Teresa e Ignazio

Teresa Brutcher





L'ho trovata tra i sacchi destinati alla discarica, strappata e sgualcita, era lì, e aveva anche preso la pioggia.
Quella foto, che era un raggio di sole, non poteva essere gettata così, come se le loro esistenze non avessero più diritto d'asilo in questo mondo. Così l'ho raccolta e ridistesa, l'ho messa ad asciugare, e ora ve li racconto per donare a loro la piena luce di quel mattino di aprile in cui la foto venne scattata,  festeggiavamo quel giorno il loro cinquantacinquesimo anniversario. Teresa ed Ignazio hanno diviso una vita, tutta la vita: la fame da bambini, sorella della guerra, figlia di tutte le differenze sociali; la vita dura dei campi, un solo figlio ("altri il Signore non  ha fatto la grazia di mandarci" diceva sempre, sospirando, Teresa) tre nipoti.
Non lo potremmo definire un matrimonio di passione, ma di amore e rispetto sì, dal primo all'ultimo giorno.
Si erano conosciuti che Ignazio aveva dodici anni e Teresa sette, i genitori di Ignazio avevano un po' di terra dove seminavano seguendo le lune e le stagioni e coltivavano viti e ulivi. Il padre di Teresa giunse a lavorare da mezzadro sulle terre in fianco ai campi della famiglia di Ignazio proprio quell'anno. Ignazio già aiutava il padre in campagna e Teresa veniva inviata dalla madre all'ora di pranzo a portare il desinare agli uomini di casa e quando i due gruppi di braccianti lavoravano le terre di confine, erano soliti dividere il pasto e le fiasche di vino, nessuno pareva accorgersi della bimba che sotto il sole cocente del mezzodì portava i grossi e pesanti panieri, tranne Ignazio che la ringraziava sempre e le sorrideva. Teresa prese a guardarlo con riconoscenza e a ricambiare il sorriso, poi si fece ragazza e i loro sguardi assunsero altri significati, finirono col fidanzarsi in casa che lei aveva sedici anni e lui ventuno, terminata la leva, ché per fortuna non era più tempo di guerra.
Ignazio era un grande lavoratore, un uomo di poche parole e di nessun gesto affettuoso, ma erano altri tempi e non era l'unico a risparmiare sui sentimenti tra coloro che portavano i calzoni; tuttavia per ogni decisione chiedeva l'approvazione di Teresa, non aveva studiato ma amava l'opera e l'unico sfizio che volle togliersi in vita sua, dopo aver chiesto a Teresa, che teneva i conti di casa al centesimo, fu il giradischi, nel 1967. Da allora per anni, fino all'avvento dei CD, si recò, una volta ogni sei mesi, con la corriera, in città,  al negozio di dischi "Il Musichiere" per comprarsi un 33 giri di arie d'opera che poi ascoltava rapito la sera dopo il lavoro, Teresa se lo rimirava dalla cucina, sorridendo sorniona mentre sbucciava i piselli, poi nei campi fischiava le romanze, lo conoscevano tutti per quanto era bravo a seguire le melodie zufolando sempre intonato come un usignolo. Teresa lui la definiva "la Comandanta" anche se quella donna, mite, non aveva mai alzato la voce nella sua intera esistenza, eppure lui si sentiva guidato dalla sua presenza, dalla sua partecipazione, dalle sue attenzioni. Era il metronomo della sua vita. Poi Francesco, il loro unico figlio a poco più di 40 anni era morto in un incidente nella città del nord dove era andato a studiare (con i soldi racimolati, con grandi sacrifici e capacità amministrative, ignote agli economisti di oggi, da Teresa) e aveva quindi trovato lavoro e poi si era sposato e li aveva resi nonni, di quei nipoti tanto amati, ma che sostanzialmente vedevano solo d'estate e per Natale, Ignazio aveva riposto in cantina il vecchio giradischi e tutti i vinili e aveva sigillato le vecchie labbra già parche di parole, Teresa dopo aver consumato le lacrime gli aveva detto "Ignazio mio, siamo di nuovo noi soli, come da ragazzini, io devo sopravvivere a Francesco, perché il Signore non fa la grazia di prendere anche me, ma morirò del tuo silenzio". Nel silenzio Ignazio iniziò a smarrirsi e Teresa chiese in giro un aiuto per qualche ora, fu così che mi conobbero, cominciai a frequentare quella casa due ore a settimana, aiutavo Teresa a lavare Ignazio, andavo a stirare, a sbrigare le commissioni. Subito con Teresa si instaurò un rapporto speciale, affettuoso. Un giorno mentre rifacevo i letti, mi misi a cantare un vecchio canto delle mie terre e quando smisi, Ignazio, che non parlava più da mesi, disse "Ancora, ancora!" e si mise a zufolare l'aria; Teresa baciò Ignazio sulla fronte e mi abbracciò "Figlia mia sei la salvezza". Col tempo raccontai loro della notte in cui erano venuti a casa e si erano portati via Babatunde, lo avevo atteso per mesi, il mio giovane sposo, mentre in me cresceva la vita, speranza per un futuro migliore, ma non aveva più fatto ritorno. Così, Babatunde, avevo chiamato anche il frutto del nostro amore e mi ero detta che avrei fatto qualsiasi cosa per dargli ciò che suo padre non avrebbe più potuto dargli, un futuro libero e dignitoso. Appena il piccolo fu svezzato, iniziai il nostro viaggio, ma del "Viaggio" non vi parlerò, perché questa è un'altra storia, e il cuore non ha parole per raccontarla, vi dirò solo che una mattina Teresa mi disse che lei e Ignazio avevano deciso che la loro casa sarebbe stata anche la casa mia e del mio piccolo. Dopo qualche settimana giunse dal nord la vedova di Francesco per portare i nipoti in visita dai nonni. Quando se ne andarono Teresa mi disse "Non è mai venuta da allora, nemmeno quando le dissi che Ignazio stava morendo di crepacuore, ora che le comari del paese hanno fatto arrivare, fino al nord, la chiacchiera che vi avevamo in casa  è subito corsa, temendo di perdere l'eredità, le ho detto che finché saremo in vita disponiamo di noi stessi come meglio crediamo, poi i nipoti avranno ciò che spetta loro". Sono passati gli anni, un pomeriggio Babatunde faceva i compiti con le arie d'opera in sottofondo in cucina, Ignazio zufolava seduto sulla sua poltrona, Teresa come sempre era nell'orto, la luce stava scemando quando capii che era fuori da troppo tempo. La trovai riversa  tra i filari dei piselli, le pulii la terra dal volto, il respiro era muto ma stava sorridendo. Per il funerale vennero i parenti dal nord, questa volta nulla fu in grado di ridare la parola a Ignazio. La nuora decise che Ignazio sarebbe stato meglio in un ospizio, il parroco mi ha aiutato a trovare un altro lavoro. Oggi sono venuti a svuotare la casa, io dagli oggetti destinati alla discarica ho preso le foto, Babatunde il giradischi e le arie d'opera, Ignazio e Teresa saranno sempre con noi





Commenti

  1. non si puo' commentare tutto ciò, no.
    grazie

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  2. C'è tutto:la vita,il dolore,l'amore...Grazie

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  3. Ma ti pare che mi devo mettere a piangere alle otto del mattino?

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  4. Lunghi brividi si rincorrono fra le braccia e la schiena e un nodo mi stringe la gola.
    Accidenti a te.... :)

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  5. Grazie a tutte, giravo per siti di arte e li ho visti, e subito ho voluti raccontarli, la loro storia è cambiata più volte nella mia testa, si sa, i personaggi prendono il sopravvento e si fanno raccontare come vogliono loro :)

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  6. Che bella storia, mi pare quasi di conoscerli, è andata proprio così! Complimenti Amanda, ciao ciao
    Elle

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  7. Risposte
    1. Esageratissimo complimento che però incarto e porto a casa ;)

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