQuei silenzi però...
Già, quei silenzi ❤️
EliminaMi ha molto colpito la frase "Il timore di violare l'assoluto". Ritengo sia l'essenza stessa del sacro. Grazie. d
RispondiEliminaUn po' anch'io, grazie a te Daniel
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