Marcia nuziale 2

Alessandro Gottardo Shout



......Continua

La mattina del secondo colloquio la sposa indossava un tailleur pantalone bianco panna, una camelia rosa pallido spuntava dall'occhiello e altre tre fermavano i capelli sciolti sulla nuca. "Buongiorno Sig.ra Livi" le disse facendola accomodare la dottoressa. "La prego mi chiami Costanza" rispose la donna fissandola con un mesto sorriso. Non  furono necessari imbarazzanti preamboli, la donna riprese con lo stesso impeto della precedente seduta, quasi non vi fosse stata soluzione di continuità. " Vede Dottoressa", alla giovane non sfuggì che erano passati da una narrazione indiretta ad una sorta dialogo, " il fatto è che fino ad allora il sesso per me non era stato che un corollario ad un rapporto, con mio marito avevo imparato a chiedere, a desiderare, ad inventare, ma non immagini cose strane, tutta quella batteria di oggetti accessori che fanno parte dell'immaginario erotico pornografico non facevano per noi" , Costanza vide il medico arrossire e per non imbarazzarla ulteriormente abbassò lo sguardo, ma non smise di raccontare. La nostra intimità era il fulcro del nostro essere sposi, esploravamo il piacere reciproco. Un giorno al mercato, frugando tra i banchi trovai un abito da sposa, così mi venne un'idea, giunsi a casa prima di lui, mi lavai, profumai,  acconciai, mi truccai, quando sentii le chiavi girare nella porta accesi il registratore e le note della marcia nuziale risuonarono, quando varcai la soglia della camera da letto lo vidi socchiudere gli occhi ammirato, lo stesso luccichio di desiderio del giorno delle nostre nozze, questa volta non giocammo di lentezza divorò il mio desiderio e mi saziai del suo, il vestito stracciato, eravamo due furie. Dopo un paio di settimane fu lui a tornare a casa con un bouquet,  accese il registratore , gli bastò un cenno, mi tolsi gli abiti e una volta denudata mi indicò di coricarmi, spogliò il bouquet di ogni singolo petalo che fece ricadere su di me, poi all'orecchio mi sussurrò "colgo il mio fiore" Come resistergli? La dottoressa sempre più impacciata cambiò posizione sulla sedia e finse di prendere appunti; quasi compiaciuta dell'imbarazzo creato, Costanza sorrise, poi continuò " So che lo definirebbe feticismo, ebbene eravamo l'uno il feticcio dell'altro". Dopo qualche tempo trovai presso una lavanderia un abito da sposa in vendita. La proprietaria disse che lo aveva lasciato lì la sposa al ritorno dal viaggio di nozze, non era più passato a prenderlo, sollecitando il recupero dell'abito la cui pulitura era già stata pagata la lavandaia si sentì rispondere " lo butti, perché dovrei tenere il simbolo di qualcosa che non esiste più?" Lei pensando di poterci guadagnare lo aveva esposto " Ma, vede, è uno di quei modelli a meringa, con la gonna da damina che non vanno di moda, un vero peccato". Me lo portai via per poco, ancora una volta mi preparai, già la preparazione era un momento magico in cui pregustavo il suo arrivo , nel ventre un fuoco, ancora una volta  accesi il registratore al suono delle chiavi sulla toppa, ancora una volta quegli occhi socchiusi, ancora una volta il mio cuore che mancava un colpo. " Resta ferma lì così" si infilò sotto la gonna, mi tolse gli slip e non uscì da sotto le crinoline fino a quando non furono le mie gambe a cedere. Era un rapporto totalizzante, il resto della vita era un complemento, si usciva col desiderio di rincasare. Non pensavamo ad avere figli, non c'era spazio che per il nostro desiderio. Fu dopo tre anni, un tardo pomeriggio mentre finivo di indossare con difficoltà un corpetto di quelli con stecche e nastri di raso che avevo scovato da un rigattiere, ero già truccata, mi ero raccolta i capelli con un nastro di raso che ero passata a prendere in merceria che suonò il telefono "venga in ospedale, signora, suo marito è stato vittima di un incidente". Corsi all'ospedale così com'ero, il desiderio che mi si era spento in grembo, attesi fuori della rianimazione, oggi posso immaginare la pietà che potè suscitare una sposa che attende davanti ad una rianimazione o l'effetto che poteva fare su medici ed infermieri che dopo l'anamnesi ci sapevano già sposati da tempo, mi si generò una capsula soffocante attorno, quella bolla gioiosa che avevamo creato attorno al nostro amore, ora conteneva me e me sola, non avevo nessuno che potesse mettere una stampella alla mia ansia crescente, entravano e uscivano medici ed infermieri, nessuno che avesse notizie certe, sul volto del primo che uscì proprio per me lessi la sua e la mia sconfitta, molto dopo appresi che avevo emesso un urlo animale, che ero fuggita, che qualcun altro si era occupato del corpo di Roberto. Mi trovarono alcuni mesi dopo sporca, lacera, disidratata sotto un ponte, me lo hanno raccontato dopo il ricovero, io non ne conservo memoria., né so di cosa mi cibai  in quei mesi di assenza dal mondo. Ho vissuto due vite una prima di Roberto, una, la sola degna di questo nome, con lui, ora sopravvivo per celebrare il nostro amore. Levò gli occhi e vide la giovane dottoressa che piangeva silenziosamente. Si alzò e le sussurò "Si dia del tempo non è ancora pronta, ma ho la certezza che lo sarà un giorno, sa ascoltare senza impazienza".
La giovane dottoressa chiese di essere dispensata da ulteriori colloqui. Rientrata a casa si chiuse in camera e pianse le bruciava aver manifestato la sua fragilità e la consapevolezza di essersi dimostrata poco professionale dato il coinvolgimento emotivo evidente, quasi febbricitante cadde in un sonno agitato sognò se stessa vestita da sposa sulla soglia di una cattedrale, le prime note della marcia nuziale risuonavano ma in cima all'altare non c'era nessuno ad attenderla.

Commenti

  1. Mamma mia quanto sembra reale il tuo personaggio! Brava brava

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    1. Comunque venerdì ero sul bus e davanti all'ospedale c'era un'anziana vestita di bianco con una coroncina di fiori tra i capelli, il resto è farina del mio sacco

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  2. Come si direbbe a Firenze, Dio-bonino Amanda..... A volte però un lieto fine? Mai mai mai?

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  3. Eccolo il seguito, accidenti, che botta! Brava come sempre!

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  4. mammamia che angoscia...
    Hai raccontato il piacere e il dolore, anzi lo strazio. Difficilissimo farli convivere nella stessa pagina.
    Bravissima, davvero.
    La vecchia signora con la coroncina mi ricorda un personaggio che amo , la signorina Havisham, del romanzo Grandi speranze di Charles Dickens, eternamente vestita da sposa, eternamente incompiuta come sposa.

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    1. Confesso di non aver letto grandi speranze, ma forse lo aveva letto la Signora alla fermata del bus che mi ha ispirato il racconto. Grazie Zena i tuoi complimenti sono preziosi

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  5. Fantastico. Ora la giovane dottoressa se vuole continuare la professione deve assolutamente sposarsi.

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  6. Scusa Amanda, ma anch'io questa volta avrei voluto il lieto fine...
    e della giovane dottoressa cosa ne è stato? Terza puntata?

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  7. Passo qui su segnalazione di un'amica comune (Babalatalpa) e leggo un racconto bellissimo (oltretutto letto a ritroso, da questo post, al primo). Dunque credo che frequenterò questo blog spesso. Complimenti!

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    1. Grazie Nela San che incrocio spesso su lidi amici, benvenuta

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  8. Buona anche questa seconda e ultima parte, ben dosata tra eros e thanatos. Non condivido la richiesta del lieto fine, anzi, contesto chi te l'ha richiesta: qui non siamo mica a Hollywood ... anzi, in parte ho pensato a Marco Ferreri o Almodovar.

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