Fuoco fatuo

 

Tommaso D'Incalci








La vita del Capitano di lungo corso Venanzio Vendraminelli era paradigmatica del fatto che a certe domande è quasi impossibile rispondere. Domande  che spalancano abissi oceanici a cui seguono risposte ondivaghe ed evanescente come la schiuma di un cavallone che si infrange sulla riva. Eppure i filosofi non smettono di cercare spiegazioni, com'è giusto che facciano i saggi: l'uomo ha una via obbligata dal fato? Ha talenti innati ed è quindi predestinato? Agisce secondo il libero arbitrio? Forse i filosofi sono bambini cresciuti senza che in loro si sopisse la fase dei perché. Venanzio Vendraminelli era nato nel fondo di una valle ai piedi delle Alpi, stretta, stretta, un posto più lontano dall'idea di mare non è nemmeno immaginabile. I primi anni della sua vita, in inverno, erano stati privi di tramonti: il sole spariva dietro alle montagne poco dopo che da quelle si era affacciato, semplicemente la luce si spegneva, non che d'estate la cosa fosse diversa solo durava un po' di più. Venanzio era un ragazzino inquieto e curioso, cosa che potrebbe far scorgere il nocciolo di una predisposizione: all'età di sei anni si recò in un giorno d'estate da solo nella stazione della sua piccola cittadina per guardare i treni e lì per lì decise che avrebbe voluto capire com'era viaggiare su un treno. Si accodò a una signora in salita con numerosi bagagli e salì aiutandola, come poteva, a caricarli a bordo, il capotreno pensò che fosse il figlio della donna e quando dopo circa due ore passò a chiedere il biglietto, lui era in bagno e comunque, data l'età avrebbe viaggiato  gratuitamente quindi non sorsero né dubbi né domande, e qui possiamo parlare di fato. Giunse quindi alla stazione d'arrivo del treno e poi, dato che il viaggio gli era piaciuto molto, in quella grande stazione salì su un altro treno e poco dopo si addormentò vicino ai membri di una famigliola e quando si svegliò fuori vedeva il mare, appiccicò il naso al finestrino e quella massa fluida in continuo movimento, quello scintillio delle onde, quegli orizzonti sterminati piantarono un seme nel suo tenero cuore. Intanto nella cittadina sotto ai monti si era scatenato l'inferno, una volta dato l'allarme squadre di volontari stavano cercando Venanzio sui monti, nei dirupi, nei boschi, ipotesi sempre più tragiche devastavano il cuore dei suoi famigliari, fino a quando un conoscente di un lontano parente corse a riferire di averlo visto quella mattina alla stazione, era stato un attimo, quando si era nuovamente voltato era sparito. Venanzio intanto era sceso alla stazione successiva, una di quelle sulla litoranea e stava seduto su una panchina incantato a guardare il mare, era passata da un pezzo l'ora di pranzo e perfino ai bambini più curiosi a un certo punto viene fame, ma lui non aveva nemmeno un soldo in tasca e iniziò a piangere, così il capostazione si avvicinò e gli chiese se si fosse perduto. Venanzio raccontò il suo viaggio, la famiglia fu avvisata e a Venanzio, una volta sfamato dal capostazione che, figlio di pescatore,  faceva una delle più buone zuppe di pesce della costa, fu concesso di attendere l'arrivo della famiglia nell'ufficio della Polfer che aveva una piccola finestra vista mare. A questo punto tra zuppa e vista mare si potrebbe tirare in ballo il condizionamento ambientale. Ma se invece di un treno diretto al mare fosse salito su un treno diretto in un' altra città? Sarebbe cambiato il corso della sua intera esistenza? Fatto sta che fu il primo iscritto al liceo nautico della sua città, anzi della sua provincia e sicuramente non si può che invocare il libero arbitrio visto che tutta la famiglia cercò di farlo desistere e che proseguì gli studi grazie a diverse borse di studio .Si imbarcò su barche e poi su navi di stazza sempre maggiore e quando tornava a trovare genitori su per quella stretta valle scherzando qualcuno sosteneva che, essendo lui nato in estate, doveva essere stato scambiato in culla con il figlio di qualche villeggiante, nato in anticipo lassù tra i monti. Passò la sua intera esistenza sul mare che considerava la sua casa e quando andò in pensione si stabilì in un piccolo alloggio sulla costa dove poteva respirare l'aria di mare e godersi orizzonti ampi dove cielo e acqua si fondevano. Quando poi morì è tra le onde che volle essere sepolto. Qualcuno giura che durante le notti stellate sale tra i flutti una fiammella, i pesci la osservano incuriositi, l'anima Venanzio Vendraminelli torna in superficie a orientarsi con le stelle: fuoco fatuo di mare.






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