Incipit: Le assaggiatrici







Entrammo una alla volta. Dopo ore di attesa, in piedi nel corridoio, avevamo bisogno di sederci. La stanza era grande, le pareti bianche. Al centro, un lungo tavolo di legno su cui avevano già apparecchiato per noi. Ci fecero cenno di prendere posto.
Mi sedetti e rimasi così, le mani intrecciate sulla pancia. Davanti a me, un piatto di ceramica bianca. Avevo fame. Le altre donne si erano sistemate senza fare rumore. Eravamo in dieci. Alcune stavano dritte e compite, i capelli tirati in uno chignon. Altre si guardavano intorno. La ragazza di fronte a me strappava pellicine con i denti e le triturava sotto gli incisivi. Aveva guance morbide chiazzate di couperose. 
Aveva fame.
Alle undici del mattino eravamo già affamate. Non dipendeva dall'aria di campagna, dal viaggio in pulmino. Quel buco allo stomaco era paura. Da anni avevamo fame e paura. e quando il profumo delle portate fu sotto al nostro naso, il battito cardiaco picchiò sulle tempie, la bocca si riempì di saliva. Guardai la ragazza con la couperose. Aveva la mia stessa voglia

Rossella Postorino. Le assaggiatrici. Feltrinelli


Quando il mio spacciatore di fiducia mi indusse a comprare Le assaggiatrici, la Postorino non aveva ancora vinto il Campiello, ma mia madre era appena caduta, la mia angoscia altalenava in picchi smisurati a mano a mano che diveniva evidente che avevamo superato il punto di non ritorno e non mi sentii pronta per leggerlo. Poi vennero la primavera e l'estate e mi pareva un libro da autunno-inverno, in seguito sopra di lui la pila cresceva e letture più leggere reclamavano nuovamente la precedenza, così arrivo solo ora e voi lo avrete già letto sicuramente. Ai pochi che non lo hanno ancora fatto lo consiglio spassionatamente. Con tutti vorrei fare poche considerazioni. Questo libro parla di sopravvivenza, del dolore di sopravvivere, della voglia di farlo, parla di amore,

"è questo dell'amore che lascia sbalorditi, tutti gli anni in cui nessuno dei due sapeva dell'esistenza dell'altro, e vivevate lontani, centinaia di chilometri di distanza, e crescevate e diventavate alti, lui più di te, e tu mettevi carne sui fianchi e lui già si radeva e avevate la febbre e guarivate e la scuola finiva (...) e tutto accadeva senza che vi conosceste, avreste potuto non conoscervi mai, che rischio avete corso, ti si stringe il cuore al solo pensiero: sarebbe bastato un niente, un minimo scarto, un passo più lento, l'orologio caricato male (..)"

 e anche di innamoramento, di matrimonio

"Il matrimonio è un sistema fluttuante, si muove a ondate, può  sempre finire e sempre ricominciare, non ha un andamento lineare, né fa percorsi logici; il punto più basso del matrimonio non per forza ne determina la scadenza: il giorno prima eravate nel baratro, il giorno dopo siete risaliti senza sapere come"

del desiderio di essere come gli altri, dell'impossibilità di esserlo, parla di scelte spontanee, indotte, indispensabili, parla di dignità e della difficoltà o impossibilità di mantenerla in certi frangenti, parla di perdita, parla di paura.
Rosa Sauer è berlinese, ha perso tutto la casa, i genitori, il fratello che è in America e non si fa più vivo, il marito che è in guerra

"Disperso. Non c'era scritto, sul foglio, che quell'uomo di nome Gregor Sauer aveva polpacci magri, l'alluce separato dall'illice come da un golfo, e che logorava la suola delle scarpe verso l'interno, che amava la musica ma non canticchiava mai, anzi implorava taci, per favore, perché io canticchiavo di continuo (...) . Credevano di identificarlo in una serie di cifre, ma se non dicevano che era mio marito, allora non era di lui che parlavano (...) Era la mia felicità."

Si trasferisce dai suoceri che la accolgono e la rispettano come una figlia pur essendo lei una cittadina costretta alla vita di un villaggio di campagna. Ma un bel giorno viene convocata senza spiegazioni: lavorerà per Hitler. Dovrà assaggiare i pasti destinati a lui insieme ad altre dieci giovani donne e vivrà parzialmente segregata in attesa di scoprire se il pasto è stato avvelenato.

Commenti

  1. tu mi faresti venire voglia di leggere anche i bugiardini dei farmaci.
    mi sembra un libro somigliante,
    seguirò il tuo consiglio.

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    1. Il bugiardino no 😱
      Un libro scritto e costruito bene, che non lascia scampo al lettore, viene necessariamente risucchiato. Lo avrei amato fosse solo per i passi che ho trascritto, ma è molto di più

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  2. Personalmente diffido dei libri premiati, ma mi fido di te. Quindi grazie per il consiglio. 😊

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    1. Anch'io diffido dei premi, ma mi fido del mio spacciatore che me lo spacciò, come ho scritto, ben prima del premio e del quale, praticamente mai, ho avuto di che pentirmi

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    2. Io diffido dei premi e dei libri troppo recenti, ma devo ammettere che le tue recensioni sono sempre tentatrici :-)

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  3. Io lo acquistai appena pubblicato, incuriosita da un’intervista all’autrice. Ne lessi una buona parte su una spiaggia ventosa e solitaria in un sabato di settembre, qualche giorno prima dell’assegnazione del Campiello. La Postorino sa scrivere, nessun dubbio. Nel libro ci sono tutte le cose che hai scritto tu; forse, ciò che più mi è piaciuto, è stata quest’idea di trarre spunto da una storia vera, inquadrata in un'epoca precisa, per poi parlare di cose sue e senza tempo. Della possibilità d’innamorarsi di chi si dovrebbe odiare, di andare al letto col nemico convivendo col senso di colpa nel sentirne, poi, la mancanza.
    Non una lettura imprescindibile ma un bel romanzo.

    Tanti auguri mia cara.

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    1. La possibilità di innamorarsi del nemico non è farina del sacco della Postorino c'è tanta Suite Francese della Nemirovsky dietro, ma d'altronde tutto è già stato scritto .
      Tanti auguri anche a te

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