Il clarino da pesca
Teresa Brutcher |
Pietro aveva fatto il pescatore per tutta la vita, la prima volta che era andato a pesca era stato sul barchino del nonno con una canna da pesca improvvisata: aveva quattro anni. Il nonno voleva insegnargli il piacere del silenzio, dell'attesa, della pazienza. Pietro di quella prima uscita apprezzò invece il tempo condiviso con quel vecchio di poche parole che tanto amava e i sorrisi parchi che lui gli dedicava quando i loro occhi si incrociavano, il resto venne dopo col tempo. La sua famiglia faceva quello da generazioni. D'altra parte se vivi su un'isola in un paesino costiero e non sei ricco, impari l'arte che ha consentito ai chi ti ha preceduto di sopravvivere. Sveglie prima dell'alba, umidità e freddo che si insinuano sotto i vestiti , la rete che scende, il peso che indica, quando la tiri a bordo, quanto è andata bene la giornata. Il vento, il sole, il sale gli avevano ricamato la faccia, la pelle spessa disegnava una rete quando gli occhi e la bocca si aprivano in un sorriso, quasi anche quello fosse in grado di pescare l'affetto dei propri simili; le chiome candide e irrigidite dalla salsedine spesso erano nascoste in un berretto e sfoggiava un paio di baffi che amava curare. Pietro aveva coltivato una passione oltre il lavoro : suonava il clarino; il ramo materno della famiglia aveva sempre fornito fiati alla banda del paese. Gli anni erano passati e nel tempo mentre cresceva la passione del clarino, scemava il gusto per il suo lavoro. Non era tanto il prezzo delle giornate in mare, quanto il fatto che si fosse rotto un equilibrio, se n'era andato il rispetto che i pescatori avevano sempre avuto per il mare, che da sempre dava e toglieva, e per i suoi abitanti. L'industrializzazione della pesca e del mercato ittico, l'inquinamento delle acque, la plastica che andava a riempire sempre più le reti al posto del pesce. Così aveva iniziato a fare del clarino la sua fonte di reddito. Amava il jazz e con un paio di amici aveva formato un trio che da fine primavera a tarda estate si esibiva nei locali della costa con discreto successo. Una sera Pietro sedeva sulla pedana che era stata disposta come palco per il trio, di lato a loro la vasca di un acquario con pesci tropicali. La gente in parte ascoltava, in parte si lasciava distrarre dalla compagnia o molto più squallidamente dallo schermo di un cellulare. Quando Pietro partì con l'assolo finale avvenne un fatto incredibile: i pesci cominciarono a librarsi in volo a ritmo della musica, sembravano tenere il tempo in una coreografia aerea. Il pubblico si divise tra coloro che spalancavano la bocca con stupore bambino, quelli scettici che si domandavano dove fosse il trucco e quelli che ripresero tutto con lo smartphone per poter condividere la magia di quella inusuale esibizione, nessuno rimase indifferente. Il primo a meravigliarsi fu lo stesso Pietro che però continuò a suonare con la consapevolezza che l'incanto sarebbe finito e che avrebbe potuto essere la fine di quegli animaletti variopinti. Quando l'assolo si concluse i pesci tornarono nell 'acquario quasi rispondendo a un comando. Gli applausi si levarono scroscianti. Qualcuno chiese il bis ma certi che l'incanto non avrebbe potuto ripetersi i tre musicisti chiusero la serata. Il proprietario del locale disse che era disposto a concedere loro qualsiasi cifra purché tornassero ad esibirsi lì per tutta la stagione. I colleghi strizzarono l'occhio a Pietro perché accettasse, ma lui chiese se fossero pazzi: come avrebbe fatto a ripetere quel miracolo? Tuttavia rientrato a casa galvanizzato dall'evento Pietro prese la palla col pesce rosso del nipote e si mise a suonare per lui nuovamente il suo assolo. Da principio il pesciolino nuotò in tondo come sempre, si avvicinò al vetro, aprì e chiuse la bocca da bravo pesce rosso, poi però iniziò a di menare la coda a ritmo e poco dopo, come era avvenuto per i pesci tropicali del locale si levò e danzò sinuoso nell'aria. Per Pietro la carriera di incantatore di pesci iniziò così quella sera.
Incanto! Nel senso che ho visto quei pesci saltare fuori dall'acqua in canto, cantavano, cioè, seguendo il ritmo del flauto. :)
RispondiEliminaLa prossima volta racconteremo dei pesci canterini 😁
EliminaBella storia che mi fa ricordare alcuni incantatori di pesco (boccaloni) che ho conosciuto.
RispondiEliminaVedi Amanda, perchè nei tuoi libri non metti storie fantastiche e luminose come questa ma prevalgono storie tristi?
Molto meglio dei serpenti
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