La profondità della luce


Tommaso D'Incalci






Chi aveva utilizzato per la prima volta "venire alla luce" in luogo di nascere, certo non aveva tenuto conto dell'esistenza di Gudmund Jepsen che aveva emesso il suo primo vagito nel pomeriggio del diciannove dicembre a Skagen in Danimarca, più a nord di così nella terra di Amleto non era possibile. Gudmund passò dal buio caldo e accogliente del grembo materno a quello esterno freddo e inospitale, così freddo che a stento il braciere sotto la culla e il seno della madre prima e della balia poi riuscirono ad alleviarlo. Ci vollero sei lunghi mesi prima che finalmente riuscisse a vedere la luce e ormai le tenebre ne avevano segnato il carattere. Primogenito di otto figli, aveva sorelle bionde come il grano e giunoniche e fratelli forti e possenti come dei del Walhalla, lui no: era piccolo di statura, secco e leggermente strabico, aveva dita lunghe e sottili le cui nocche sporgendo rammentavano le zampe di un ragno e orecchie a punta come quelle degli elfi dei boschi. Si era stempiato che era ancora un ragazzo e tentava di ovviare alla bassa statura e alla calvizie incipiente indossando una tuba, fatta su misura da una modista della capitale, di cui andava estremamente fiero e che era anche il suo unico vezzo. La madre era solita dire che Gudmund era il frutto della passione e dell'inesperienza poiché di fatto nessuno dei numerosi fratelli era stato concepito rischiando di essere partorito all'inizio del gelido inverno del nord. La donna riteneva inoltre che forse era stata la mancanza di luce ad averne inibito la crescita. Gli Jepsen appartenevano alla buona borghesia danese, il padre era un notaio quindi a Gudmund non mancarono conoscenza - poiché aveva mentori colti e finemente eruditi - , buone letture e frequentazioni interessanti, tuttavia nulla di tutto ciò era stato in grado, apparentemente, di accendere in lui la luce di una gioia. Sospettoso, diffidente, introverso, per lo più taciturno, nonostante fosse il più amato tra i figli per un senso di protezione misto a colpa che quel suo essere atipico aveva determinato nei genitori, intratteneva durante il giorno con i fratelli scarne conversazioni dalle quali tuttavia si percepiva una notevole arguzia, alla quale quelli si affidavano quando erano in cerca di consigli. Era come se osservasse il mondo dall'uscio di una tana senza mai partecipare alla vita, quanto meno quella altrui. Osservava però molto attentamente anche se da quel suo sguardo non si evinceva il minimo giudizio morale. Ma questa sua attività era nota ai fratelli e ai pochi che lo conoscevano perché quando facevano riferimento a fatti o situazioni, Gudmund non solo sapeva sempre di cosa si trattasse ma puntualizzava a riguardo rammentando perfettamente dettagli e sfumature solitamente sfuggite ai più. Fosse nato ai nostri tempi si sarebbe potuto paragonare all'astronauta che dal suo punto di vista privilegiato ma distaccato osserva il mondo. Era ancora un ragazzo e già sembrava un vecchio saggio. Il suo aspetto e il suo essere così taciturno ne facevano una persona solitaria, di fatto i fratelli e i parenti erano le sue uniche frequentazioni. Durante le interminabili giornate estive sembrava non volesse mai dormire, si accontentava di tre o quattro ore di sonno, voleva non perdere nemmeno un istante di luce. Sembrava rigenerato, prendeva appunti su di un taccuino prima di coricarsi. A chi gli chiedesse cosa scrivesse era solito rispondere "Provo a catturare la profondità della Luce" nessuno si spingeva oltre con la curiosità. Ma era nell'immensità delle notti invernali che la sua vita si accendeva, faceva sogni che erano intensi come vite parallele, era nel buio, nel sonno più profondo, che Gudmund esprimeva la sua piena creatività e la sua vitalità repressa esplodeva come i fuochi d'artificio nella notte di San Silvestro. Se questo dipendesse dal fatto che le tenebre erano la casa del sonno e lo scrigno dei sogni e lui di fatto fosse una creatura del buio, non è noto, certo è che fin dalla più tenera età, in pratica da quando aveva avuto il dono della parola, quell'essere solitario e silenzioso si trasformava in un fiume in piena se veniva spinto a raccontare i suoi sogni. In questi che si dipanavano in universi rutilanti di colori e di luci si muovevano chimere, animali mai visti né nel nord Europa, né nei numerosi libri della biblioteca paterna e questi abitavano mondi fantastici, giungle dalla vegetazione rigogliosa, vette innevate dalle quali si dominavano con lo sguardo panorami sconfinati, fanciulle dai lineamenti fini che lo prendevano per mano e lo trascinavano a esplorare una stella della costellazione di Orione, mari dalle onde spumeggianti solcati da velieri che procedevano tra delfini che danzavano nel riverbero della luce che si infrangeva sull'acqua, fontane che cantavano in giardini di sontuose ville italiane, giostre in cui cavallini variopinti si rincorrevano eternamente a ritmo di musiche soavi. Poi il racconto finiva, quasi improvvisamente qualcuno avesse smorzato un lume. La giornata aveva inizio, ognuno tornava alle sue occupazioni, Gudmund dal canto suo tornava a esplorare la profondità della luce


Commenti

  1. Un bel raggio di luce nel grigio di queste giornate che non sono autunno e nemmeno inverno, insopportabilmente indecise.. ti auguriamo un nuovo luminoso anno! Emilys e il Tripode

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  2. Grazie Emylis cara auguri anche a voi ❤️🐶

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  3. I tuoi racconti sono come i creativi e rutilanti sogni di Gudmund, e quando terminano, si torna alle nostre giornate, attendendo nuove illuminazioni.. ;)

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    1. Ora arrossisco e mi nascondo nella profondità delle tenebre

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  4. Gran bel racconto, ti immerge in questa atmosferma glaciale senza tempo come in un sogno.

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  5. mari dalle onde spumeggianti solcati da velieri che procedevano tra delfini che danzavano nel riverbero della luce che si infrangeva sull'acqua
    Ecco, qui ti sei superata.
    Auguri Amanda, buon anno e che sia con tante vette da raggiungere.

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    1. Chissà dove arriverò dopo il sorpasso😁. Buon anno Nucci Massimo che sia con il vento favorevole tra onde in cui la luce si rinfrange

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