Il primo giorno di scuola
Kalaillustration |
Erano passati centododici anni, sette mesi e ventiquattro giorni dall'evento che gli umani ricordavano come "Notte della Trasmutazione". L'umanità poteva ormai considerarsi pacificata con il cambiamento e questo era avvenuto mediante un lento e progressivo adattamento reciproco che all'inizio era dovuto inevitabilmente passare attraverso la presa di coscienza del fatto che, in una sola notte, la popolazione umana si fosse scissa in due generi differenti, entrambi avevano conservato sembianze umane, ma oltre a ciò, nulla era più stato come prima.
Quella notte di poco più di un secolo prima, il fragore era stato il primo segnale del cambiamento: schianti, botti, cedimenti, boati grandi e piccoli si erano succeduti di città in città, di Paese in Paese, di continente in continente. Il panico si era diffuso, molti erano scesi in strada pensando a un terremoto. Ma c'era, tra tutti, un gruppo di persone che, in quello stesso momento, era in preda a un panico ben più grande. Gli epidemiologi e i ricercatori che in seguito avevano analizzato dal punto di vista genetico, biologico, medico, evoluzionistico il fenomeno, avevano stabilito che a quel gruppo apparteneva circa un ottantesimo degli umani viventi quel giorno sul pianeta terra. Costoro, addormentatisi una sera come tante, si erano ridestati nel corpo di un gigante. La trasformazione era avvenuta del tutto casualmente: una giovane marocchina, un anziano slovacco, un neonato cinese. Indipendentemente dal genere, dalla condizione sociale, dal credo religioso e dal grado di istruzione. Improvvisamente qui o là, in giro per il mondo, i boati che erano stati percepiti da tutti gli esseri viventi e che avevano seminato il panico (un caos di urla, guaiti, latrati, muggiti, belati) segnalavano, di fatto, il crollo di una culla, lo schianto di una sedia, il cedimento di un solaio di una casa di legno, lo sconquasso del tettuccio di una macchina, incapaci di contenere e sopportare il nuovo essere enorme, risultato della trasformazione.
Facciamo l'esempio del neonato cinese, immaginate di essere la madre che lo culla tra le braccia, stremata tra una poppata e l'altra; nel momento del mutamento la poveretta rischiò di soccombere al peso dell'esserino che solo pochi giorni prima teneva in grembo. Questo tanto spaventoso quanto misterioso cambiamento non fu neppure il più drammatico anche se fu il primo a palesarsi e non poteva essere altrimenti tanto la variazione era macroscopica. La reale, estrema, irreversibile scissione si apprese nel tempo: infatti, mentre coloro che quella notte non si erano ingigantiti continuarono a nascere, crescere, riprodursi, invecchiare e morire, come ogni essere vivente aveva fatto da sempre, il popolo dei giganti rimaneva immutato nel tempo: la smisurata crescita li aveva congelati a quella precisa tappa dell'esistenza, per sempre. Rimanendo al neonato cinese, quello era ancora tale centododici anni dopo, nonostante i suoi genitori, i suoi fratelli e perfino alcuni dei figli di quelli fossero già morti da tempo. Questo enorme lattante, come pure l'anziano slovacco e la giovane marocchina erano rimasti lì come un curioso e straordinario patrimonio dell'umanità. Questo non aveva reso, soprattutto a coloro che al momento della trasformazione avevano raggiunto l'età della ragione, la vita semplice. Il mondo si era suddiviso in un "noi" e un "loro", avevano perso in una notte la casa, il lavoro, la famiglia, gli affetti e soprattutto se stessi. Diversi giganti non avevano retto allo stress e alla disperazione e avevano preferito porre fine a quella loro interminabile esistenza in cui non si riconoscevano. Poi la scienza era corsa in loro soccorso, all'egoistico scopo di preservare una fonte di studi che, specie ai primi ricercatori, erano valsi innumerevoli pubblicazioni su riviste prestigiose. Un genetista trasformato si era immolato e nel compiere l'atto estremo aveva donato il suo gigantesco corpo alla scienza. I bambini giganti erano stati affidati a giovani adulti passati per la metamorfosi con grande strazio per i genitori che non avevano subito la stessa sorte; comprendevano l'inevitabilità del gesto ma non di meno rimanevano sconvolti, soprattutto quando divenne evidente che tra lo scorrere del tempo degli uni e l'immutabilità degli altri, i destini andavano divergendo come le lame delle cesoie da giardinaggio.
Dunque quel mattino, come innumerevoli altri da oltre un secolo, Giovannino si era alzato, aveva fatto colazione, la sua colazione preferita preparata amorevolmente per lui dal suo babbo adottivo che usciva di casa dopo la moglie, aveva indossato i suoi smisurati indumenti e si era messo lo zaino sulle spalle. Uscendo di casa aveva indossato il cappellino. Una nuvola piccola e candida si era poco dopo addensata sul suo capo, come avviene spesso sulle vette delle montagne quando le brume della notte cedono il posto ai primi caldi raggi di sole. Era per lui una giornata speciale, il sorriso gli illuminava gli occhi di uno stupore bambino, l'attesa che prelude il nuovo: quel giorno, come sempre, era il suo primo giorno di scuola.
Giuro l'ho copiato dal mio file come al solito, non so perché blogger lo evidenzia come se avessi commesso un furto
RispondiEliminaE buona Pasqua a tutti 🐥🐤🐰🌷
RispondiEliminaUna crescita rallentata che in centodieci anni te ne fa fare sei, come in altri racconti non è la fantasia che mi colpisce ma il raccontare lubrificato, far scorrere il racconto senza intoppi con la voglia di arrivare all'ultima riga per avere svelata la sorpresa.
RispondiEliminaIo sono uno che legge parecchio e non scrive più perchè ho scoperto che è meglio che leggo te piuttosto che scrivo io.
Ma che sciocco a me piaceva leggere i tuoi amarcord 😁, comunque grazie mille per la fiducia e la costanza
EliminaVale a dire che mi dai dello scemo anche quando scrivo cose sensate
EliminaSemplicemente dico che mi piace leggerti
EliminaUn mondo da riformulare, mentre intenso ed eterno rimane il fascino della tua scrittura, che abbina lo stile e la finezza alla creatività. Io ad esempio stupisco spesso per le mie invenzioni, ma le ritrovo grezze e spigolose mentre mi accomodo fluido nelle tue fascinose ed eleganti esposizioni.. una Serena Pasqua!
RispondiEliminaGrazie Franco e buona Pasqua anche a te
EliminaProvo sempre meraviglia a leggere i tuoi racconti. Questo poi... E Giovannino chissà quanti primi giorni di scuola avrà vissuto eppure sempre stupore bambino.
RispondiEliminaSempre 🤗 grazie Alberto
EliminaE io che speravo fino all'ultima riga che il tutto si sarebbe ritrasformato nel prima. :)
RispondiEliminaInguaribile ottimista
Elimina