Sbozzare

Annalisa Parisii 






Andava cercandosi con occhi da presbite che indossano occhiali da miope, come spesso accade a  quel punto della propria esistenza in cui si iniziano a fare conti da ragioniere ubriaco. Nulla è come lo si era sognato. Mete non pervenute, direzioni perse come se si fosse stati guidati da un navigatore che da anni non viene aggiornato, intenti a girare attorno alla stessa nuova rotatoria sperando di imboccare la via attraverso la quale l'infame strumento non cominci con voce antipatica ed evidentemente scocciata a dire "Ricalcola". Il tempo per nuovi progetti sempre in procinto di scadere e l'arbitro avaro nel concedere recuperi. L'altrove, in questi frangenti, appare una meta agognata. Un Eldorado dove si sono andati a nascondere: successo, realizzazione personale, aspettative. Raggiungerlo significherebbe fermare il tempo e poter ripartire. C'è un certo livore malcelato quando si giunge a quella fase: famiglia, lavoro, studi tutto si è frapposto tra noi e la scelta che avrebbe sicuramente aperto le porte della felicità. Alessia aveva lasciato andare nel tempo alcune zavorre: un matrimonio che si trascinava zoppo dopo la scoperta di reciproci tradimenti che non avevano fatto che decretare l'asfissia di un rapporto che da tempo ormai galleggiava e dove entrambi sembravano nuotare in direzione contraria senza tuttavia imprimere vigore alle bracciate; il rapporto con una sorella, inesistente fin dalla più tenera età, che si era spento con la morte dei genitori e la vendita della casa dove avevano trascorso la loro infanzia fino a quando il padre non era stato trasferito all'estero dalla ditta dove aveva lavorato tutta la vita, ascendendone tutti gli scalini fino alla direzione. L'avevano sempre conservata quella casa come a lasciare una porta aperta al rientro, ma non ci erano mai tornati a vivere nemmeno da anziani, sentendosi di fatto ormai estranei all'Italia ma  mai completamente francesi. Alessia era rientrata invece, volendo intraprendere gli studi per diventare restauratrice ma si era stabilita a Firenze sede dell'Opificio delle Pietre Dure dove studiava. La sorella che, a detta di Alessia, era quella che sapeva vivere, aveva sempre viaggiato cambiando lavoro con la facilità con cui chiunque altro cambiava l'abito quando la scelta fatta non la soddisfaceva più e ovunque fosse approdata apparentemente sembrava a suo agio e felice della scelta. Qualche volta aveva presentato in famiglia un nuovo compagno ma a nulla e a nessuno si era mai legata si trattasse di case, lavori, amici o amori. Alessia invece aveva sentito la necessità di ancorarsi a un luogo tramite un uomo, quel marito con cui aveva condiviso una vita tiepida fino a tre anni prima. Lui era stato un padre molto giovane, aveva avuto un figlio con una compagna di liceo che lui definiva "la pia donna". Al primo rapporto di entrambi, diciassettenni, era rimasta incinta, e aveva deciso, essendo cattolica e devotamente praticante, di tenere il figlio. Quel bambino era cresciuto praticamente insieme a loro e quando la storia tra Alessia e Giorgio era iniziata Marco aveva di fatto rappresentato una scusa per entrambi per non desiderare altri figli. Non era stato difficile relazionarsi con lui, nonostante "la pia donna", che aveva sofferto per anni di gelosie immotivate (perché nemmeno per un istante Alessia aveva pensato di sostenere con il bambino il ruolo di vice madre) di fatto Alessia, aveva instaurato con Marco un rapporto affettivo più duraturo del matrimonio ormai concluso. Nonostante le aspettative Alessia per tutta la vita si era occupata di restauro solo a livello artigianale, soprattutto ceramiche e piccole sculture e questo era uno di quei dispiaceri che stavano alla base della sua completa insoddisfazione di quel periodo. Dunque la sera a cena a casa di amici in cui sentì nominare per la prima volta il lago Rosa si trovava appunto in quella fase da contabile della sua esistenza. Sentì descrivere in maniera entusiasta il luogo da amici che vi erano stati in vacanza qualche anno prima. Mentre si rigirava nel letto dopo uno dei suoi risvegli nel cuore della notte che le guastavano, spesso irrimediabilmente il sonno, pensò che ci sarebbe voluta andare, per meglio dire sentì che doveva raggiungere quel luogo quanto prima. Viaggiò tutta la notte e giunse sulle rive del lago proprio nell'ora che gli conferiva il nome. Ai margine dello specchio d'acqua che si allungava verso est tra due boscose pareti montane stava un grosso masso. La luce dell'alba riflessa sull'acqua immobile conferiva al grande masso di pietra chiara le stesse sfumature rosate. Di colpo si sentì pacificata con se stessa, l'aria era fresca. Alessia raggiunse il bagagliaio dell'auto nel vicino posteggio ed estrasse la borsa da lavoro che portava sempre con sé. La portò in riva al lago. Gli uccelli salutavano il nuovo giorno quasi con foga, Verso sera i pochi turisti presenti in zona in quella ancora bassa stagione rientrarono negli alberghi di ritorno dalle passeggiate nel bosco. In riva al lago sulla cima del masso era stata scolpita la testa di un uccello. Un piccolo trampoliere scuro si godeva la luce nuovamente rosata al tramonto. Di Alessia non si ebbero più notizie.

Annalisa Parisii 



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