I pomeriggi in casa Vasilyev
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Chi non è mai passato un pomeriggio per l'ora del tè da casa Vasilyev non può capire i sospiri di chi c'era nel ricordarli. L'enorme samovar d'argento troneggiava sulla tavola apparecchiata su una tovaglia di fine lino ricamato. Le porcellane di San Pietroburgo, allineate come per una parata, attendevano di essere riempite di leccornie e di un tè nero, profumatissivo che non mancava mai. Una cesta ricoperta celava piccoli panetti tondi ornati di semi di papavero e fette di un pane scuro di segale decisamente acido e speziato al cumino o ai semi di finocchio. Un burro giallo e morbido era pronto per esservi spalmato sopra. Piccole ciotole contenenti un rafano così piccante da dar "sudare" le guance al minimo assaggio, erano diposte qua e là per la gioia del padrone di casa che, oltre ad esserne ghiotto, si divertiva a scrutare le espressioni degli ospiti non abituali al primo assaggio. Croccanti cetriolini in agrodolce, salmone e caviale, disposti con maestria sul lato salato del buffet facevano da contraltare ai biscotti appena sfornati sull'altro lato, nel centro, come un arbitro, si levava l'alzata ricolma di frutta di stagione profumata e succulenta. Anton Vasilyev proveniva da una famiglia nobile che gli aveva garantito studi in Francia e l'ingresso nella carriera diplomatica. Si era innamorato di Svetlana Bogdanova ballerina del Bol'soj che, chiudendo la sua carriera con il matrimonio, gli aveva donato tre figlie prima di morire mettendo alla luce l'erede maschio che l'aveva seguita a poche ore dalla nascita. Anton Vasilyev, che si sarebbe definito un marito felice, affranto dal dolore aveva ritenuto di non essere in grado di fare il padre e invece aveva riversato sulle tre figlie tutto l'amore che si respirava unitamente alla leggerezza, in quella casa. Da subito aveva richiesto l'aiuto della cuoca Tatiana che si occupava delle cucine di casa Vasilyev da quando Anton era un soldo di cacio. Quella donna aveva saputo dargli l'affetto che Madame, sua madre, non aveva saputo garantirgli, quindi era certo che l'avrebbe aiutato a colmare il vuoto lasciato dalla consorte. Poi aveva assunto istitutori e istitutrici che le avevano introdotte alle lingue, alla letteratura, all'arte e soprattutto alla danza nella memoria della defunta. Non aveva resistito alle loro suppliche e aveva permesso loro di tenere ognuna unpiccolo aninale da compagnia: generazioni di quadrupedi animavano le giornate di quella casa. L'insegnante di danza delle ragazze mai avrebbe confessato ad Anton che le fanciulle, vuoi per costituzione fisica, vuoi per mancanza di attitudine, vuoi per scarsa applicazione, non avrebbero raggiunto i livelli della compianta madre e saggiamente, per conservare il remunerativo impiego, aveva spinto le fanciulle ad apprezzare il lato ludico ed espressivo dell'arte tersicorea invece divessarle con ripetitivi esercizi che non avrebbero comunque fatto di loro delle Etoile di un teatro dell'Opera. Liuba, la maggiore aveva preso le proporzioni dal padre e pur essendo la più dotata delle tre, a causa della mole, aveva ripiegato al desiderio di emergere nella danza e si applicava come coreografa dei balletti di casa Vasilyev , era estrosa e spesso si occupava anche di trovare i costumi e le parrucche di scena. Olga aveva un viso dolce e minuto e lunghi e serici capelli corvini così belli che Liuba le impediva sempre di raccoglierli o di coprirli con parrucche. Irina, la più piccola, sarebbe stata, per le minute proporzioni, la più adatta ad accogliere l'eredità materna ma, ribelle per natura, la usava solo come mezzo espressivo senza attenersi ai duri allenamenti che le avrebbero concesso di unire alle doti la tecnica. Tuttavia le loro esibizioni erano gradevoli , il companaticoofferto agli ospiti, all'ora canonica del tè, sempre insuperabile e i convitati accorrevano immancabilmente numerosi trasformando l'appuntamento a casa Vasilyev sempre in un evento. Anton Vasilyev sedeva su una poltrona in prima fila nel salone di casa e si godeva lo spettacolo di quella sua variopinta famiglia, l'ottobre del 17 era ancora in là da venire.
I contorni che narri vanno agglomerandosi alle illustrazioni di Kala con la stessa grazia di una risacca che guadagni il bagnasciuga..
RispondiEliminaGrazie Franco, che bel commento 🌷
EliminaAmanda scrivi proprio bene, le tue parole spesso sembrano pennellate di un quadro che riesci ogni volta ad illustrarci
RispondiEliminagrazie
Ora mi commuovo 🙈
Eliminaeh ma è vero :-)
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