Il seme del peccato


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Jean Baptiste Fournier, prevosto a Vismes da così tanto tempo da non ricordare quasi di aver avuto un'esistenza prima di indossare la tonaca, era dotato di una fede in bianco e nero: il bene e il male; noi buoni e giusti e loro cattivi; la santità e il peccato. Mai un dubbio lo sfiorava. Le sue messe venivano celebrate rigorosamente in latino, che nel mezzo ci fosse stato un concilio Vaticano secondo poco gli importava, la chiesa per lui era una istituzione fuori dal tempo e che l'anno zero di tale istituzione coincidesse con la nascita di una figura tanto carismatica quanto rivoluzionaria non faceva differenza, ora per lui tutto era cristallizzato più o meno al tempo della Santa Inquisizione. I suoi fedeli, gente semplice, per lo più contadini, provavano per lui rispetto e soggezione, sapendo di poter essere additati dal pulpito e successivamente dalla comunità come fedifraghi o peccatori speravano di non cadere in tentazione perché nel silenzio del confessionale la sua ira era implacabile e la lista dei padre nostro, delle ave maria e degli atti di dolore da recitare, così lunga da temere di perdere il conto e quindi la possibilità di una assoluzione prima di giungere alla fine della litania. L'inferno che descriveva così minuziosamente nelle sue omelie era talmente spaventoso da chiedersi se i dannati fossero andati di persona in canonica a suggerirgli nel sonno le pene e le tribolazioni a cui venivano sottoposti allora e per l'eternità. Una mattina come tante  padre Fournier si recò in chiesa che l'alba era ancora lontana da venire e si inginocchiò a recitare il rosario alla luce delle candele, quello era un momento tutto suo, prima che le anziane beghine giungessero per la recita del rosario e la prima messa. Il silenzio pareva denso a quell'ora, un abbraccio accogliente perfino per lui che non era propenso al contatto fisico con alcuno. Si abbandonò a esso e fu proprio allora che gli parve di avvertire un sospiro ma quando si voltò, la luna calante che attraversava il rosone non rivelò presenza alcuna nella navata centrale. Tornò quindi a concentrarsi sulla preghiera ma dal buio più profondo della navata di sinistra, all'altezza della cappella del santissimo sacramento giunse una risata bambina. Padre Fournier allarmato chiese "Chi c'è lì?", una voce infantile gli rispose "Io". Il prete corse alla cappella: come poteva una bambina essere rimasta chiusa in chiesa e non essere terrorizzata dall'esperienza? Quale tra i genitori suoi parrocchiani poteva dormire sonni sereni con la figlia fuori  di casa tutta la notte? Il prevosto rivolse lo sguardo in basso tra i banchi cercando la provenienza di quella vocina infantile. Ma quando la risata proruppe nuovamente grassa e cristallina, proveniva inequivocabilmente da una posizione più alta, così levò gli occhi al cielo e, verso la volta della cappella, scorse due occhi verdi enormi e al tempo stesso bambini. Pensò che il giorno del giudizio universale fosse giunto e dopo aver pronunciato un "a voi affido l'anima mia" svenne. Quando riprese i sensi una creatura bambina per fattezze ma gigantesca per dimensioni, completamente nuda era inginocchiata accanto a lui e lo stava ninnando come fanno i bambini con i bambolotti e con una vocina gentile gli diceva "Signore, signore, stai bene?". Padre Fournier temete che Satana in persona gli avesse inviato quella prova: una bambina, gigante e nuda nella sua chiesa. Lei gli disse ho fame. Lui pensò che comunque si trattava di una bambina e le scritture dicevano che bisogna dar da mangiare agli affamati e che se anche l'avesse mandata Satana in persona, il padreterno non avrebbe avuto modo di condannarlo per averla nutrita. Ma come sfamare un essere di tali proporzioni? Si ricordò che giusto il giorno prima la Signora Martin si era presentata in canonica con una cesta di uova, così uscì di corsa rassicurandola che sarebbe tornato presto e in canonica, nella padella più grande cucinò un'enorme frittata. La bimba la divorò con grande gusto, sembrava non mangiasse da giorni. Padre Fournier voleva farle molte domande ma ormai si era fatto giorno, le pie donne sarebbero presto arrivate e la creatura era caduta in uno di quei sonni profondi in cui solo i bambini riescono a sprofondare ovunque si trovino, lui aveva la sensazione che fosse necessario proteggere da tutto e da tutti quell'essere così diverso e speciale. Chi ne avrebbe compreso l'innocenza trovandolo lì nuda ed enorme in chiesa? Non era stato lui stesso a temere che si trattasse di una creatura del demonio pronta a fare di lui un peccatore? La coprì con i tendaggi del baldacchino dell'altare e spense la luce della navata sinistra. Quando le anziane arrivarono disse loro che a causa di un crollo di intonaco dalla volta per sicurezza la funzione si sarebbe tenuta nel battistero. Da dove fosse venuta e perché avesse scelto proprio lui poco importava la nutrì, la educò, la amò come lui pensava si potesse amare una figlia. Passarono giorni, mesi e anni, divenne ai suoi occhi impossibile giustificare la sua presenza agli occhi del mondo, la tenne nascosta per tutta la vita. Quel suo amore che lui credeva paterno non lo aveva reso diverso: la creatura era impresentabile perché differente, non era parte del "noi" nonostante non ci fosse per lui nulla di più caro al mondo. Forse riuscì a modificare il tenore della sue prediche, regalò qualche sfumatura al suo mondo bianco o nero ma probabilmente non lo salvò quando giunse al cospetto del suo Dio. 

Commenti

  1. Bello, con la tua penna diventa bella anche una pisciatina dietro un cantone.

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  2. Chissà un pittore del passato come avrebbe dipinto la scena, da te così ben descritta.

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  3. Affreschi con la penna, questo indubbio, anche se stavolta sono poco convinto di premesse e sviluppo, ma tengo care le tue sfumature, rinunciando a quelle del prevosto, forse solo incastrato in un sogno più grande di lui.

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    1. Ma che ne so.. come prendi spunto da un'illustrazione che sprigiona sensazioni, noi, a leggerti, ci affezioniamo o meno ai personaggi e ai loro intrighi..io stavolta, meno (non come Will Smith agli Oscar.. ahahah)

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  4. Ciao ti leggo questa sera per la prima volta e volevo dirti che mi è piaciuto molto il racconto. Complimenti tornerò a leggerti.

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