Il volo di Grisbì
Piero Schirinzi |
Col senno di poi si può dire che avessero azzeccato nel dargli quel soprannome, certo non possedeva il carisma di Jean Gabin pur avendo un notevole naso, ma la realtà è che Grisbì non doveva il suo nome a quel vecchio film in bianco e nero, ma ai biscotti di cui andava ghiotto. E che fosse un goloso impenitente lo si capiva dal fatto che risultava più agevole saltarlo che circumnavigarlo. Per contro, da sempre girava accompagnato ad Anima che ogni volta che tirava vento scatenava l'istinto di ancorarlo al suolo tanto era allampanato, nonostante l'appetito non facesse difetto nemmeno a lui. I due non ne combinavano una giusta, avevano mille idee strampalate, nessuna delle quali realizzabile e non per mancanza di finanziamenti, ma per inconsistenza delle stesse, neppure in amore concludevano nulla. Ogni giorno sedevano sulle panchine della piazza a discutere animatamente delle loro invenzioni, dei loro progetti, di politica, sport, donne, tutto con una competenza in materia pari a zero. Avevano piccoli precedenti per furto e truffa ma ovviamente in un paese di ottocento "cristiani" tutti sapevano come scansare le loro genialate e i loro furti senza destrezza; venivano visti come un ingombro inevitabile per una sorta di "vivi e lascia vivere". I gratta e vinci con gli ultimi spicci in tasca e le cicche a scrocco condivano il resto delle loro giornate. Come ogni anno, dopo il lungo lavorio della Pro loco si giunse al cuore dell'estate e ancora una volta si cominciarono a issare le luminarie, le donne del paese iniziarono ad impastare orecchiette, il ripieno farcì i peperoni, le melanzane furono arrostite e profumate di aglio e menta, i polpi finirono in pignata, le polpette annegarono nel sugo. I fornai impastarono: pucce, frise, taralli e panzerotti come se non ci fosse un domani e i forni iniziarono a sfornare senza soluzione di continuità. Il palco per la banda fu montato, il direttore creò il "medley" di quell'anno con la solita percentuale di Puccini, Verdi e Rossini. Il paese anche quell'anno tirato a lucido per la Festa di San Rocco era pronto a ospitare per 48 ore danzatori di pizzica e taranta da tutta la provincia, da tutta la regione, da tutta Italia e nell'ultimo decennio da tutto il mondo. Fu quando la processione finì e la gente iniziò a girare per gli stand gastronomici che a Grisbì venne l'idea di rubare le cassette delle elemosine, perché se era vero che il paese pullulava di forze dell'ordine era anche vero che quelle si occupavano più dell'incolumità pubblica che delle offerte al Santo. Tutto sarebbe miracolosamente filato liscio per Grisbì ed Anima se non che non avevano fatto i conti con Don Auronzo. L'anziano prete, data l'età, veniva dispensato dalla processione e gli veniva affidato l'onere delle confessioni, tuttavia dopo l'assalto pomeridiano delle beghine, Auronzo, rimasto senza lavoro, si era addormentato nel confessionale e risvegliato dallo scasso era uscito in tempo per scorgere i ladri che scappavano con la refurtiva ed era quindi corso a dare l'allarme. Iniziò così una caccia all'uomo tra le strade del paese sature di pellegrini e turisti così quando stremati e ormai braccati i due ladri giunsero alle porte del paese dove erano da poco atterrate le mongolfiere della gara organizzata per la prima volta quell'anno Anima urlò a Grisbì di salire a bordo per nascondersi nel cesto, tuttavia, dato il peso di Grisbì, la manovra risultò penosa oltre misura e Anima preso dal panico di finire di nuovo in carcere senza nemmeno il beneficio della condizionale tagliò l'ancoraggio e alzò la fiamma del pallone che si levò maldestramente inclinato per lo squilibrio dei carichi, cocciò quindi sullo spigolo alto della prima luminaria che diede il via ad un effetto domino che creò il panico generale, nel buio più totale dovuto al blackout verificatosi a causa del corto circuito, il pallone dondolò e cigolò ma poi si levò più deciso mentre l'ultimo degli archi luminosi ormai orbo finiva sul palco della banda acasciandosi sul basso tuba che si salvò infilando la testa nello strumento ma rimanendo mezzo assordato dal clangore del botto e incastrato, tanto che l'ambulanza lo portò al pronto soccorso "intubato" e fu estratto di lì con l'aiuto della fiamma ossidrica dopo qualche ora. Intanto i fuggiaschi avevano un doppio problema non sapevano miminimamente come atterrare e sapevano che, se anche ci fossero riusciti, sarebbero stati immediatamente arrestati, continuarono a urlare l'un l'altro i peggiori improperi, poi la brezza li spinse verso il mare. I meglio informati sostengono che abbiano toccato il suolo in Albania. Di loro si sono perse le tracce. Quell'anno passò alla storia come l'anno " du palòone".
a volte sarebbe comodo fare come Grisbì e Anima e sparire nel nulla.... brava come sempre la mia Amanda!
RispondiElimina😍
EliminaQuesta la racconto stasera come storia della buonanotte al Sig. Tenace che mi chiede sempre "storie di canaglie"
RispondiEliminaStorie di canaglie 😁😁😁
EliminaAllora, gliel'ho raccontata, al buio della sua cameretta, entrambi sdraiati sul suo lettino. Sentivo che lui tratteneva il respiro.
EliminaPoi alla fine le domande: "Ma quanto sono poi stati in prigione? Anni o mesi? E quando li hanno presi, i soldi li hanno restituiti al prete o a tutte le persone che avevano messo le offerte in chiesa?". Sto crescendo un ragioniere.
😁😁😁 pensati se rubavano torte o biscotti
EliminaCucinare una storia è per tutti (quasi, ma quasi quasi) ma il condimento è solo appannaggio degli schef stellati. Brava ma brava brava.
RispondiEliminaGrazie, grazie, grazie
EliminaChissà quali prelibatezze avrà trovato il goloso impenitente Grisbì in Albania. Un sequel non sarebbe male.
RispondiEliminaOhi ci penserò 😁
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