Pesci rossi

 


Kala_illustrations 






Non era certo un campione di ordine e rigore organizzativo Mauro Angelini e quindi a poche ore dalla scadenza della consegna, già sollecitata due volte dal commercialista, della documentazione per l'Unico,  era lì in casa che frugava nell'armadio, nel comodino e nella cassettiera e mancava ancora all'appello la ricevuta di un versamento fondamentale per le detrazioni. Quindi mulinavano nell'aria calzini, biancheria della casa, polizze, la scheda elettorale che quando era il momento non si trovava mai, bustine di un gastroprotettore in un crescendo di moti di stizza nei confronti della Signora Mara che aveva l'unica colpa di pulire e tentare di domare l'entropia di quella casa. Naturalmente la Signora Mara si guardava bene dal mettere mano ai documenti sparsi di quel cialtrone solitario dell'Angelini e lui lo sapeva bene ma non ammetteva di doversi ritenere il solo responsabile di quel caos. Dunque era lì che ribaltava il suo universo personale quando da un buco nero di un cassetto emerse una foto ed improvvisamente, nella battaglia, fu come se si fosse levato il vessillo bianco del cessate il fuoco. Nella foto un Mauro di circa otto anni posava tra suo padre e sua madre. Sfoggiava l'immancabile caschetto biondo che il sole estivo ripristinava dopo che il colore del grano della primissima infanzia si era trasformato in un più banale castano chiaro, le ginocchia erano sbucciate come da ordinanza, le croste esibite come medaglia a dimostrazione di quanto ci si impegnava nel lavoro di bambini. Suo padre  Gino sfoggiava un paio di basette e di baffi improbabili e dei pantaloni a zampa di elefante che uniti all'età presunta di Mauro datavano la foto agli inizi degli anni 70. Se però uno avesse guardato a sua madre Luisella: calze velate color carne, toupet cotonato, l'abito sobrio e accollato del dì di festa, sarebbe stato indotto ad antedatare erroneamente la foto alla seconda metà degli anni 60. Questo non stupiva Mauro perché a casa sua era sempre stato così: la madre ancorata ad usi e costumi passati, la domenica presenziava alla santa messa col velo nero di pizzo sul capo e il padre operaio, iscritto al sindacato e mangia preti, aperto al nuovo. A osservare la foto ripiombò in quella sera di inizio settembre. A maggio in paese c'era la sagra di santa Rita patrona, poi a fine agosto la fiera campionaria precedeva di qualche giorno la Festa dell'Unità in modo che la giunta comunista della piccola città manteneva montati gli stand dove senza soluzione di continuità per quasi un mese i profumi delle grigliate di chili e chili di salsicce e costine di maiale si mischiavano al profumo dolciastro dello zucchero filato e del croccante, sopra i quali si posava come un materasso, a sigillare la cappa indissolubile, quello dei bomboloni fritti. Le discussioni politiche si coloravano di lambrusco e avevano per colonna sonora le orchestre di liscio che rientrate dalla riviera chiudevano sugli argini del grande fiume la stagione dei balli all'aperto. Quel fiume tanto amato e tanto odiato che nelle nebbie di un inizio novembre solo qualche anno prima si era rubato il poco che con sacrificio si era ricominciato a ragranellare dopo gli stenti della guerra. Gino, corpulento, amava il ballo e si muoveva con la leggerezza di una farfalla, Luisella più inibita si lasciava tuttavia guidare volentieri da quel suo marito che sorrideva con gli occhi oltre che con le labbra mentre dalla bocca gli sgorgava un frastuono contagioso. E fu allora che  Mauro Angelini ricordò come aveva ricevuto i pesci che teneva nel sacchettino immortalato nella foto, realizzò che Luisella dopo una mazurka scatenata doveva essersi recata nei bagno del caffè da Nando a risistemarsi il toupet e proprio in quel mentre lui era tornato da un giro al labirinto degli specchi con i suoi amici,  insolitamente aveva trovato velocemente l'uscita, e mentre generalmente se succedeva, ritornava sui suoi passi perché il divertimento non finisse troppo in fretta, quella volta i suoi amici avevano i biglietti omaggio per provare a tirare le palline per vincere e i pesci rossi e lui era corso a chiedere una moneta al babbo e solo in quel momento, a distanza di cinquanta anni, con la foto tra le mani comprese il sorriso complice stampato sui volti di Gino e della Lucia, la vicina di casa, e il modo lesto in cui si erano allontanati tra loro vedendolo comparire anzitempo mentre ballavano un ballo del mattone. Il padre aveva sganciato la moneta senza le solite obiezioni, quando poi era tornato vincitore, di Lucia non c'era traccia, tanto che Mauro fino al ritrovamento della foto ne aveva perfino dimenticato l'esistenza. Dopo poco sua cugina, con la polaroid ricevuta per la cresima, li aveva messi in posa.


Commenti

  1. amo riguardare le foto, in poco tempo si viene proiettati in quel preciso istante. Ancora di più quando compaiono all’improvviso, nascoste, non viste da parecchio tempo, lì in attesa come se ci aspettassero.

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    1. È vero Ernest e un'altra cosa riguarda il fatto che spesso non sono il fondamento del ricordo stesso, ricordi il momento in cui la foto viebe scattata e sopra riaffiorano pensieri, sentimenti, colori, odori

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  2. Guardare una foto statica, e osservare il film che gli gira attorno, scorgere dietro le pose, ricordare il perché di un sorriso, di un momento, di attimo prima e un attimo dopo, chissà quante storie anche nelle ginocchia sbucciate. Si, capita anche a me. Guardo una foto e come in filigrana appaiono altre mille foto, scattate in una dimensione impossibile, e quindi rimaste impigliate in quell'angolazione, quel dettaglio, quel riflesso. Immobili. ma pronte a diventare film, perché non sono mai state realtà.

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    1. O è lo scatto a non essere la realtà ma una rielaborazione?

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    2. Lo scatto blocca un istante. Nel mio piccarmi fotografo mi rendo forse conto che quell'istante di realtà bloccata, è già un rielaborazione, rielaborata ulteriormente da chi guarda la foto, rielaborata di nuovo poi da me fotografo che ne scorgo possibilità infinite.
      Domanda: mi è venuto in mente di scrivere qualcosa sulla scorta di un disegno Kala_illustrations. Potrei farlo o devo chiedere permesso? ;)

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    3. Kala è molto disponibile, ma il permesso lo chiederei

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  3. Eh, le foto...quante cose ci sarebbero da dire. Anche a me di solito mi proiettano immediatamente al momento in cui sono state scattate. Ma forse è per questo che piacciono...
    Passo per augurati una bella estate, ho chiuso il blog pe ferie
    e alla prossima

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  4. E certe volte queste foto rivederle in due, e a vicenda, ricordasi particolari che all'altro erano sfuggiti e che poi anche a lui tornano alla memoria.

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  5. Che birichina!
    No, non ho sbagliato.
    E' bello sto paese della bassa col fiume che dà e che prende. Come al solito.

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  6. Ho bruciato tutte le foto trovate in casa di mia madre che mi riguardano. Detesto il passato, vorrei non averlo. A volte lo scrivo per dimenticarlo.

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    1. Il passato è un tatuaggio, come tale rimane, sta a noi trovare il punto di svolta, per non soccombere, per vivere con più amore per noi stessi il presente, per immaginare oltre

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