L'uomo che sogna
Giuliana Marigliano |
E l'uomo con la lunga e folta barba si sedette, si disse che era questione di un attimo, ma in fondo sapeva di mentire: gli era necessario concedere al corpo il giusto riposo. Non era più lo scalare di ragazzo : l'ascesa come gara con se stessi, il gusto del superamento di un limite che subito ne evidenzia un altro, l'affanno contro il tempo, gli eventi, gli imprevisti. L'età gli aveva regalato il gusto di salire per scendere profondamente in se stesso, il piacere dell' equilibrio e non dell'equilibrismo. Il passo bilanciato con il respiro, la conquista dell'appoggio sicuro, il rispetto del limite che non è più vincolo. La giornata era stata lunga. Le ultime cose da riporre nello zaino, uno sguardo alla carta e al proprio taccuino. Il caffè preparato sulla stufa a legna al primo albore verso est, uscire con il fiato che si fa visibile come nelle mattine umide in città d'inverno, un brivido che sveglia. Poi la misura del passo che scandisce il tempo era iniziata: tempo per ascoltare il battere forte ma ordinato del cuore; tempo dello stupore che si rinnova immutato come la prima volta; tempo della condivisione, ospite di un territorio e dei suoi abitanti, insetti, uccelli, vacche al pascolo e il loro scampanio, una coppia di camosci che, dopo aver attraversato il sentiero, iniziano una folle, velocissima discesa, una piccola volpe curiosa, e poi gigli, peonie selvatiche, aquilege e più in alto vellutate stelle alpine. Dopo il bosco il mondo si era spartito: roccia e sassi sotto i piedi, guglie e cielo, infinito cielo, sulla testa. Una gara di velocità tra nuvole. La luna calante ancora alta, il sole via via più alto alle spalle a scaldare le ossa, a sciogliere la resina dei mughi che si diffonde e permea ogni respiro. L'arrivo alla forcella ventosa da cui si spalancano due orizzonti sconfinati e infinite, mutevoli prospettive. Poi l'ultimo strappo che accorcia il fiato, accelera il battito e il pensiero che si tratti di uno scherzo degli anni, alcune considerazioni sul tempo volato che distolgono dall'incanto ma poi la vetta è la rinnovata certezza che ancora ne vale la pena. La giornata tersa che pone tra le mani mondo, luce, colore. Nessun pasto è più buono di quello mangiato lassù. Il vento gela la pelle sudata, le cornacchie che arrivano a condividere le briciole. Qualche pagina di un libro seduto al riparo della roccia col sole che accarezza e prosciuga la stanchezza. Poi la discesa, senza fretta, per non perdere nemmeno un frammento di questa armonia. E ora questo piccolo sonno che conclude il sogno.
Con l'immaginazione possiamo arrivare dove non avremmo mai immaginato.
RispondiEliminaQuesto è poco ma sicuro
EliminaTutte cose che conosci bene tranne l'ultima frasetta, il battito che accelera e le considerazioni sugli anni.
RispondiEliminaIo potrei conoscerle ma ancora ho una battaglia aperta con le endorfine e anche durante il fermo covidiano ne ho avuto prova in tutte le fasi di manutenzione del fisico.
Buone salite a te, anche quelle sognate.
Ma direi che sul battito che accelera e il gli anni che passano, dopo mezzo secolo, ho una discreta esperienza 😁
EliminaMi fai venir nostalgia di quando i monti erano miei, di quando arrivavo in cima prima di quelli che facevano metà dalla strada in funivia. Sono decenni che non vado più in montagna e ora, che dove abito potrei, sono altre le cose a togliermi voglia, coraggio e possibilità. :'(
RispondiEliminaMi spiace Vera, spero che torni il tempo per te degli orizzonti lunghi
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