Margini
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Marco Ieie |
Bar Nash amava i margini, li amava con la stessa intensità con cui si può amare una persona cara, il cucciolo che ti accompagnerà per un tratto di vita rendendola migliore, un libro che ti rimane nel cuore. Ai margini di un bosco sentiva di essere attratto in ugual misura dal lato buio, fresco e umido del fitto fogliame e anche dall'altro dove la luce improvvisa ferisce gli occhi e inventa mille sfumature di verde. Ai margini di una pagina scritta sentiva di poter vergare liberamente i suoi pensieri tanto più evocative erano state le parole dell'autore appena lette. Ai margini di una via poteva lasciarsi trascinare dal flusso di auto o pedoni tanto quanto essere libero di imboccare il primo vicolo, a lui sconosciuto, che lo avrebbe portato a destinazioni insperate. A volte sistemava ai margini di un tavolo o di un comò, oggetti per lui preziosi: gli sembrava che in quella posizione eccentrica risaltasse maggiormente la loro unicità; poggiati su un solido ripiano ma bisognosi della dovuta cautela affinché non si frantumassero al suolo a causa di una manovra avventata. Per questa sua passione Bar Nash non pianificava mai una giornata, il lavoro, un viaggio. Ma potete credermi non viveva ai margini della propria esistenza, diciamo che ne amava i bivi. Apprezzava il momento della scelta, più più propriamente l'aver imboccato una direzione invece di un'altra era il sale dei suoi giorni e ancor più l'attimo immediatamente precedente a questo quando due o più opzioni si aprivano di fronte a lui, A volte decideva l'istinto a volte aveva, come dire, la consapevolezza del suo libero arbitrio e questo generava in lui il brivido dell'onnipotenza specie al momento delle scelte più importanti. Una notte Bar Nash cadde in un sonno agitato e sognò di essere arrivato ai margini della sua esistenza e di percorrere a ritroso le strade fatte fino ai bivi e di dover imboccare la seconda opzione, quella scartata al momento della scelta. Come sarebbe stata la sua vita adesso? Nel sogno scendeva una scala incavata sul ciglio di un precipizio, poiché si trattava di una sorta di pozzo senza fondo, si era imposto di non guardare in basso se non per pochi attimi perché farlo gli dava la vertigine ma evitarlo completamente gli era pressoché impossibile. Giunse quindi al primo bivio, si trattava in realtà di una scelta banale: quella mattina, aprendo il frigo, aveva infatti deciso di fare colazione con lo yogurt invece che con pane e marmellata. Scaldò quindi il pane, spalmò la marmellata e gli sembrò di non averne mangiate di più saporite, si voltò e notò che dietro di lui la rampa in salita della scala sull'abisso era sparita, riprese quindi a scendere, al secondo bivio dovette decidere se firmare o meno un contratto di lavoro con una ditta. Al momento di decidere aveva dato importanza ai maggiori introiti che sarebbero derivati dal nuovo impiego, questa volta declinò l'offerta, ciò gli permise di manifestare in varie maniere maggiormente la sua creatività ma gli impose delle ristrettezze economiche, anche questa volta gli fui mpossibile ripercorrere a ritroso la strade e continuò a scendere, le scelte che erano state semplici si alternavano a quelle più difficili, giunse al momento in cui aveva scelto di sposarsi invece di continuare a vivere da solo, poi alla decisione degli studi fatti incalzato anche dalle preferenze dei genitori per scuole che avrebbero garantito maggiori sicurezze, la strada in discesa proseguiva, a tratti il sogno gli offriva un'ampia panoramica su quello che avrebbe potuto essere la sua vita, altre volte era come una finestra aperta e immediatamente richiusa, una sorta di camera con vista, scese e scese: chiedere trenino o costruzioni nella lettera per Babbo Natale dei suoi cinque anni? Altre minuzie della sua esistenza si avvicendarono finché giunse nel grembo di sua madre: poteva solo scegliere di non nascere, quindi cedette la via calda per l'utero ad altri ovuli fecondati e si disperse. Pensò dunque che la strada in discesa a quel punto sarebbe finita e invece no, rifece le scelte delle generazioni che lo avevano preceduto a ritroso fino a che non sapeva neppure più chi fossero gli sconosciuti che prima di lui si erano trovati a un bivio ma ugualmente visse per loro le scelte mancate, alcune furono spaventose: dovette decidere di uccidere un altro uomo al posto di colui che aveva scelto di non farlo, gli mancò il respiro quando affondò il coltello nella carne e si scoprì imbrattato di sangue, poi per fortuna rapidamente la visione sparì e riprese nuovamente la scala in discesa con la consapevolezza di vivere in un sogno che si era trasformato in un incubo, a ogni tappa cambiavano i costumi della gente che incontrava, cambiava il loro giudizio morale e lui si trovava in situazioni in cui il Bar Nash che quel viaggio aveva iniziato, si sentiva lieto di poter percorrere una scelta opposta rispetto a quella fatta da quel suo lontano progenitore. Sembrava che il sogno non avesse mai fine e cominciò a mancargli il fiato, sentiva il peso delle scelte, si sentiva attratto dall'abisso oltre la scala purché tutto avesse fine. Poi improvvisamente la stanchezza ebbe il sopravvento e percepì di non poter muovere più alcun passo, cadde stremato in un sonno profondissimo. Quando Bar Nash si ridestò gli parve di giacere in una caverna umida, si scosse, indossava la pelle di un animale, a fianco a lui c'era una lancia, la raccolse e mosse in direzione della luce che scorgeva di fronte a sé, fuori della caverna gli apparve una vegetazione lussureggiante, fiori di ogni colore, farfalle, alcune delle quali di dimensioni enormi, altre dai colori tenui e delicati, un raggio di sole lo accarezzò e si sentì in armonia con quello che lo circondava. La sua bocca pronunciò una sola parola Olam, il mondo lo stava aspettando, posò la lancia a terra e dai margini di quella foresta iniziò la sua nuova vita.
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