Omissioni remote

 

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Ruggero Mazzonetto ha 81 anni ben portati. Grande lavoratore con una passione oltre alla famiglia e al lavoro: l'orto. Uno di quegli orti in cui i sapori delle verdure, maturate al sole, da sempre si sposano con i colori dei fiori che Maria, sua moglie, coltivava sia per proteggere le verdure dai parassiti, che per il colpo d'occhio che quell'orto così curato offre ai passanti. Era il vanto di Maria quell'orto: la tavolozza di un pittore in primavera, il rifugio contro l'arsura in estate, perfino in autunno con i topinambur e in inverno con i cavoli e le crisantemine  non mancavano le fioriture a consolare della scarsità di luce. Quando Maria si era spenta, dopo una breve malattia, che aveva strappato a Ruggero la compagna di sempre, il ritorno alla cura dell'orto aveva segnato il momento del riaffacciarsi alla vita dopo il grave lutto. Ruggero ha una coroncina di capelli candidi, l'incarnato dorato di chi passa molto tempo all'aria aperta pur con le dovute precauzioni per evitare le pericolose insidie della troppa esposizione al sole. Ogni giorno entra in chiesa, si lascia avvolgere dalla penombra ed essendo molto devoto prega il suo Dio con il cappello tra le mani seduto sempre a metà circa della navata centrale, quasi di fronte alla porta del confessionale, come aspettasse il suo turno, ma non varca mai quella soglia. Entra in chiesa con il viso mesto, appare turbato, smarrito, come se un macigno gli gravasse sul cuore, gli angoli della bocca inclinati in basso in una piega amara. Si rigira la tesa del cappello tra le mani. Nel silenzio assoluto della chiesa, proveniente dal buio dell'ultima cappella, con passo felpato, un'ombra gigantesca, quasi felina, gli occhi della stessa algida luminosità del diamante, immancabilmente prende posto due panche dietro a Ruggero. Lui ne avverte la presenza annichilente, anzi forse è proprio lui stesso a evocarla, chiude gli occhi e riprende la preghiera più come un mantra,  che con la dovuta attenzione alle parole che pronuncia e inizia il suo quotidiano processo. In quel processo riveste sempre tutti i ruoli: accusato, pubblico ministero, difesa e giudice. Da principio espone i fatti: correva l'anno 1973 lo ricorda perché era l'anno dell'Austerity, della crisi petrolifera. Maria in corriera con i bambini aveva raggiunto la sorella che non stava bene, una gravidanza, tanto desiderata quanto tribolata, la inchiodava a letto e Maria si era offerta di darle assistenza e sostegno, lei era fatta così, non si tirava mai indietro. Ruggero che a quel silenzio e a quella solitudine non era avvezzo aveva cercato nella cura dell'orto, nella lettura e in qualche partita a carte con gli amici un diversivo. Quando poi l'orto aveva iniziato generoso a dare i frutti per ripagare delle cure che Maria e Ruggero gli avevano dedicato, non c'era nessuno a consumare tanta abbondanza e lui, che non era bravo a fare le conserve, aveva iniziato a elargirne ai vicini che non avevano un pezzo di terra da coltivare. Un giorno si era presentato anche a casa di Regina, il cui nome in tanti ritenevano avesse condizionato l'attenzione nella scelta degli abiti, la cura della persona, il portamento. Regina, che viveva sola, per ricambiare lo aveva invitato a cena. Erano stati bene quella sera, le chiacchiere, le risate avevano fatto dimenticare a entrambi la solitudine. Quando fattasi tarda notte Ruggero si era congedato, sulla porta avevano indugiato un attimo di troppo e si erano baciati. Entrambi storditi da quella intimità non cercata e dall'imbarazzo si erano rapidamente salutati. Non sappiamo dire cosa rimase a Regina di quel bacio, sappiamo invece che turbò i sogni di Ruggero e al contempo lo spaventò: non si sarebbe creduto capace di cadere in tentazione come nel più banale degli stereotipi, il marito che si sente legittimato dall'assenza della moglie per tradirla. Non vi fu nessun seguito tra loro, né Ruggero mancò mai più nei confronti di Maria, continuò ad amarla, la rese felice e si sentì appagato del loro rapporto per tutti gli anni che il buon Dio gliela lasciò accanto. Ogni tanto pensa che più che con il bacio aveva mancato nei confronti di Maria nascondendo quell'unico errore. L'idea di non aver ritenuto il loro rapporto capace di sopravvivere alla sua confessione ancora lo tormenta. Lei se n'era andata e tra le ultime cose che gli aveva detto c'era che conoscere lui era stato il regalo più grande che avesse mai ricevuto, così come quel loro rapporto così sincero e specchiato. Il peso dell'omissione della confessione, seppur tardiva, lo spinge ogni giorno fin sulla porta del confessionale con quell'ombra gigantesca e minacciosa alle spalle, poi,  vestendo i panni della difesa si dice che se anche Maria avrebbe capito, non era il caso di rischiare di rovinare la loro bella storia per uno stupido bacio senza conto, né di straziare Maria nell'ora dell'addio per sgravare la sua coscienza. Ancora una volta sul volto di Ruggero torna il sorriso dell'assoluzione, esce dalla chiesa mentre il grosso felino ritorna nelle tenebre, riprende il mazzo di fiori dell'orto che come ogni giorno ha raccolto, si reca al vicino cimitero, spolvera la foto di Maria, getta i fiori del giorno precedente e le racconta la sua giornata.






Commenti

  1. ...e tu ci racconti un nuovo universo, qual è la vita di tutti noi, tanto più quando impreziosita dal passare delle stagioni e dalla fissità della strada già percorsa, gravida di azioni, emozioni, esami di coscienza. Pace all'anima di Maria, al cuore di Ruggero (e a quella di Regina, di cui non sappiamo) e a chi s'affaccia curioso sulle narrazioni della fantasia e della vita.

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  2. Un lieve raccontare il tuo, che evoca le ombre che gravano su ognuno di noi, in tanti casi ombre che dispensano cura, che giocano al sollievo, che procurano quiete. la quiete della memoria, dello sbaglio che diventa evoluto, dell'omissione non più remota, ma presente e vigile.

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    1. Le vite sono lastricate di omissioni più o meno "pesanti"

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  3. Che belli sti amori eterni! Peccato che non sian per tutti.

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  4. Le piccole ombre del passato che, se rinnegate, diventano mostri.

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