Corallo e perle di fiume

 

Annalisa Parisii 







Dicono che la pietra fondante l'intera esistenza di Kvĕtoslava Notovna fu l'adorazione che il suo sguardo opaco di neonata percepì nei volti di coloro che si sporgevano ammirati sulla culla in cui lei giaceva in fasce. Ora vi domanderete non solo cosa potessero mai avvertire gli occhi di una vita che datava poche ore, ma come questo potesse persino costituire il nocciolo di una memoria capace di forgiare un carattere e l'attitudine alla vita. Il fatto è che quella neonata pareva, non solo non aver sofferto nel venire al mondo, ma possedeva già un incarnato di porcellana che preservò per tutta la vita. La bocca era, già allora, di corallo con labbra morbide e gli occhi avrebbero conservato, anche dopo la fine dell'allattamento, la trasparenza dell'acquamarina cangiando tra il ceruleo e il verde a seconda dell'inclinazione della luce e dell'umore che l'accompagnava durante il giorno. La levatrice disse che, in tutta la sua lunga carriera, non aveva mai visto una creatura così bella e lo disse con una convinzione tale nella voce che non lasciò alcun dubbio, non solo ai genitori che, come tali ovviamente, non potevano che lodare il frutto del loro seme, ma nell'intera città di Česke Budĕjovice, così, per tutti i tre mesi successivi si svolse un vero pellegrinaggio alla culla che finì per rafforzare la leggenda di quella rara bellezza in fasce e l'autostima della futura bambina. Crescendo furono perfino preparati per lei degli unguenti atti a mantenere inalterata quella pelle diafana che non era macchiata da nei o da imperfezione alcuna. I denti, quando spuntarono erano perle di fiume, le caviglie sottili chiudevano con grazia due leve perfette non appena iniziò a perdere le rotondità della prima infanzia. I più importanti sarti della città si offrivano di tagliare e cucire i suoi abiti fin da bambina perché indossati da lei rappresentavano una pubblicità certa alle loro botteghe, le ricamatrici impreziosivano i suoi vestiti dall'adolescenza in poi senza che i genitori avessero mai dovuto acquistarle nulla. I gioiellieri si vantavano di farle indossare bracciali di perle di fiume splendenti come i sorrisi di cui era parca, o collane di coralli che si intonassero alle sue, perfettamente disegnate, turgide labbra; e ancora collane valorizzate da fermagli di diamanti purissimi, o zaffiri che esaltassero il colore cristallino dei suoi occhi. Crescendo Kvĕtoslava non fu più felice di quella sua dote che le era capitata in dono e per la quale non aveva combattuto nessuna battaglia e iniziò a tiranneggiare le schiere di adulatori con richieste sempre più improbabili. Ricevette così in dono da un mercante, ricco e molto più anziano di lei, di ritorno da un viaggio nelle Americhe, un piccolo alligatore, a cui fu in grado di insegnare la buona educazione e che si comportava con lei esattamente come avrebbe fatto il più docile dei cuccioli di cane, tra lo spavento e il disappunto dei suoi famigliari. Insistette poi per avere un airone rosa che puntualmente le fu recapitato e che lei seppe rendere familiare al coccodrillo al punto che i due divennero inseparabili. Da ultimo le fu fatto dono di un cardellino, la sua gioia fu immensa e lo volle sempre con sé, al punto da farsi modellare dalle tante modiste che le donavano copricapi di tutti i colori e le forme, dei turbanti arricchiti di rami e fiori su cui l'uccellino si posava intonando melodie. Veniva portata a tutti i balli come si porterebbe in processione l'effige di una santa alla festa patronale. Ma nessun uomo la guardò mai per ciò che veramente era, con gli occhi cioè dell'amore. Dopo l'invito a un ballo o a una festa si comportavano con lei come coloro che vanno a caccia per esibire un trofeo e Kvĕtoslava decise che sarebbe restata da sola piuttosto che unirsi a qualcuno che avrebbe fatto di lei solo il simbolo del proprio successo. Quello che più la intristiva e annoiava, seppure di ciò non fosse consapevole, era l'impossibilità di avere desideri da esprimere: qualsiasi cosa le veniva offerta ancora prima che la sua mente potesse plasmare un sogno. Persino i suoi desideri più assurdi erano più frutto di una sfida che un bisogno o una fantasia. Passarono gli anni la sua noia per la vita e le persone cresceva. Un giorno realizzò che forse allontanandosi dalla sua città avrebbe potuto essere altro che la sua sola bellezza. Si tagliò i capelli corti, si scurì la pelle con dell'olio di noci e indossò gli abiti del fratello e partì per il mondo con chi le si era offerto senza condizioni. I primi tempi mantenne sé e i suoi animali vendendo gioielli e vestiti. È noto che a un certo punto si unì a un circo, di passaggio nella città in cui si era trasferita, il cui direttore rimase impressionato dalla sua capacità di interagire con gli animali. Dopo alcuni anni a Česke Budĕjovice giunse la notizia della sua morte: era rimasta schiacciata da un elefante la cui unica colpa era stata quella di volerle sempre dormire accanto; nel sonno profondo le aveva sfondato il petto con una zampa. Dicono che in quel momento anche lei stesse dormendo profondamente e che sul suo volto intatto un rivolo di sangue fosse sceso dalle labbra di corallo dopo aver appena macchiato la chiostra di perle di fiume dischiusa in un sorriso.



Commenti

  1. Tristissima Kvetoslava senza amore tutta la vita, circondata da anime insensibile e solo da un elefante affezionato ma ingombrante come fosse in un negozio di ceramiche, cristalli ..e porcellane.

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    1. Porello, lei in verità aveva anche gli altri 3 amici e non le mancavano troppo gli umani. Io devo capire perché ti ripesco sempre nelle spam, mah

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  2. Di nuovo una bella storia di presa in mano della propria vita

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    1. C'è una iniziativa spagnola che si chiama cambia el cunto per dare alle nuove generazioni un'idea diversa della donna nelle narrazioni, mi è sembrata una bella idea e ci provo anch'io

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