Il ritardo



Botero



La donna lavorava da anni per la piccola ditta di minuterie metalliche, era una specie di factotum, in realtà il suo titolare sapeva perfettamente che senza Ilaria la ditta sarebbe andata ad allungare, già da almeno tre anni, la lunga lista dei cadaveri decomposti che un tempo rappresentavano la fiorente piccola-media industria italica. Quando non sembravano più esserci commesse, quando i conti sembravano virare minacciosamente verso il rosso, Ilaria cavava il coniglio dal cilindro e, seppur con la ridotta innestata, la macchina, anche se sbuffando e gemendo, si rimetteva in moto. Come faceva non si sapeva. Partiva in giro per lo stivale e tornava con le commesse, certo non quelle di un tempo, ma quel tanto che bastava, con un po' di cassa integrazione a turno, a non lasciare a casa nessuno. Ilaria aveva una voce che era velluto, faceva sognare tutti gli acquirenti, poi al momento delle presentazioni la femme fatale si palesava come un enorme burroso bignè con le fossette sulle nocche delle mani ed una stazza imponente. In quella sera di mezza estate Ilaria si trovava in una pensioncina due stelle di una città del nordest in attesa di un colloquio con il titolare di una società che avrebbe potuto rappresentare un nuovo giro di manovella per gli affari della ditta, se non si era arrivati al baratto poco ci mancava, ormai ci si guardava negli occhi tra persone serie e si stilavano strategie che evitassero il più possibile di dover ricorrere al credito delle banche, neanche Bonaparte prima della Beresina faceva tali piani strategici. Ilaria era una donna intelligente, spiritosa che aveva, non si sa dove, un tarlo che minava il suo amor proprio, il tarlo divorava e lei mangiava di tutto per saziare il tarlo, provando a zittirlo, consapevole che invece avrebbe continuato a pretendere, ma più mangiava e più quello minava le fondamenta dell'autostima di Ilaria: la macchina da guerra negli affari era una donna senza uno straccio di vita privata; leggeva, ascoltava musica, aveva tre o quattro amiche di vecchia data, ma da anni nessuna presenza maschile degna di tale nome. In quella notte di mezza estate, con l'aria condizionata della pensione fuori uso, le pieghe della grossa Ilaria si stavano trasformando in una tortura, aveva provato a fare una doccia, aveva raccolto i capelli in uno chignon, aveva provato a sventolarsi con il libro che stava tentando di leggere senza mai smuoversi dalla pagina e perfino dalla riga, tale era il suo tormento; si era seduta vicino alla finestra, ma l'aria era da ore ferma e densa, perfino il tempo sembrava non scorrere più, si era liquefatto. Ilaria aveva già bevuto le due lattine di analcolico che c'erano nel minuscolo frigobar, di passare all'alcool con quel caldo non se ne parlava davvero, la pensione non prevedeva servizio in camera così si infilò un prendisole di lino che aveva in valigia e scese alla ricerca di qualcosa di fresco, l'abito le si incollò addosso immediatamente. si avventurò fino alla "reception" non v'era traccia di anima viva, chissà dove si era infilato a dormire il portiere di notte, provò a schiarire la gola, finse qualche colpo di tosse, ma non si presentò nessuno, così pensò di cercare la cucina da sola, girovagò per il piano terra e d'improvviso da una porta semi chiusa comparve una lama di luce; Ilaria bussò e titubante domandò "è permesso?", un uomo collocabile al limite sfumato della gioventù sedeva sulle piastrelle consumate dagli anni e dal continuo calpestio della cucina, la porta aperta del frigo era stato il richiamo luminoso che aveva condotto Ilaria fino a lui, si intuiva nella postura la consapevolezza di una bellezza, comunque ormai sciupata, forse da troppa consapevolezza, forse da troppe sigarette, sicuramente da troppe birre, anche in quel momento ne stava bevendo una  che appariva fresca ed invitante alla grondante Ilaria. L'uomo le fece cenno di entrare,  "posso esserle di aiuto?" disse, ma non accennò minimamente ad alzarsi. "In realtà cercavo qualcosa da bere" disse lei; l'uomo fece un cenno verso il frigo come ad invitarla ad accomodarsi. Lei lo guardò un attimo e guardò il frigo, impacciata sul da farsi, poi il caldo e la sete ebbero la meglio e si chinò verso il frigo, un esercito schierato di bottiglie di birra trasudanti freschezza erano pronte al ratto, Ilaria colse la prima al centro quasi a voler sparigliare l'esercito, portò la bottiglia alla fronte e quindi al collo per rinfrescarsi poi sentì qualcosa che la bruciava più del caldo che l'aveva portata fino a lì, sentì lo sguardo dell'uomo posato sulle sue carni e da quello che vi lesse sentì che la birra di colpo si era trasformata nella mela di Eva nell'Eden e come Eva si sentì nuda, di più si sentì forme, volumi e materia; e forme, volumi e materia d'improvviso avevano esigenze sopite da troppo tempo, la piena ruppe gli argini.
Fu una donna diversa a varcare la soglia della pensione Berrutti il mattino dopo, l'orologio le diceva che aveva ventitrè minuti di ritardo sull'appuntamento di lavoro, Ilaria guardò l'orologio con stupore e sorrise, una ciocca di capelli ancora umida scese dallo scomposto chignon

Commenti

  1. Ritardo comprensibilissimo, quanno ce vo', ce vo', no?
    Mi piacciono molto i tuoi racconti :)

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  2. Ma ci avevi raccontato già qualcosa di simile o mi ricorda chissà quale racconto letto chissà quando? Bella assai questa storia, ad ogni modo :)

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  3. Ripescaggio di un po' di tempo ma non dirlo in giro :-D

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  4. Bel racconto, davvero.
    Al prossimo.

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  5. Grande ritorno (l'attesa è stata ripagata).

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  6. Il primo racconto d'estate (sperando che prima o poi arrivi) :-)

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    1. Ieri pareva a portata di zampa, oggi nuvole fitte

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