Dancing on the river
Quint Buchholz |
Il battello sarebbe salpato alle quattro del pomeriggio ma l'uomo aveva iniziato a prepararsi alla partenza di buon mattino. Non aveva avuto bisogno che la sveglia suonasse, lo aveva svegliato l'attesa. Si era quindi alzato e concesso una lunga doccia alla fine della quale aveva girato la leva del miscelatore verso l'acqua fredda, non tanto per svegliarsi, era infatti perfettamente presente a se stesso, quanto sperando di smorzare l'ansia che già andava soffocando la speranza. Si sarebbe sbarbato però molto più tardi nella giornata. In cucina aveva acceso la moka dopo aver addentato una mela ancora avvolto nell'accappatoio. Fuori dalla finestra di quella casa che lo ospitava ormai da tre giorni, scorreva lento il grande fiume. Da lassù l'altra riva sembrava una terra selvaggia. La riva boscosa non lasciava intravedere nessun oltraggioso segno di "civiltà". Era proprio per quello che l'aveva scelta. Un lampo fugace della sua memoria gli aveva consegnato quel luogo intatto e, nel fissare su una mappa virtuale la bandierina, prima di premere il tasto "invio", aveva in cuor suo sperato che nulla fosse cambiato dal giorno in cui, anni prima, quel luogo lo aveva affascinato. La lettera, volutamente, non prevedeva risposta. Ora il giorno era giunto. Scese in strada con l'idea di prendere un giornale, camminò a lungo prima di trovare un'edicola. Andavano scomparendo così come era avvenuto per le cabine telefoniche. Aveva portato con sé un libro ma per quanto ci provasse e nonostante lo avesse catturato durante il viaggio che lo aveva portato alla città fluviale, quel giorno non c'era verso di riuscire a leggerlo. Quando trovò il giornale si recò al parco, sedette all'ombra e finse di leggerlo, saltabeccava di articolo in articolo. Da un lato non riusciva a concentrarsi, dall'altro non voleva, in quelle ore, lasciarsi permeare dalla torbida melma delle notizie di attualità. Pensava al "se" e al "come" di quello che di lì a poche ore lo attendeva e tutto questo lo faceva sentire estremamente vigile: i sensi in allerta nei confronti del mondo esterno ma anche pronto a cogliere qualsiasi variazione che lo inducesse a disattendere egli stesso alla promessa. Aveva lasciato in camera l'orologio conscio del fatto che avrebbe continuato inevitabilmente a osservare il rallentamento dello scorrere del tempo. Quando la campanella della scuola elementare, che affacciava sul parco, suonò la fine delle lezioni si alzò e rientrò nell'appartamento. Si preparò un pasto frugale. Si coricò sul letto vestito, cercò di regolare il ritmo del cuore a quello del respiro, gli sembrò un esercizio futile tuttavia si attenne alla regola che lo spingeva a contare quattro tempi inspirando e otto espirando. Accese la vecchia radiosveglia regolata su una stazione locale di musica. Alle tre si alzò. Prese dal piccolo armadio il completo con la giacca che aveva deciso di usare per l'occasione, lo stese sul letto, meditò se indossare la cravatta ma si sarebbe sentito falso poiché non l'aveva mai indossata in vita sua e quel giorno non voleva indossare alcuna maschera che desse di lui un'immagine che non gli apparteneva. Si sbarbò con cura dopo aver inserito una lama nuova nel rasoio. Si rinfrescò, indossò l'abito, si pettinò. Uscì e si recò all'imbarcadero. Aveva pattuito l'ora e la cifra con il traghettatore il giorno stesso del suo arrivo avendo scoperto che non esisteva più il servizio fisso, dal momento che era stato varato un ponte che qualche decina di chilometri più a valle collegava le due rive lì dove entrambe erano abitate. I due uomini si salutarono con un cenno del capo e il battello salpò non appena fu salito a bordo. Giunti sull'altra riva, convennero che la barca sarebbe ripartita per tornarlo a riprendere al tramonto. Fece qualche passo lungo l'argine che a tratti pareva piuttosto accidentato. Non c'era anima viva, solo lo stridio di qualche gabbiano che sorvolava il verde delle chiome degli alberi che si riflettevano sull'acqua. Trascorsero i minuti e poi la prima ora e pensò che era stata una follia l'appuntamento, la scelta del luogo, l'essersi lasciato prendere la mano da quel gioco di seduzione. Le parole scritte nei mesi erano suonate per lui più reali di ciò che vista, tatto, udito e olfatto avrebbero potuto suggerirgli durante un normale incontro. Si sentì vecchio e sciocco. Fu allora che vide un piccolo barchino da pesca a remi costeggiare la riva da valle e dirigersi verso di lui. Il pescatore aiutò la donna a sbarcare non appena giunti all'approdo e presto si allontanò. I suoi capelli biondi scintillavano alla luce ormai quasi radente del sole, le arrivavano alle spalle, le due ciocche anteriori erano raccolte sulla nuca con un semplice fermaglio. Indossava una maglia di lana leggera, scollata sulla schiena e una gonna morbida poco sotto al ginocchio. Trovò magnifica quella sua semplicità, quasi che anche lei avesse voluto disvelarsi esattamente per com'era e quando levò gli occhi si regalarono un sorriso. L'uomo non si tolse il cappello e non per maleducazione bensì perché temette di sentirsi ancora più nudo di come quel sorriso lo aveva lasciato. Passeggiarono sulla riva, si raccontarono con le mani, gli occhi e le bocche quello che le parole scritte non avevano saputo ancora dire. Quando il battello tornò e furono saliti a bordo la radio era accesa, iniziarono a ballare senza bisogno di parlare mentre la barca scivolava lentamente verso l'altra sponda.
L'incipit è molto manganelliano (l'ennesima centuria per capirsi), poi riguardo l'illustrazione e a ritroso cerco di individuare tutti quei dettagli da cui la storia si imbastisce, investe sull'anima di questo signore, si aggrovoglia di attesa e tensione, un sogno "vecchio e sciocco" come lui a scommettere sullo stupore e la bellezza. Vincendo.
RispondiEliminaSempre molto lusingata
EliminaBruno Ganz e Catherine Deneuve…
RispondiEliminaVero!
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