Il Natale dello spirito

 

Marco Ieie






Sì, vi comprendo: ascoltare una storia di Natale quando fuori ci sono, come minimo, 34 gradi e un'umidità da giungla può risultare alienante e crudele. O forse no, se provate a immaginare la storia che sto per raccontarvi, se vi predisponete con orecchie vigili ma anche con la mente e, lasciatemi esagerare, perfino con il cuore, forse la neve che cade sugli alberi spogli e il silenzio che avvolge ogni cosa, dopo che la neve è caduta, sapranno rinfrescarvi. Potranno tergere il sudore della vostra fronte, alleviare la stanchezza della notte insonne quando il corpo, ghermito dall'afa, non trova requie. Dunque iniziamo così: torniamo insieme a quel periodo dell'anno così carico di aspettative per le anime bambine. Le anime bambine non sono necessariamente giovani. Ho conosciuto anime bambine che armate di stampelle sgambettavano verso il secolo di vita, avevano vissuto guerre o malattie ma erano rimaste leggere come piume, con un canto dentro. Per quelle anime svegliarsi al mattino è preludio di sorprese, ritrovarsi al mondo un regalo. Di contro ci sono bambini già vecchi, chissà chi o che cosa è riuscito a spegnerli. Ora se devo essere completamente sincera il protagonista della nostra storia non era un'anima bambina e, per anni, dello spirito del Natale non gli era importato assolutamente nulla. Badate la curiosità non gli aveva mai fatto difetto e se qualcosa lo interessava veramente non mollava fino a quando non era arrivato al cuore della questione: dalla buccia al nocciolo si gustava proprio tutto. Ma quel qualcosa che aveva spento la sua anima bambina si manifestava tramite uno scarso attaccamento verso gli uomini e soprattutto verso i loro rituali. E solo ora mi sto rendendo conto che da un pezzo mi sto dilungando a descriverne il carattere ma non ve l'ho ancora presentato. Corrado Leotti, questo era il suo nome, aveva vissuto una vita tranquilla, studente di Scienze Politiche, impiegato comunale dopo aver sostenuto un concorso che non aveva avuto nessuna pretesa di vincere dato che non aveva conoscenze e aveva studiato giusto per far contento suo padre. Non si era sposato ma aveva vissuto una duratura storia d'amore che era stata come uno di quei giochi da spiaggia degli anni 70: una sorta di palla da rugby di plastica rigida che andava e veniva quando i giocatori, in questo caso i due innamorati, si ricordavano di spalancare a turno le braccia. Sostanzialmente aveva goduto di un'ottima salute fino al giorno in cui un infarto se l'era portato via così, un dolore unico, mezz'ora di passione in una intera vita. Di lui era rimasto un fantasma chissà come e chissà perché era, del Leotti, quella parte bambina che in vita non aveva trovato spazio. Il fantasma del Leotti così delicato aveva stabilito la sua residenza nella casa in cui Corrado aveva trascorso le sue ore più belle da bambino, la casa dei nonni: una nostalgia struggente di quegli anni gli aveva infatti impedito di sistemarsi altrove. Quell'anima lieve divideva casa con uno spiritello principiante, a cui faceva da tutor, doveva insegnarli a stare a questo mondo da fantasma, nessuno nasce "imparato" anche a essere fantasmi ci vuole un certo allenamento. I due si compensavano per carattere, dove il fantasma del Leotti era sognante, lo spiritello, di cui, dovete scusarmi, non conosco né storia né nome, era concreto. Insomma era il momento dell'anno in cui le giornate erano più corte e quell'anno stava cadendo parecchia neve. Era la fine di novembre, direi, sicuramente non ancora l'otto dicembre quando tutti, perfino i più distratti, si accorgono che è Natale e lo spiritello, che stava allenandosi a passare attraverso i muri, attraversò la parete tra la cucina e il salotto e lì trovò il fantasma di Corrado, desolato, che guardava, oltre la finestra, seduto sull'unica poltrona ancora presente nella vecchia casa, il paesaggio invernale, tutto quel muto candore. «Che succede?» chiese lo spiritello. «Non saprei che dire, improvvisamente mi è venuto in mente il Natale del 65, l'unico albero di Natale della mia vita che ricordi, ero in questa casa e al contrario dei miei genitori che temevano che rompessimo le palline e che potessimo ferirci, i nonni ci permisero di addobbarlo, io e mia sorella, sotto gli occhi attenti del nonno, sceglievamo le palline con cura, le più grosse in basso, le più vecchie dietro, alla fine lui sollevò me, che ero il più piccolo, per mettere il puntale mentre mia sorella e la nonna mettevano le ghirlande. Poi ballammo insieme una specie di walzer a quattro». Lo spiritello, vedendo Leotti commosso lo lasciò solo. Venne la notte di Natale era la prima per entrambi da fantasmi anche se Corrado aveva cambiato vita da ormai più di undici mesi mentre lo spiritello da appena uno. Il fantasma del Leotti si ritirò in salotto piuttosto provato e fu allora che entrando trovò la poltrona rivolta verso la parete spoglia: lo spiritello aveva trovato nella soffitta di casa dei gessetti colorati e aveva disegnato un albero di Natale, proprio lì dove Leotti gli aveva raccontato che era stato allestito quello del 65. Il piccolo spiritello non aveva ancora completato l'opera c'erano gessetti colorati sparsi ovunque in terra e aveva persino rubato delle stelle per rendere quel loro primo Natale indimenticabile. Vinto dalla commozione per la sorpresa inaspettata Corrado si sedette sulla poltrona davanti all'albero disegnato a metà : «Grazie di cuore e buon Natale amico mio» disse allo spiritello. Qualcuno ha mai visto sorridere un fantasma? Una canzone sgorgò dalle loro anime bambine, poi uscirono a fare a palle di neve.

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