Osvaldo e la Titina


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Osvaldo e la Titina erano usciti di casa di buon'ora. In paese tutti dicevano: " Osvaldo è fedele solo alla Titina“ e non perché il buon uomo avesse da rendere conto a una moglie a casa, visto che non si era mai sposato (da giovane infatti le ragazze sostenevano che fosse rimasto celibe per fare come il tempo: quello che gli pareva), ma perché, nonostante fosse ormai avanti con gli anni, ancora le ragazze di quella volta, ormai come lui stagionate, sia che 
fossero rimaste vedove, sia che non avessero cercato o trovato marito e qualcuna perfino maritata, se lo contendevano alle feste di piazza perché l'Osvaldo era tutt'ora un discreto ballerino e invitava con modi sì garbati, ma birichini e seducenti che mandavano in sollucchero tutte le contendenti che non avrebbero mai rifiutato l'invito. Osvaldo quindi stava pedalando verso la piazza, la Titina nel cestino, si godeva la brezza tra gli orecchi e 
puntava il tartufo lucido a destra e a manca captando estasiata tutti i profumi che provenivano dalle varie bancarelle in allestimento per la sagra che si sarebbe inaugurata al suono della fanfara della polizia municipale quella sera. La Titina, l'Osvaldo l'aveva trovata legata ad un cartello di divieto di sosta cinque anni prima, di fronte alla bottega del ferramenta, la poverina uggiolava e lui aveva creduto che il padrone fosse nel negozio a fare 
acquisti, ma quando era ripassato, Attilio il negoziante stava abbassando la serranda per la pausa pranzo e nella bottega non era rimasto più nessuno, Osvaldo aveva fatto allora il giro dei negozi della piazza per vedere di trovarlo, ma niente quel cagnolino pareva non appartenere a nessuno; lui però non se n'era fatto convinto, così aveva le portato da mangiare e da bere e si era seduto al bar di fronte al cartello pronto alla ramanzina, quando si fosse fatto vivo,, per le ore in cui l'aveva lasciata lì spaventata e senza cibo,   ma quello era ancora più infame di come se l'era figurato e a sera l'Osvaldo se l'era portata a casa. Perché lei non si spaventasse ulteriormente le cantava la Titina per farle credere che sicuramente il padrone la stava cercando senza trovarla. Il giorno seguente aveva messo pure un cartello sul palo con la foto della cagnolina e il suo numero ma le settimane si erano fatte mesi e lui la foto l'aveva tolta perché Osvaldo e la Titina ad un certo punto si erano giurati amore eterno.  La signora Brunella, moglie di Gino il fruttivendolo, che però tutti in paese chiamavano la Gina da quando il marito era morto dato che il banco aveva conservato il nome della buon'anima, era stata la prima ad allestire il banco, d'altronde si sa, prima dei fruttivendoli si svegliano solo i panettieri; aveva esposto due cassoni di mele gala lucide e croccanti, ogni anno si vantava di essere la prima ad avere le mele nuove da offrire per il santo patrono, aveva infatti un patto col cugino della Venosta che le coglieva la sera prima che facesse buio e gliele portava nottetempo e, poiché era tradizione prendere le mele novelle dalla Gina, quelle casse andavano a ruba e già la Signorina Germana, che l'anno precedente ne era rimasta senza, era lì a godersi il profumo e a soppesare le più succulente da portarsi a casa. La Gina non amava quel modo di fare della Germana, quella infatti le toccava tutte prima di selezionare il suo chilo scarso, era noto infatti che se la bilancia segnava 1023 grammi lei si faceva levare una mela perché pensava che il negozianti la volessero fregare con il pretesto del "che faccio lascio? “. Quindi l'occhio sinistro della Gina era intento a controllare alquanto perplesso le mosse della Germana, l'occhio destro invece valutava come procedeva la preparazione 
del banchetto di fronte al suo che apparteneva all'Elvira che vendeva patate, solo patate, anche perché se si fosse trattato di vendere altre verdure, la Gina non avrebbe mai consentito che le venisse rilasciato il permesso per un banco proprio di fronte al suo - la concorrenza l'andasse a fare dall'altro lato della piazza - già doveva sopportare quel suo modo sguaiato di catturare l'attenzione degli acquirenti: 
strilli d'aquila che alla fine del mercato  
assicuravano un sonoro mal di testa che le avrebbe impedito di godersi le danze. Ecco dunque che attraversa la piazza in bici l'Osvaldo con la Titina, giunto all'altezza delle tre donne scampanella, si levano tre teste ornate dei più smaglianti sorrisi, ognuna delle tre ritiene che sia un affettuoso saluto dedicato proprio a lei, tre mani si alzano in contemporanea a salutare l'Osvaldo, tre sguardi femminili si incrociano rosi da una larvata gelosia. 
Nessuna delle tre saprà mai che Osvaldo lo fa esclusivamente perché la Titina adora il suono del campanello quando la bici corre sui sampietrini. 

Commenti

  1. Sollucchero e uggiolava; ma te c'ha d'avè un vocabolario speciale, non è la prima volta che leggo qui quelle bellissime parole dimenticate. Mi piace (fa finta che ho pigiato il tastino)
    Anche questo ha un suo gusto di paesone e chissà perchè mi odorava di piemontese o veneto ma non trentino come indica la mela. Non lo dico per non essere monotono dai però lo penso. Ciao.

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    1. No, no le mele venivano dal Südtirol ma viaggiavano tutta notte quindi di sicuro non era Trentino

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  2. ma a volte mi domando nasce prima l’immagine o le parole

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    1. È presto detto, gli ultimi sono nati tutti guardando l'immagine, mai il contrario

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    2. Non è chiaro🤔
      Scelgo una illustrazione che mi piace su instagram, chiedo il permesso all'autore, scrivo un racconto ispirato a quello e poi lo condivido. Al momento non ho un illustratore che illustri i miei racconti

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  3. Rocky è in sollucchero 😄 dopo la lettura di questo racconto si è invaghito della Titina.Puoi informarti se la signorina è libera da impegni sentimentali a parte quelli con Osvaldo?

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    1. Con un fustacchione prestante come lui la Titina mi ha confessato uscirebbe per un osso e una passeggiata volentieri

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  4. Risposte
    1. Bene Paolo, grazie solo parecchio incasinata tra lavoro e tedesco

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