Le squame

 

Piero Schirinzi 







Nelle terre emerse qualcuno continuava a indossare abiti antichi adatti all'epoca diluviana  con qualche rimaneggiamento per renderli adatti ai nuovi climi. Non era facile trovare i materiali e tanto meno qualcuno tra i sopravvissuti che avesse le competenze per cucire abiti adatti al mondo nuovo. Quelli vecchi avevano permesso la sopravvivenza durante il secondo diluvio universale. Nel periodo che aveva preceduto il diluvio che non era giunto inatteso (da dieci anni infatti gli scienziati parlavano di punto di non ritorno) le forbici sociali avevano allargato le lame e i più facoltosi tra gli umani avevano volto le speranze al cielo immaginando nuovi pianeti su cui rifugiarsi in piccole colonie privilegiate o avevano previsto di occupare il suolo lunare o di adattarsi alle tempeste marziane, ma il tempo era volato e le ricerche e il denaro speso non erano stati sufficienti a garantire approdi sicuri a quei danarosi che erano in parte responsabili della catastrofe annunciata. D'altro canto un passa parola era corso tra le donne, la terra mandava segnali d'urgenza, e loro li avevano raccolti: quelle in età fertile per tentare di salvare la prole, quelle più anziane perché erano depositarie della tecnica della fabbricazione degli abiti, arrangiandosi con il poco a disposizione, e infine alcune donne di scienza  che si erano dedicate allo studio dei materiali da riciclare più idonei allo scopo (a quel tempo la terra ne era sommersa ma in pochi li vedevano come una risorsa) di galleggiare, resistere all'acqua e termoregolare. Il risultato erano delle mute a squame, di tessuti ottenuti filando la plastica, che permettevano il galleggiamento e il nuoto in scioltezza all'interno delle quali vi erano pannelli che accumulavano l'energia solare e motoria e la restituivano appena la temperatura corporea scendeva sotto ai 35 gradi. Le mute  comprendevano una specie di pinna caudale. I primi a ricevere le mute erano stati i bambini e se anche, quando il livello delle acque aveva iniziato a salire, qualche adulto aveva cercato di violare i criteri di selezione per l'approvvigionamento dei vestiario , le donne avevano impedito che i soliti noti sconvolgessero le liste di priorità. La muta era dotata della possibilità di essere aperta poco sopra le caviglie, aveva inoltre un cappuccio a cui erano connessi degli occhiali tondi che facevano le veci di una maschera da sub. Una volta emerse le  terre dopo il diluvio, le pinne caudali erano state abbandonate e i bambini indossavano quindi delle tuniche squamate. Si erano riuniti in tribù e ognuna di queste si identificava mediante i simboli che si innalzavano sul cappuccio della muta: c'era la tribù della luna, quella del sole, quella delle stelle e quella dei pescatori notturni. Questi ultimi recavano sul capo una piccola imbarcazione sormontata da una falce di luna. Al tempo delle terre emerse l'età media della popolazione era molto bassa, i pesci rossi avevano sostituito cani e gatti come animali da compagnia. I piccoli sopravvissuti avevano forgiato il carattere con la fame, la paura, il distacco dagli affetti del vecchio mondo. Il peggio delle caratteristiche umane era approdato sulla terra asciutta. Questa volta non c'erano né una colomba, né l'Arca cui questa potesse fare ritorno per annunciare la fine dell'ira di dio.




Commenti

  1. Quello che riesci ad estrapolare da un piccolo disegno è inenarrabile (ma invece - e come - lo narri..), mondi che ti si moltiplicano negli occhi.. anche se io avrei dato una chance alla tribù degli ananas, grazie ai quali avevano visto lungo... ;)

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