Amo la radio
Piero Schirinzi |
Una mattina comparve una radio sul muretto della passeggiata del lungomare. Quella passeggiata che dal faro conduceva le persone pensierose lente, lente fino in pineta e gli ingordi spediti, spediti fino al chiosco dei gelati e gli innamorati quatti, quatti dietro alle dune al chiaro di luna. Era una vecchia radio a valvole. Apparentemente non era connessa a nessuna spina e naturalmente non era predisposta per funzionare a batteria o a
pannelli solari data la vetustà del modello.
Tuttavia funzionava a meraviglia e dalle sette alle nove al mattino e dalle diciotto alle ventidue alla sera emetteva musiche celestiali, capaci di sedare anche gli animi più inquieti. Dopo qualche giorno dalla sua comparsa gli uccellini, che in estate vanno a caccia delle briciole lasciate dai turisti sul lungomare, si avvicinarono alla radio e sembrarono restare anche loro in ascolto. Le madri portarono i lattanti a passeggio nei suoi pressi poiché anche la colica più tenace si placava a quel suono soave. Nessun animo poteva serbare odio o rancore quando quella radio era in funzione. Si assistette a riunioni condominiali terminate senza litigi in poco meno di mezz'ora; lontani cugini divisi da decenni per l'eredità di una prozia abbracciarsi e sedersi attorno a un tavolo a condividere sapori e ricordi. Perfino gli odiatori seriali dei social cominciarono a dispensare cuoricini e pollici alzati in quelle fasce orarie. Si narra che ad un certo punto, specie nella fascia oraria serale la gente arrivasse con le sedie da casa -fenomeno che non si era più ripetuto dai tempi di "Lascia o raddoppia?". Poi una sera giunse un omino curvo, radi i capelli su capo, il passo malfermo, nello stupore generale prese la radio e se ne andò. La mattina dopo ricominciarono i pianti dei lattanti, ma le mamme erano ormai una comunità e si scambiarono consigli, e se anche nessun consiglio si è mai rivelato efficacie contro gli strilli da coliche, è pur vero che sopportarli in compagnia è cosa diversa dal sopportarli in solitudine dopo una notte insonne e poi c'erano pur sempre gli uccellini che cantavano sugli alberi lungo la passeggiata.
E la sera, nonostante la delusione per
l'assenza dell'ormai atteso "concerto" serale, la gente continuò ad incontrarsi per chiacchierare al chiaro di luna e quando giunse l'autunno si accesero i fuochi comparvero uva e castagne e fu come sentire nuovamente quel suono divino.
Bella fiaba, a partire da un concetto molto vero, cioè la magia e socialità della radio.
RispondiEliminaSenza la radio non esisterebbe neppure questo blog, figurati se non la amo 😊
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RispondiEliminaSe ha trasformato anche gli odiatori seriali dei social doveva essere proprio miracolosa...
RispondiElimina...come peraltro la tua fantasia.
😉 grazie Franz
EliminaDove l'ha portata quel vecchietto? Dobbiamo diffondere la sua voce ovunque :abbiamo bisogno di vera socialità
RispondiEliminaIniziamo a cercarlo insieme: è già socializzare
EliminaBellissima favola. Direi che sì, cominciamo la caccia a questa radio, ne abbiamo veramente bisogno.
RispondiEliminaGrazie Alberto, c'è stato un tempo in cui la radio, quella grande, pubblica, mi ha permesso di creare una comunità, persone affini per gusti e volontà di analizzare le cose grandi e piccole della vita, quella comunità si è trasferita al mio primo blog. Non siamo rimasti voci e parole su uno schermo e ci siamo incontrati. Ho pensato quindi che il blog fossero questo un modo per far conoscere le persone. Poi sono arrivati cuori e pollici e le piccole comunità sono sparite a favore dei "guardoni seriali" rintanate dietro gli schermi ci siamo castrati da soli. Questa resta la mia isola felice di condivisione
EliminaCerto, è triste che la possibilità di giardarci negli occhi e dialogare e ridere tutti insieme si sia allontanata, ma è anche vero (e il tuo esempio lo dimostra inconfutabilmente) come anche una comunità virtuale possa arricchirsi continuamente di voci nuove.
EliminaLo spero Franz
Eliminaadoro la radio. mi ci vedo, seduta su quel muretto alle 7 del mattino sorseggiando una tisana e sentire quietare l’anima agitata.
RispondiEliminaraccontane altre di favole così, c’è tanto bisogno di creare solidarietà e contaminazione.
A raccontare ci provo ma solidarietà e contaminazione bisogna crearle insieme, non mi chiamo Greta non ho la sua età, la sua determinazione
EliminaLa radio è spesso un passaggio per un'altra dimensione. Migliore della nostra e che lascia libera l'immaginazione. un abbraccio, d
RispondiEliminaÈ vero lascia libera l'immaginazione, un abbraccio anche a te Daniel
EliminaRocky adora la radio ed in generale la musica che compone personalmente ...purtroppo dispone solo di un pupazzo sonoro mononota che limita un po la sua performance. In più dice che la radio non gli disturba la vista come la tv, tutte quelle figure che si muovono lo infastidiscono parecchio...
RispondiEliminaSalvini s'è presola radio ma non è servito, la pace ormai regnava e così continuò.
RispondiEliminaZitto che i giaguari non si smacchiano, sono bombe ad orologeria
Elimina"Amo la radio" è proprio bello... Innanzitutto la tua opera, Piero: una delle più belle, per me... Senza persone visibili, ma tante intuibili... Persino io, ci sono. Mentre sento "la cieca del Belgio" un 45 giri che papà portò dalla svizzera e che noi sentivamo sempre. Con una radio svizzera come quella...Poi il racconto, decisamente interessante, con quelle ripetizioni e quel finale. Anche lo stile è originale...
RispondiEliminaPiero mi ha parlato di questa coincidenza ed è straordinario anche questo: Io sono di Corsano e Novaglie è il mio porto sicuro e il mio mare di elezione. Complimenti per il demone della fantasia... Che continui ad abitare Piero, Amanda e tutti noi.
Ne abbiamo in bisogno estremo. Mai come adesso!
Grazie! È troppo che manco da Novaglie, ormai il Salento è troppo modaiolo, ma ci tornerei di corsa, mi sentivo a casa lì
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