L'onere della scelta


Simone Rea





Quando un bambino non sente e con le protesi acustiche non trae l'adeguato vantaggio non abbiamo alcun dubbio su cosa proporre alla famiglia, i genitori pur con i dovuti timori legati al fatto che il loro bambino dovrà subire un'anestesia generale, un intervento chirurgico e iniziare un'esperienza di vita nuova e sconosciuta sono consci del fatto che cercare una via per rendere il loro bambino il più possibile parte della società in cui vive è la priorità e una volta eseguiti tutti i test necessari, sono pronti a decidere per lui di intraprendere questo cammino. Vi confesso che venti anni fa, quando di impianti cocleari non se ne vedevano in giro tanti come ora, ho avuto l'onere e l'onore di leggere una lettera che una mamma scrisse a sua figlia, nella notte che precedeva l'intervento e che decise che sua figlia avrebbe dovuto aprire al compimento del diciottesimo anno. Quella lettera era struggente per il carico che portava con sé, si stava decidendo non per la vita della bambina, ma per la qualità di quella vita, la madre temeva che in futuro la figlia potesse prendere la sua scelta come una non accettazione della sua creatura per quello che era e poiché lei l'amava immensamente con o senza udito, voleva che da grande, e comunque fossero andate le cose, fosse chiaro a lei che la decisione era stata terribilmente sofferta. A distanza di diciannove anni posso dire, ma lo potevo dire già un anno dopo, quella fu una scelta strepitosa per quella che oggi è una giovane donna felicemente inserita nella società in cui vive. Tenni la mano che aveva vergato quella lettera tra le mie finché la piccola non uscì dalla sala e sentire dire, dopo pochi mesi, le prime parole della bimba è uno degli splendidi regali che rendono meraviglioso il mio lavoro. Ma qui oggi vorrei parlare di quelle zone d'ombra o di luce a seconda di come vogliate vedere la medaglia, in cui la decisione diventa penosa. Ci sono delle creature, spesso nella mia casistica sono femmine, spesso nella mia casistica hanno alle spalle madri e padri eccezionali, che a dispetto di una soglia audiometrica ai limiti delle possibilità delle protesi più potenti, sviluppano un linguaggio adeguato, vanno benissimo a scuola, sono pienamente inserite nella società. Allora mi direte perché dovrebbero scegliere? Perché non hanno il piacere di fare le bambine, provate a immaginare: a queste creature, per poter arrivare a quei livelli, partendo dal loro handicap ( parlo di svantaggio, provate voi a turarvi gli orecchi e a dirmi se non è uno svantaggio) non è concesso distrarsi nemmeno un secondo della loro esistenza. Pensate a quando eravate bambini e pensate a quante volte a casa o in classe vi è capitato di viaggiare con la mente (distrarsi è umano, fare volare la mente è un diritto almeno qualche volta nell'arco della giornata) a loro non è concesso nemmeno un minuto se vogliono essere come gli altri. Poco tempo fa parlavo con una di queste creature adolescenti e dissi che comprendevo la sua immane fatica, lo dissi io prima che tirasse fuori lei l'argomento, mi scoppiò a piangere tra le braccia, mi disse che ormai pensava che nessuno l'avrebbe mai più capito quanto le era costato essere "normale", però quella strada in perenne salita erta è la vita come la conoscono e temono di abbandonare le certezze che hanno conquistato con quel terribile lavoro per approdare in una terra di nessuno, una nuova via ignota, nella quale, come spesso, o quasi sempre succede in medicina, noi non possiamo dare la certezza matematica del pieno successo, anche se la casistica ormai ampia sostiene il nostro suggerimento. A quelle creature che mi sono care come i brillanti più preziosi di una collana di anni di lavoro dentro ai problemi uditivi va il mio pensiero più affettuoso, sperando che trovino il coraggio per iniziare a correre in discesa

Commenti

  1. Io me lo sentivo che dietro tutte quelle favole c'era uno spessore che non hanno mica tutti!
    Conosco una coppia di quei genitori e afferro appieno quello che hai appena scritto. Sono felice di essere qui a leggere le cose che scrive una innamorata del suo lavoro ben sapendo che non è cosa di tutti. Ciao.










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  2. Belle parole ... all'inizio pensavo fosse un nuovo tuo racconto, ma qui c'è di più. C'è vita, vera, e ancora qui, potrei dire "struggente e carveriana", ma, più semplicemente dico amandiana :)

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  3. La salita è dura, ma è la vita. L'importante è accompagnare, sostenere, abbracciare quando serve. Grazie di questa tua testimonianza.

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    1. A volte le esperienze sul mio lavoro che sono pezzi di vite e della mia vita hanno bisogno di essere spremute dalla penna

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  4. Per tanti la vita è una continua lotta, ma per alcuni la lotta è proprio dura. E quando se ne esce vincenti la felicità è grande. Sia di quelli che hanno vinto che di quelli che hanno contribuito in maniera determinante a vincere. Grazie Amanda.

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    1. È proprio così Alberto, una entusiasmante vittoria comune

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  5. Grazie Amanda, per quello che sei e per quello che fai.
    zena

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  6. Vedi, questo tuo post, dovrebbe essere reso più visibile: è una lezione bellissima e intensa di quanto tutte le persone coinvolte in queste scelte (i figli, i genitori, i medici) sono umanamente sensibili nei confronti gli uni degli altri. Non dico in pari misura, in misura differente ma non meno importante per i loro ruoli e le loro vite personali e professionali. E quel tuo considerarle come brillanti della tua collana più preziosa ti rende un grandissimo onore.
    Complimenti, di tutto cuore!

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    1. Grazie Nela, pensa un po' io invece per pudore, per l'idea che comunque sono vite umane, ho pensato che il blog dove mi sembra di parlare con amici,e non instagram, fosse la giusta sede per la condivisione

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  7. Condivido soprattutto, fra i vari commenti, le parole di Nela San: sarebbe bello che questa tua testimonianza avesse una grandissima diffusione, come antidoto al nichilismo, al cinismo, alla depressione strisciante, alla passività, che il flusso di informazioni quotidiane tendono a generare nell'opinione pubblica.
    Esistono vicende, e persone (come te), che narrano un'altra storia, fatta di vita palpitante, emozionante, appagante ai livelli più profondi.
    Grazie, cara Amanda.

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  8. Che lavoro importantissimo e prezioso che fai, cara Amanda! E lo fai con una sensibilità che non tutti i medici hanno, perché una cosa è saper operare un paziente, e una cosa è saperlo anche comprendere e fargli sentire che non è solo un numero, ma anche una persona.

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