La parola rubata









M. è al mondo da così poco tempo che potrei quasi ricordarmi cosa facevo nel momento in cui ha deciso di lasciare il posto caldo in cui il sangue di sua madre ha nutrito le due prime cellule esploratrici da cui tutto ebbe inizio. Eppure, nemmeno il tempo di spengere due piccole candele, che M. ha  già un paio di enormi crediti da riscuotere con la vita e con gli uomini. I crediti della vita ci connotano, ci limitano, ci rendono ciò che siamo, mettono dei paletti, più o meno superabili sul nostro percorso e sono millenni, in teoria, che l'uomo accumula conoscenze, studia e piega la scienza a suo vantaggio, e, da decenni, che sviluppa le tecnologie per poterli valicare. Soluzioni rudimentali, quando ho iniziato ad occuparmi di problemi dell'udito, sono oggi la quotidianità. Perché una società civile deve cercare di fornire, nei limiti del possibile, a tutti, le stesse chance in partenza. Poi ci sono i crediti con gli uomini: non so se e quando M. saprà cosa le è stato tolto, in realtà mi auguro che il cambio di rotta in zona cesarini del suo brevissimo, ad oggi, ma erto percorso, possa garantirle pari opportunità senza stigmate, ma molto dipenderà dalla cura che si metterà nel prenderla in carico da ora in avanti.
Cura, avere cura, alla fine è questo lo scopo del mio lavoro, come di quello di ogni operatore sanitario degno di questo nome. Nella storia di M. fino ad ora, non un solo membro della filiera può considerarsi all'altezza del compito che svolge. Non sto parlando di errori diagnostici o tecnici, in quelli ahimè possono incorrere tutti, anche coloro che sono armati delle migliori intenzioni per fare il bene del paziente. Ma nella storia di M. la superficialità, la fame di denaro, l'incompetenza, il disinteresse e soprattutto la mancanza di confronto tra le varie realtà professionali si sono mescolati insieme in un mix esplosivo, le cui sole vittime rischiano di essere M. e la sua famiglia. Non è possibile che nel 2017, in Italia, con un programma di screening uditivo neonatale avviato da anni a livello regionale, con i nuovi LEA  (livelli essenziali di assistenza) che finalmente riconoscono il diritto di ogni bambino a ricevere alla nascita il test dell'udito in ogni punto nascita, si arrivi a due anni (spartiacque decisionale per un corretto sviluppo del linguaggio) senza che una creatura abbia ricevuto una diagnosi, degna di questo nome, in una struttura pubblica, che per averla debba peregrinare per migliaia di chilometri, che non indossi costantemente un paio di protesi acustiche tarate adeguatamente alla perdita uditiva, faccia logopedia sempre in una struttura pubblica dove dei tecnici specializzati nella riabilitazione dei bambini molto piccoli li allenino all'ascolto e all'apprendimento del linguaggio e si mettano a disposizione della famiglia per insegnare quali siano gli atteggiamenti adeguati a stimolare l'apprendimento del bambino e soprattutto che vi sia un confronto tra questi professionisti e la famiglia e si attui un piano volto a stabilire se le protesi acustiche siano sufficienti o sia necessario procedere ad un impianto cocleare in tempi opportuni. Non tutti hanno le competenze adeguate ad occuparsi di un bambino sordo, anche se specialisti in otorino, logopedisti o audioprotesisti. Un  professionista serio, con umiltà,  dovrebbe farsi da parte e non immolare il futuro di un bambino all'altare del dio denaro. Questa settimana, venendo a conoscenza della storia della piccola M, avrei potuto essere feroce con questi omuncoli, auguro loro di non incontrare mai, sul loro cammino, nel momento del bisogno, persone altrettanto avide ed incapaci, anche se quel giorno dal profondo del cuore è ciò che ho invocato per loro

Commenti

  1. Non conoscevo questa storia ma condivido in pieno. Credo da sempre, in una sanità pubblica, dove l'interesse sia quello del paziente, non dei potenti che ci lucrano sopra (ovviamente, con operatori pagati il giusto).

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  2. Terribile,ma frequente,purtroppo. E la cosa è ancora più vergognosa quando le "vittime" sono bambini e anziani,i più deboli e indifesi.

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  3. Come non essere indignati di fronte a un caso del genere. E chissà di altri casi simili nelle cause (la fame di denaro) di cui non veniamo a conoscenza.

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  4. @ Alligatore sottoscrivo il tuo commento.

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    1. Io lavoro sia nel pubblico che nel privato e l'interesse del paziente è COMUNQUE la mia priorità

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  5. Cavolo se fa rabbia pensare che chi dovrebbe e potrebbe aiutarti è in realtà lì solo per guadagnare soldi e fare il minimo dovuto. Ci si deve sentire davvero persi, oltre che arrabbiati.

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  6. E allora? Gli avidi, i piccoli di spirito, gli incompetenti saccenti che si permettono di rovinare la vita di una l piccola e innocente creatura che già parte in sala rispetto al mondo... che dovremmo fare di questa gente? Se c'è una giustizia dovrebbero provare sulla propria pelle la stessa avidità che hanno riservato a M.e ai suoi genitori. Che mondo di...

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  7. Spiace sia averlo riscontato di persona che dirlo pubblicamente, per non offendere tutti i coscienziosi e gli onesti, ma oggi non abbiamo quasi più medici, abbiamo dottori-impiegati a cui, al momento della laurea, vengono consegnati pacchetti di etichette... e se non rientri nello standard etichettabile sei fregato.

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    1. Io non parlo a nome di una categoria, quindi non devo difendere proprio nessuno, ma ho molti colleghi che per i pazienti fanno anche più di quello che è loro richiesto

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    2. Non faccio di ogni erba un fascio e ho scritto che ce ne sono anche di coscienziosi ma la mia esperienza è così triste, ma così triste...
      Scusami.

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  8. Io credo che in questo paese purtroppo stia crescendo sempre più un disegno politico per togliere finanziamenti alla sanità pubblica, screditarla sempre di più agli occhi del cittadino in modo tale da portarlo a dire che privato è bello. E' un discorso pericolosissimo... mi fa paura pensare di vivere in un paese stile americano dove esiste se hai un'assicurazione. Lo stanno facendo a partire dai contratti della gente che ci lavora dentro...
    ps. non ti ho detto che l'aspetto del blog così è davvero bello

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