Piccola storia triste

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Era così che si sentiva da qualche tempo: legno di un albero che suonava vuoto. Nessuno al di fuori di lei sentiva quel rintocco sordo, eppure non aveva alcun dubbio. Non c'era armonia in quello che provava, intonazione in quello che diceva, sapore in quello che mangiava, profumo in ciò che annusava, risonanza in quello che sentiva ma non ascoltava. Quando era successo? Quando il suo canto aveva iniziato a essere calante rispetto al coro umano e quando definitivamente stonato?
Eppure la mattina si alzava o lo faceva il suo corpo per lei, quel corpo che ancora lavava, pettinava, nutriva per dignità più che per amore, perché la dignità, una volta fatta tua è un dono inalienabile per la vita. Poi andava al lavoro e svolgeva ogni mansione perché mai avrebbe voluto che la sua disarmonia divenisse un peso per gli altri, attirasse attenzioni e slanci che non desiderava. Così le giornate trascorrevano semi piene o semi vuote di incombenze che srotolavano il nastro delle ore. Pensava alla noia delle sue estati da bambina, nelle ore del meriggio quando l'afa rallentava perfino i più piccoli, ma quella noia spalancava le porte all'immaginazione, si arrampicava sulle pagine di libri appena letti per portarla in viaggio nel tempo e nello spazio. Ora invece era ancorata a un eterno presente quasi un cielo di nuvole basse impedisse di comprendere lo scorrere delle stagioni, i disegni delle nuvole, il mutare della luce. Poi un giorno aprì la gabbia del suo cuore ai picchi.

Commenti

  1. La percezione del corpo, a volte, è ciò che consente la sopravvivenza. E se si sopravvive, poi, si può tornare a vivere. d

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  2. quanti attimi così a volte in una giornata

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  3. Ti trovo particolarmente ispirata in questo periodo.
    Ho capito solo dopo tanti anni quanto fossero preziosi quei pomeriggi estivi.

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    1. Grazie! Sì si scopre tardi il lusso del vero ozio

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  4. Era un po' che i picchi bussavano e in quello stato non se n'era accorta...

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