Incipit: un bene al mondo



Anche se questa non è una favola per bambini bisogna che io cominci scrivendo C'era una volta, perché era proprio una volta che c'era un bambino.

C'era un bambino che aveva un dolore da cui non voleva mai separarsi. Se lo portava dappertutto, ci attraversava il paese per andare a scuola tutte le mattine. Quando arrivava in classe, il dolore si accucciava ai suoi piedi e per cinque ore se ne stava senza fiatare. All'intervallo il bambino lo portava in cortile, e all'uscita da scuola riattraversava il paese al contrario con il dolore di fianco. Quando arrivava a casa si lavava le mani, perché così gli avevano insegnato sua madre e suo padre, Poi apriva lo sportello del frigorifero, controllava se c'era qualcosa di pronto, e se non c'era niente si preparava degli spaghetti con il pomodoro. Quindi stendeva una tovaglia sul tavolo e mangiava. Il dolore montava sulla sedia accanto, e mentre mangiava, il bambino lo accarezzava. Quando c'erano i genitori, invece, il dolore stava tra i piedi del suo padrone. Di tanto in tanto, il bambino faceva sparire la mano sotto il tavolo e gli offriva un pezzo di pane. Il dolore avvicinava il muso alla mano, e dopo gli leccava le dita





Un bene al mondo. Andrea Bajani. Einaudi

Di Andrea Bajani, avevo già letto "Se consideri le colpe", di cui ho parlato qui.
Ora o Andrea Bajani ha avuto un'infanzia terribile, o è affascinato dal mito dell'infanzia infelice, o conosce molto bene la realtà di chi vive un'infanzia infelice, fatto sta che l'infanzia infelice è il cardine del suo narrare e che ne ha fatto la sua cifra stilistica. Un bambino, una bambina, l'uomo e la donna che sono diventati, e i loro dolori. Nessuno ha un nome in questo romanzo breve, in questa favola ma per adulti, neppure i luoghi, i paesi, neppure i dolori, anche se si sa a chi appartengono, . L'infelicità è la protagonista assoluta, anche se l'affetto profondo, la presa di coscienza del dolore e il filo di una intimità costruito sulla condivisione accendono la luce di una speranza e si può, anzi si deve, per sopravvivere, iniziare a narrare e dunque "C'era una volta...."

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