Alieni allo specchio 2
James Guppy |
Mi chiamo Filippo M. sono un noto e stimato professionista della mia città.
Qualcuno
potrà obiettare che, venendo da una famiglia come la mia, la notorietà
non è un mio merito, ma la stima professionale la rivendico, me la sono
costruita giorno dopo giorno, come tutto di me. Il mio aspetto non si
addiceva al mio ruolo sociale. Mi sono rimaste queste gote da fanciullo
semi imberbe che si infiammano per un nonnulla e non si va a trattare
col nemico con le guance che si arrossano. Ho lavorato, lavorato,
lavorato duramente su me stesso, perché tutti, tutti, tutti mi hanno
sempre provocato.
Da
piccoli mio padre ci forgiava con quella doverosa competitività che si
deve inoculare nei virgulti di razza padrona, uno contro l'altro sempre,
dividi et impera era il suo motto, ma i miei fratelli arrivavano sempre
prima e meglio. Era la mia vergogna e le mie guance sempre lì, come un
semaforo a tradire il mio dispiacere e la mia rabbia.
Mia
madre aveva sposato la sua ascesa sociale, più che mio padre: sfornare
eredi era il suo mezzo per raggiungere il fine. Una volta consolidato il
suo stato, procreando da brava di fattrice col seme del toro da monta
più pregiato, aveva abdicato al ruolo di madre, aveva tempo solo per
bridge e raccolta fondi di beneficenza e sembrava dedicarmi attenzioni
solo quando si divertiva a stuzzicarmi ogni volta che rimanevo indietro.
Io
inghiottivo fiele e piangevo a calde lacrime, poi ho imparato ad
inghiottire fiele e a ricacciare le lacrime, ed urlavo per rivendicare i
miei diritti, ma c'erano loro, le mie maledette guance, a tradirmi.
Più
crescevo, più imparavo a dominare il tono della mia voce nei momenti
della rabbia, ormai sapevo emettere le note di un flauto, avvelenate
come cianuro ma profumate in bocca , sapevo impartire rasoiate con il
distacco di uno stilita dall'alto della sua colonna. Con la mia voce
soave e quelle guance da pecorella smarrita mi confezionai una maschera
da perfetto seduttore, la indossai e nascosto dietro ad essa fui in
grado di allontanare da me le donne che mi avvicinavano al solo scopo di
fare la loro ascesa sociale, vacche come quella che mi aveva partorito.
Poi giunse lei, e non è neppure bella, ma ha la padronanza della sua
mente e della sua parola ne fui sedotto ed iniziò tra noi una partita a
scacchi che poi si trasformò in una partita a poker, più il gioco si
faceva duro più si alzava la posta. A me piaceva sadicamente umiliare il
suo fisico, amavo ricordarle quanto non fosse bella, ma poi me la
scopavo con gusto, dopo averla fatta piangere; a lei piaceva sadicamente
schernirsi della mia intelligenza. Giocavamo con i nostri punti deboli
come il gatto con il topo. Un giorno dopo l'ennesima lite, uscì di casa
dicendomi "guardati la faccia quelle tue ridicole guanciotte stanno
andando a fuoco, è inutile che tu finga di essere indifferente, vado a
farmi un giro così te la fai sbollire". Capii che dovevo passare
all'azione. Quando tornò tre ore più tardi avevo fatto un bel lavoretto e
mi sentivo terribilmente calmo e lei capì subito che il gioco era
salito di un livello. Con un martello avevo ridotto in minuscole schegge
il bidet del bagno che usa lei. Lessi un "filino" di panico nel suo
sguardo, che mi eccitò terribilmente e tornai a parlarle con le note del
flauto, ma non durò che una frazione di secondo, non voleva darmi
soddisfazione. Dopo qualche giorno di tregua ricominciarono le
schermaglie e come ogni volta era lei a provocarmi. Questa volta la
presi per i capelli, la feci mettere in ginocchio e la obbligai a
chiedermi scusa e siccome si rifiutava la colpii sulla bocca, un solo
colpo, ma duro, perchè capisse che non può, proprio lei, mancarmi di
rispetto. Stupore, certo fu stupore quello che lessi nei suoi occhi e la
consapevolezza che eravamo passati ad un livello ancora superiore del
gioco.
Mi
chiamo Filippo M. sono un noto e stimato professionista della mia
città e no, non vi permetterò di dire che sono lacrime quelle che rigano
le mie gote arrossate, mi metterò davanti allo specchio e lavorerò,
lavorerò, lavorerò duramente su me stesso perché non ne resti più
nessuna traccia per quando arriverà la polizia che i vicini hanno
chiamato, alla fine ho dovuto cedere, era una vacca, tale e quale a mia
madre, il collo non può più riaggiustarglielo nessuno.
E' un mio racconto del 2013, ma adatto alla giornata di oggi
E' un mio racconto del 2013, ma adatto alla giornata di oggi
Ma, fammi capire, i tuoi scritti sono anche stati pubblicati??? Troppo brava.
RispondiEliminaSono pubblicati qui, ho 66 lettori, più delle copie che vendono molti libri sul mercato ;)
Eliminagrazie
Perfetto per questa giornata.
RispondiEliminae' per quello che l'ho postata nuovamente oggi
Eliminame lo ricordo, quando lo avevi scritto
RispondiEliminalettore attento il Porco
Eliminagià
RispondiEliminatutti gli anni si proclama la giornata contro la violenza sulle donne
in un mondo perfetto o almeno civile questa giornata non avrebbe modo di esistere
sembra sempre meno un mondo perfetto
EliminaSplendida pagina: asciutta, essenziale, verosimile nella dinamica ed esasperazione psicologica, la stessa di tante storie che si consumano segretamente fra le mura domestiche.
RispondiEliminapurtroppo è così
EliminaTristemente attuale..
RispondiEliminami domando se c'è stato mai un tempo in cui non fosse attuale
EliminaHo idea che nella realtà quello che hai scritto sia solo uno dei pochissimi casi
RispondiEliminaconosco mogli che prendono botte da quando erano fidanzate
e non per un moto di rabbia del marito,
ma per una violenza innata che hanno i loro compagni
non so perchè o da cosa venga, ma loro menano, sempre e sempre i meno forti.
Ciao.
quindi secondo te, se non menassero le mogli, menerebbero chiunque altro, anche di sesso maschile, purché più debole?
Eliminaanche, ma la moglie è un bel bersaglio
Eliminasoprattutto perchè in genere le prende e tace
E dire che all'inizio tenevo per lui... Ma poi in effetti mi torna: è sempre questione di debolezza, di senso di inferiorità, di insicurezze.
RispondiEliminagià omini fragili
EliminaIo invece quando ho visto il titolo ho capito subito che non sarebbe finito bene. E' uno di quelli della serie Amandacupa.
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