Early Morning
Quint Buchholz |
Era mattina presto, poco dopo l'alba, il sole ancora basso non filtrava tra le file di edifici di un tardo ottocento a questo punto lontano nello stile e nel tempo. L'austera facciata del numero nove di Goethe Straβe era ancora tutta buia, le finestre serrate contro i primi rigori dell'autunno ormai incipiente. Solo al terzo piano era possibile scorgere una finestra spalancata e tutte le luci all'interno dell'appartamento accese. Unicamente un orecchio molto allenato avrebbe potuto distinguere una melodia provenire da quelle stanze, il volume discreto appena percepibile sopra il frastuono del traffico sottostante già congestionato a quell'ora del mattino. E ancora sotto quella trama di note, questa volta però non intuibile né dalla strada, né dal corridoio interno dell'edificio, un dialogo serrato tra un uomo e una donna. Non poteva definirsi un litigio, perché, chi ne avesse udito i toni, avrebbe potuto annotare solo stanchezza e disincanto: un epilogo. La fine di una relazione, la presa di coscienza che due strade andavano separate, non vi erano più rancore né amarezza, erano andati oltre o forse le loro vite erano corse parallele, vicine ma senza mai incrociarsi per un certo tragitto e ora erano irrimediabilmente in procinto di divergere. Avevano fatto l'amore, i loro corpi si conoscevano e si attraevano ancora come all'inizio e questa, forse ultima, volta non era stata da meno delle precedenti. Eppure nella necessità di coprire il loro addio sotto un tappeto di note, nel bisogno di spalancare le finestre all'aria pungente del mattino, c'era la consapevolezza da parte di entrambi che qualcosa tra loro si fosse inevitabilmente guastato, un lieve sentore di vita “fermentata” che richiedeva al contempo rigenerazione e mutamenti. Ora la donna stava raccogliendo le sue cose, abiti, libri, una lampada, andavano riempiendo scatole, valigie e borsoni; poche erano le cose che creava imbarazzo spartire. Le venne da pensare “Poiché nulla ci unisce, nulla potrà separarci" la frase l'aveva colpita molto, era sulla contro copertina di un vinile degli anni 80 che lui le aveva fatto ascoltare all'inizio della loro relazione, ora sembrava attagliarsi perfettamente a loro. Si girò verso lo scaffale dei vinili, estrasse quello, pur sapendo che apparteneva a lui, intuiva che non si sarebbe accorto subito della sua mancanza perché non lo ascoltavano più da diverso tempo e lui in quel momento stava continuando a cercare di dare, a parole, un ordine alle motivazioni che li avevano portati fino a quel punto, più per se stesso che per lei e le dava le spalle, incapace di tollerare i vuoti che andavano creandosi in giro per l'appartamento conscio di doverne sperimentare a breve uno più grande. La donna indugiò un attimo, poi attirò la sua attenzione e sollevò in aria il disco. Lui sorrise e disse:«Se ci tieni» e accompagnò le parole ad un ampio gesto accomodante con la mano, ignaro che fosse quella epigrafe, più della musica stessa a dettare la scelta. Erano così presi da quelle loro vite in bilico che trascorse un intervallo di tempo piuttosto lungo prima che diventasse anche per loro evidente ciò che giù in strada era già palesemente sconcertante, magico e incantevole. Fu l'eco del silenzio che improvvisamente giunse loro dalla strada che risvegliò al fine persino la loro attenzione. Il traffico era ammutolito, ora la musica proveniente dal loro appartamento era l'unico suono udibile. All'uomo venne istintivo tacere, spegnere lo stereo e affacciarsi verso la strada: e prima di scorgere tre piani più sotto le auto bloccate, le porte spalancate, i finestrini abbassati e le teste che sporgevano e tutti, ma proprio tutti, gli sguardi puntati verso l'alto, fu il transito di quegli enormi pesci di un verde cangiante di fronte alle sue finestre e sopra il cielo di Goethe Straβe e forse dell'intera città a suscitare il suo enorme stupore. La donna che fino a quel momento aveva dato le spalle alla finestra, si girò di scatto, successivamente si mosse con estrema cautela temendo che un ulteriore movimento brusco potesse interrompere la magia a cui, seppure con ritardo, ora anche lei stava assistendo, le parve che perfino deglutire potesse disturbare quel placido natare, quel volo solenne e maestoso nel cielo umido del primo mattino, si avvicinò a lui e istintivamente ne cercò la mano, l'uomo ricambiò la stretta, non era pensabile non condividere quell'incanto. Una sensazione straniante li pervase eppure neanche per un attimo pensarono a un artificio, uno scherzo tecnologico architettato ad arte. C'era qualcosa di inspiegabilmente naturale in quel movimento di pinne lento e solenne di cui ora loro e tutta la gente giù in strada erano testimoni. Nessuno ebbe l'ardire di estrarre il cellulare e di scattare foto, in tutti prevalse l'idea di gustare l'attimo con la certezza che fosse irripetibile. Si guardarono in faccia sorridendo. Quando anche l'ultimo pesce si fu allontanato all'orizzonte, la vita riprese a scorrere. L'uomo accompagnò la donna a caricare i bagagli. Nessuno avrebbe mai avuto addio più dolce.
Qualche settimana di assenza, si torna e wow! ben cinque nuovi racconti. Storie di vite piuttosto comuni, trattate con fantasia, benevolenza e leggerezza.
RispondiEliminaE a me che pareva di non scrivere da una vita! Grazie mille Pat
EliminaDove mi sarei perso gli altri quattro racconti natati via nel cielo umido del tuo narrare? ;)
EliminaDa nessuna parte, li hai letti tutti (uno dei pochi)
EliminaEra Pat che fatto qualche "mese" di assenza.. ahah
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