La relatività

 

Cecilia Bianchi 









Correva l'anno 2020, che poi scusa, come fai a dire  correva, non si era mai visto un anno così lento. Ora qualcuno potrebbe dire "l'anno orribile" e ne avrebbero avuto ben donde tutti coloro che avevano visto partire qualcuno che amavano senza neppure un ultimo abbraccio, o perso il lavoro; tutti coloro che avevano avuto fame d'aria anche solo per mezz'ora perché la fame d'aria è l'inferno in terra; tutti coloro che, impotenti, avevano visto la gente morire. Ma dire il peggiore beh ci sarebbe da discutere : provate voi a immaginare di essere a Hiroshima il 6 agosto del 45, a Fukushima l'11 marzo 2011, a New York sempre l'11 ma di settembre del 2001, ad Auschwitz dal 40 al 45, in Friuli il 6 maggio del 76, di essere seduti in un bar a Longarone la sera del 9 ottobre 63, di essere nati in Siria dopo il marzo 2011, di essere stati mandati al Cairo, da una università inglese, il 25 gennaio del 2016 a fare ricerca o di essere andati a fare le vacanze di Natale sull' Oceano Indiano nel 2004, insomma la relatività del "male" è incontestabile. Comunque, pur non correndo, quel venti venti, che era stato così atteso in quanto sulla carta tondo tondo, e quindi foriero di buoni presagi, finalmente volgeva a termine e se non si spicciava a farla finita lo avrebbero giustiziato sulla pubblica piazza, ché è noto che i tiranni quando cadono dai piedistalli diventano preda delle rivalse più crudeli. Siccome quell'infame era proprio meschino, continuava a farsi beffa degli umani, e dopo aver regalato la primavera più luminosa a memoria umana, quando li aveva sigillati in casa la prima volta, ora continuava a scaricare neve come non se ne vedeva da anni proprio quando sci da discesa e da fondo, slittini e ciaspole erano vietatissimi per legge. Insomma quell' anno lì stava finalmente spegnendosi soffocato dalla sua protervia quando, sotto l'albero, la ragazza aprendo un pacchetto trovò uno splendido maglione di lana spessa di un azzurro turchino come i cieli di montagna nelle fredde e terse mattine d'inverno, caldo come un brulè sorseggiato in baita davanti al camino, con due montagne innevate intarsiate sul davanti. Lo indossò e subito si sentì protetta e felice. La sera lo appese alla gruccia. Si infilò il pigiama e si coricò sotto il piumino. Quella notte la temperatura scese sotto lo zero, l'ideale per sognare e nel sogno indossò un paio di sci e si concesse la discesa più lunga e veloce che avesse mai fatto in tutta la sua vita. La verità dei sogni è incontestabile.







Commenti

  1. Effettivamente non c'è paura più vera di quando in sogno mi rapiscono le bambine.

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  2. I sogni sono incontestabili, si; certo poi riapri gli occhi, e le brutte cose svaniscono (per fortuna), mentre di te che fai il bagno alle Maldive non rimane neanche un granello di sabbia sul parquet..

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  3. Racconto che cattura, come non mai. Comunque gli anni corrono, corrono... almeno quando li si guarda in retrospettiva, come avverrà sicuramente anche per questo venti-venti (e tempeste-tempeste), che ha voluto distinguersi non poco.
    Che i venti "21" soffino bonari, propizi e forieri di grande rinnovamento!

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  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  5. Però, mi sembra quasi disumano dirlo, il cinismo dello spessore bianco anche sulla cima più insignificante mentre siamo chiusi in casa questo duemilaventi ce lo poteva risparmiare.
    Buon trasloco Amanda e buon 2021 anche a tutti i Micacotiche.
    ps: quest'anno sono stato poche volte qui come nel mio blog perciò se tu avessi regalato una Strennaconlerenne anche a me mi sarei sentito in colpa. :)

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