Samuel





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Il nome del protagonista di questa storia è Samuel, perché vedendolo qualcuno ha pensato che fosse un nome che gli si addiceva, ma forse non è il nome che immaginò per lui la sua mamma e nemmeno il suo papà. Quando venne al mondo, così potremmo dire, non era il tipo di bebè che tutti passano il tempo a rimirare al nido, non uno di quelli di cui i parenti si attribuiscono somiglianze, anche se in realtà nessuno avrebbe potuto dire a quale ramo della famiglia somigliasse maggiormente perché fu abbandonato poco dopo la nascita in una di quelle ruote che in realtà sono culle termiche, ricomparse negli ospedali, dopo anni di oblio, per evitare il dilagare del fenomeno dei bimbi lanciati nei cassonetti. Samuel appariva già da neonato unico nel suo genere. Fu lasciato in attesa il tempo necessario alla madre per un eventuale ripensamento, ma al nido, dove era diventato la mascotte di tutto il personale medico e paramedico nessuno si presentò a reclamarlo. Poiché pesava 6 chili, aveva un capoccione non indifferente ed estremità particolarmente tozze, fu analizzato da cima a fondo e per fortuna risultò sano. Quindi fu preso in carico dai servizi sociali e il tribunale dei minori gli cercò una famiglia adottiva. Non si sa per quale congiunzione astrale toccò a Giovanna e Luciano, i quali avevano studiato, si erano perfezionati, avevano un po' temporeggiato tra amorazzi vari lei e fidanzate ufficiali ma sbagliate lui, avevano cercato un lavoro prima senza trovarlo, poi trovandolo a tempo determinato, e infine trovandone uno stabile e soddisfacente. Poi quando avevano cocciato l'uno contro l'altra, si erano osservati, annusati, trovati simpatici, più che simpatici, si erano innamorati. Avevano iniziato ad avere progetti comuni e lo spazzolino nel bagno dell'altro, un cassetto nell'armadio dell'altra, un scaffale di libri nella libreria dell'altro, quindi si erano sposati per mettere su famiglia ma si erano resi conto dopo numerosi tentativi e analisi, pianti e abbracci che avrebbero dovuto bastarsi reciprocamente salvo non intraprendere erti e complicati percorsi di fecondazioni assistite o di adozioni. Si erano guardati in faccia, guardati dentro, lasciati sondare da terze persone e avevano preso la via tortuosa dell'adozione. Quando finalmente giunse la chiamata per Samuel importò loro poco di quella capocciona e di quelle estremità tozze: la strada di Samuel era già stata ben più erta della loro fino a lì, da allora in poi doveva sapere di poter contare su di loro perché sarebbero stati sempre al suo fianco. Samuel crebbe, crebbe la sua capocciona e pure la sua panciotta perché era molto goloso, e crebbero i capelli, anche se a dire il vero con una attaccatura particolare, e pure i suoi denti in modo decisamente "spettinato" pareva ci si fosse infilata in mezzo la bora. Ma Giovanna e Luciano lo trovavano meraviglioso per il solo fatto di aver avuto la fortuna della sua presenza nelle loro vite e perché, nonostante sonni a tratti inquieti e gli sguardi degli altri bambini per quelle sue peculiarità fisiche era un bambino pieno di risorse e sorridente. I bimbi come Samuel sono figli tre volte: dei genitori biologici, dell'abbandono e da ultimo della famiglia che li accoglie e quel vuoto, per quanto breve, è una voragine spazio temporale che attrae come una calamita e che negli anni genera una serie di perché cui è difficile dare risposte senza che si trasformino in tarli affamatissimi. Quel credito con la vita non si riesce completamente a riscuotere per quanto amore si incontri sul proprio cammino: è richiesta una maturità che non concedono né i pochi anni dell'infanzia, né le turbolenze dell'adolescenza. Così Samuel si puntellava a Giovanna e Luciano e cercava di riempire i vuoti mangiando. Dunque il pomeriggio del martedì grasso quello che si presentò alla festa di carnevale della 5B con una maglietta a righe, una mascherina rossa, una specie di misterioso tatuaggio sulla fronte, i soliti denti spettinati e qualche chilo di troppo era Samuel travestito da...“ Da cosa sei vestito?“ Gli chiesero infatti i suoi  compagni "Da Captain Andromeda" rispose ridacchiando sotto la mascherina. Luciana che non era molto abile con la sartoria creativa si era inventata insieme a lui un Super Eroe con una divisa di facile realizzazione e insieme avevano stabilito che aveva il super potere di volare tra le costellazioni mangiando fette di torta. Certo non potevano immaginare che, come Samuel ingurgitò la torta alle fragole, gli comparvero sulla spaziosa fronte due cornetti e si librò in volo. Contemporaneamente oltre la grande vetrata dell'aula si materializzò una sorta di navicella spaziale da cui scese un esemplare femmina di Captain Andromeda con gli stessi denti spettinati e la stessa fronte spaziosa, dotata dei medesimi cornetti e alta circa due metri che corse ad abbracciarlo chiamandolo "figlio mio". Ora non vi racconterò lo stupore generale, né come la Presenza narrò gli eventi che la portarono a dover abbandonare il figlio, non farò menzione dell'angoscia mista a felicità di Giovanna e Luciano per l'insperata riunificazione, né del panico della madre biologica al nuovo distacco, né sarò in grado di descrivere lo stress di Samuel quando dovette scegliere non solo con chi stare ma proprio che tipo di Entità essere. Vi dirò solo che da quel momento Captain Andromeda divenne l'eroe della 5B e che qualche volta le vacanze estive di Samuel hanno mete davvero lontane. 

Commenti

  1. A volte siamo alieni senza bisogno di essere Alieni. Dobbiamo essere accolti e custoditi, dobbiamo sopportare, dobbiamo abituarci all'intolleranza, alla maleducazione, alla cattiveria.
    E non abbiamo neanche un pianeta lontano per le vacanze, d'estate...

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  2. Mi fai tornare alla mente un paio di Capitan Andromeda che però non hanno trovato una navicella spaziane fuori dalla scuola. Te sei indulgente e il tuo lo fai vivere nella bontà.

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    1. Son più le volte che la navicella non c'è di sicuro

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