Aspettando Godot


Gustav Klimt






Per un istante la falce di luce fende l'oscurità e il piccolo somaro si sente precipitare nell'abisso. Tende avanti le zampe attendendo con sgomento l'impatto. È sorpreso quando sente di librarsi leggero quasi fosse stato paracadutato e non spinto verso il basso. Atterra nella stretta fenditura e si guarda intorno. A poca distanza da lui vede un camelide, non riesce a distinguere quale esattamente data la scarsità di luce dell'anfratto. Si sente tuttavia osservato con aria di sufficienza, con quel tanto di arroganza che spesso deriva da una notevole autostima. A lui quella ha sempre fatto difetto, allora saluta austero, per non manifestare l'ansia che da sempre lo travolge al primo incontro con uno sconosciuto. Il camelide lo guarda in tralice, poi leva lo sguardo verso l'alto quasi scocciato ma, retaggio di una sana educazione familiare, ricambia, in modo anch'esso formale, il saluto. Il somaro si guarda intorno: a destra si notano delle montagne, eleganti cattedrali di roccia, di quella cangiante se esposta al variare della luce, si sentirebbe di azzardare trattarsi di dolomia, a sinistra marosi spumeggianti infranti contro falesie . "Dove posso mai essere finito?" si chiede, ma non osa domandarlo al camelide che rumina in maniera assai poco elegante perfino per i parametri di un piccolo somaro adolescente. Un umano di sesso maschile, un po' avanti negli anni, la pelle indurita dal sole e dalla fatica di vivere, cesellata da una costellazione di rughe, gli sorride sdentato ma dignitoso. Poco più in là sacchi colmi di spezie di ogni colore, di cui però non percepisce fragranza alcuna attendono di essere acquistate. Una donna in paletot dai colori sgargianti smeraldo, violetto e blu, con un collo di pelliccia nero e i capelli ricci tagliati corti a lasciare scoperto il collo, lo osserva ma non sorride. Ha labbra sottili e occhi color di giada. Attende da mesi come una sposa abbandonata sull'altare. Gli invitati se non sono andati da tempo ma lei non demorde, il suo fidanzato si chiamava Godot. Non sembra però aversene a male, ha un'attitudine alla pazienza o forse le basta non passare inosservata. Più avanti il verde quasi innaturale delle giovani piantine germogliate in una risaia dell'estremo oriente, l'afa si avverte solo a guardarle. Campi di tulipani di ogni colore in una primavera dei paesi bassi. Il tetto aguzzo di una minuscola chiesa svetta tra cumuli di neve, immagine di una nevicata eccezionale come non se ne vedono più da anni. Panni stesi al sole in una calle della laguna veneziana, i fili del bucato consentono una sorta di abbraccio tra una casetta color ciclamino e una blu oltremare. Poi due trulli tra gli ulivi. Una Manhattan sfregiata per le memorie più longeve, sono infatti ormai adulti anche quelli che non l'hanno mai conosciuta che così. Il somaro frastornato da come un antro così stretto possa racchiudere tanta varietà di mondo domanda come tutto questo sia finito lì. L'anziano rugoso ride, per un momento si rammenta di quella sua bocca sdentata e la copre, vergognoso, con la mano nodos e risponde «Su sollecita richiesta, naturalmente». Il somaro pensa che effettivamente anche per lui è andata così, inviato lì quasi in risposta a una preghiera, replicando il rito di un millennio ormai concluso da decenni. "A volte i desideri si esaudiscono , i miracoli avvengono" gli viene da pensare. Ma allora perché giacciono tutti lì abbandonati quegli atti di fede? È Madame Godot a rendere conto delle incredibili motivazioni di quella sentenza che li condanna a un fine pena sconosciuto. Hanno attraversato continenti per conoscere infine l'abbandono e non se ne capacita. Il brillante Richiedente aveva smarrito la chiave per giungere a loro e invece di chiamare un fabbro, recarsi in una attrezzata ferramenta le lasciava lì nella cassetta della posta insieme alle offerte della settimana del supermercato di quartiere. Come i Voyager Golden Record rimanevano come in una capsula del tempo che forse il Richiedente avrebbe aperto solo il giorno del compimento del suo novantasettesimo compleanno con le lacrime agli occhi al ricordo di amici perduti nel tempo o forse avrebbe lasciato in eredità ai nipoti per raccontare loro di un mondo che non aveva più parole per raccontare. Il somaro allora domandò a che pro richiedere di acquistare una cartolina in un paese lontano, scrivere una dedica, comprare un francobollo, cercare un ufficio postale (le cassette postali rosse o gialle o blu, a seconda della nazione, erano andatesi smarrendosi nel tempo come l'uso di carta e penna) per poi non avere la brama di leggerle. A questa richiesta risero tutti , perfino i tulipani: solo uno stolto somarello poteva porsisiffatta domanda. Madame Godot sospirando disse: « Ma per sentirsi amati, ovviamente». Il somaro smise di fare domande, le cartoline si chiusero in un nuovo ostinato silenzio.




Commenti

Post più popolari