Nostra Signora dei Merli



Catrin Welz-Stein


C'era una volta una bambina che si chiamava Eugenia.
Eugenia amava due cose: le favole ed i piccoli uccelli.
L'amore per le favole l'aveva preso da nonna Luigia che le cantava filastrocche e stornelli tutto il giorno, mentre rassettava la casa, mentre spazzava l'aia, mentre dava da mangiare alle galline, mentre sgranava i fagioli e  mentre mondava il riso; e quando Eugenia aveva imparato a leggere, nonna Luigia, che non era mai andata a scuola, la pregava di prendere i libri alla biblioteca e di leggere per lei.
L'amore per i piccoli uccelli veniva dal nonno Giovanni, dei piccoli uccelli amava il cinguettio ed i colori, per loro preparava miglio e panìco, specie nei lunghi inverni, quando la neve alta di quegli anni gelidi li lasciava affamati; tra tutti gli uccellini amava i merli, soprattutto i maschi in livrea nera col becco illuminato come un raggio di sole, con il loro canto melodioso, armonioso e vario che iniziava quando la notte non voleva ancora lasciare il passo alle giornate che andavano via via allungandosi e mangiandole le ore. Il nonno Giovanni le aveva insegnato a prendersi cura  di un piccolo caduto dal nido e i merli erano diventati tutti suoi amici.
Diventata adulta ad Eugenia la passione per i pennuti cantori dell'amor cortese, che interrogavano la luna sulle loro pene d'amore, non era venuto meno; nelle notti insonni di madre, quando vegliava i brutti sogni o le febbri dei suoi tre bimbi, aveva insegnato loro a riconoscere quel canto gioioso: "Senti il merlo? Senti che ti parla?" diceva al suo piccolo che presto si calmava.
Aveva trasferito ai suoi bambini il rispetto per quei piccoli esseri e la grazia nell'accudirli quando ne avevano bisogno.
A casa di Eugenia i merli tornavano sempre, un pellegrinaggio di generazioni di piccoli potenti cantanti che rinnovavano il legame d'amore e rispetto.
Poi Eugenia si fece anziana e si avviò e, madre molto amata, la sua tomba non mancava di fiori freschi.
Fu un pomeriggio di tarda primavera che la figlia, che era andata a fare visita alla tomba della madre, scoprì che, al riparo delle corolle recise, stava un nido con tre uova che, data la familiarità che le era stata tramandata dalla madre, non tardò ad identificare come uova di merlo, non potè che interpretarlo come l'estremo tributo di gratitudine ed affetto. C'è un piccolo cimitero fuori Padova dove poco prima dell'alba si leva un coro soave, se ascolti bene sono canti d'amore, l'amore che  non muore

da "Il Mattino di Padova"


Commenti

  1. Che bella storia, mi piace pensare che i merli abbiano fatto una scelta e che la nidificazione non sia casuale.
    Buona serata
    Francesca

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    1. io me lo sento che non è casuale, pensa l'articolo diceva che la figlia, che aveva lo stesso dubbio, ha cercato se c'erano nidi nelle altre tombe ed invece avevano nidificato solo lì da lei :)

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  2. Trasmettere una passione come eredità è, forse, il ricordo più bello che potremmo lasciare di noi.

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  3. Amanda, che storia meravigliosa! Mi sono commossa!

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    1. non ti dico quando l'ho letta sul giornale locale, a parte che mi sei venuta subito in mente tu :)

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  4. Una bella storia che fa pensare che in periodi così sterili c'è pur sempre la poesia della vita e della morte che sa rendere fertile i giorni.
    Daniel

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    1. sarebbe bello poter leggere di qualche passione del genere in un ragazzino

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  5. Dolcissima storia, dolcissima signora...
    grazie a te per averle regalate entrambe.
    zena
    (sto cercando di tenermi al passo con la lettura, ma sono sempre in ritardo:))

    ps) il mio terrazzo fra muri ospita le lezioni di volo di molti merli: un nido è nel caprifoglio che circonda la finestra del soggiorno e un altro nel gelsomino che sorveglia la finestra della camera da letto. Mi son fatta l'idea che i merli amino, per i loro dialoghi senza fine, i luoghi profumati...

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    1. da me purtroppo i piccionacci hanno detronizzato passerotti e merli, bastardoni :(
      ascoltare i merli di notte, quando il sonno dura a passare a salutarmi era una mia passione

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    2. e vogliamo parlare delle tortore? Sono invadenti, come certa musica tum tum tum che fa sottofondo e picchia nello stomaco,...però però non saprei più farne a meno.
      E i passeri, poi! Usano la vite americana come centrale/stazione di comunicazione e la fanno diventare un condominio caciarone. trop bel.
      zena

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  6. ma che bella la tua signora dei merli!

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  7. Che storia stupenda! L'amore davvero può tutto e, se fossimo più capaci di ascoltare e di ascoltarci, ci renderemmo conto di quanto siamo in sinergia col resto del mondo..

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