L'acrobata
Da tre anni l'acrobata eseguiva numeri tecnicamente perfetti, con una grazia ammaliante, evoluzioni sempre più elaborate, figure con grado di complessità e rischio crescenti. Ogni volta ad afferrarla, dall'altro trapezio, il compagno di una vita, le luci dal basso, puntate sull'acrobata, celavano il pallore dell'uomo, la sua attenzione, nel momento in cui lei si staccava dal trapezio; il suo stomaco annodato dalla tensione gli seccava le labbra, si concentrava per essere nel punto preciso dell'incontro, perché non le mancasse la presa, l'approdo sicuro. Gli astanti convenuti nel tempo sempre più numerosi, richiamati dalla drammaticità degli esercizi circensi della stella volante, stavano con il naso all'insù le labbra disegnavano un oh al momento del balzo, l'applauso finale rompeva la carica adrenalinica: una catarsi. Quella sera fu tolta la rete di protezione, Il rullo di tamburi si levò sordo. La ginnasta spiccò il volo finale, iniziò una serie di evoluzioni sempre più complesse, il compagno giunse più e più volte al punto dell'incontro, ma quella continuò a roteare e ad avvitarsi, le braccia ora estese ora raccolte, l'applauso liberatorio non scattò. Passò un tempo che parve infinito, o forse il tempo era morto, ucciso dall'ardire della donna, i bambini furono i primi a distrarsi, non hanno pazienza i bambini, poi furono i loro genitori a distogliere l'attenzione da quell'esercizio troppo arduo che pareva non aver mai fine, infine gli anziani nonni cominciarono a chiacchierare dei loro acciacchi; qualcuno si alzò ed alla fine il tendone si vuotò. Il tamburino depose le bacchette, il direttore della banda circense fece rientrare nelle roulotte l'intera orchestra. Le luci si abbassarono rimase solo l'occhio di bue puntato all'altezza dei trapezi ogni tanto la donna rientrava nel fascio di luce, il volto, teso al momento dello stacco dal trapezio, ora appariva sereno, sognante, disteso in quella apparentemente infinita evoluzione; a volte inquadrava l'uomo, che non mollava la presa, attento a trovarsi pronto in qualunque momento lei avesse deciso di raggiungerlo e di lasciarsi riportare a terra
Ad M. ed E. con tutto il mio amore
solo per loro due. niente pubblico.
RispondiEliminabellissimo
brava Manzè
bravissima!
RispondiEliminabella metafora... bravissima Amanda..
RispondiElimina... un bellissimo fotogramma
RispondiEliminaBello, ma quasi un supplizio per l'uomo.
RispondiEliminaCioè, lei volava, insomma.
RispondiEliminamolto bello!
RispondiElimina"Tutti chiusero gli occhi
RispondiEliminal'attimo esatto in cui sparì
altri giurarono spergiurarono
che non erano mai stati lì"
Ho colto una lontana parentela fra il capolavoro di Francesco De Gregori e questo tuo intenso bozzetto, che allude delicatamente a una qualche vicenda umana d'amore, lo stesso che dichiari tu nella dedica, ovviamente in forma differente.
Unico problemino, all'inizio, a causa dell'indeclinabilità del sostantivo "acrobata", non si capisce se è un uomo o una donna.
che dire è davvero bello... mi hai fatto venire in mente parecchie cose. Ci sono momenti della coppia che vanno gustati da soli, a volte il meglio e a volte il peggio
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