Incipit: tutta la luce che non vediamo




Piovono dal cielo al crepuscolo. Scavalcano in volo i bastioni, fanno le piroette sui tetti, sfarfallano nei dirupi tra le case, lampi bianchi sull'acciottolato di intere vie sommerse dal turbine. Messaggio urgente per gli abitanti di questa città, dicono. Dirigetevi immediatamente in aperta campagna.
La marea monta. In cielo pende una luna piccola, gialla e gobba. Sui tetti degli alberghi del lungomare e nei giardini retrostanti, dal lato orientale, cinque o sei,unità d'artiglieria americane infilano bombe incendiarie nelle bocche dei mortai.

Anthony Doerr. Tutta la luce che non vediamo. Rizzoli. Traduzione D.A. Gewurz e I. Zani


Marie-Laure abita  a Parigi e ha sei anni quando la sua luce si spegne, una cataratta congenita le toglie la vista. Werner è un bambino che abita in quella parte della Germania dove il buio della miniera è la condanna da scontare di generazione in generazione. Per entrambi la conoscenza è la chiave del riscatto, la luce che non si vede. È l'agosto del 1944 quando le loro strade si incrociano a Saint-Malo nella Bretagna francese, dove Marie-Laure è sfollata e Werner fa parte  dell'esercito occupante. Anthony Doerr scrive un romanzo di incredibile bellezza che ha la potenza di una testimonianza anche se scritta da un uomo della mia generazione. Finita la stagione dei testimoni diretti dell'orrore, nasce una generazione che perpetua la testimonianza con la forza dell'empatia, pur non tacendo nulla degli orrori, perché non si dimentichi, perché la storia continui ad insegnare, perché il dolore, su ogni fronte, non sia stato vano. Perché la bellezza, che nasce dalla conoscenza, spalanca le finestre alla luce anche nelle tenebre più profonde. Perché non succeda mai più

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