Vite bonsai




Di loro ho già scritto qui, e quello è quando va bene.
Poi invece ci sono quelli che, usciti troppo di corsa, li aspetta un nubifragio -ormai abbiamo tutti presente una bomba d'acqua- loro la bomba d'acqua se la prendono dalla vita.
Tutto diventa difficile:
Respirare: i polmoni dei velocisti non si erano ancora sviluppati, quindi è toccato intubarli, e ci hanno messo troppo a tornare in pari col debito di ossigeno, quindi li estubi, ma tocca girare con la bombola, che spesso pesa più del velocista; e tocca attaccarli al saturimetro per sapere se l'ossigeno che arriva è sufficiente, ed ogni tanto suonano, suonano perché non arriva ossigeno, ma suonano anche perché muovendosi si perde il contatto ottimale, quindi pare di girare con una piccola banda.
Muoversi: gli esiti cerebrali di una prematurità estrema possono comportare ritardi neuromotori, esiti in paralisi spastica.
Vedere: si chiama retinopatia del prematuro può avere diversi stadi.
Sentire: il basso peso alla nascita, la scarsa ossigenazione, l'ittero e i farmaci che vengono somministrati per sventare le terribili infezioni che minacciano le loro fragili esistenze sono tutti potenzialmente ototossici, si fottono cioè le cellule all'interno della coclea dando perdite uditive variabili, anche profonde.
Capire: ci può essere un ritardo dello sviluppo cognitivo
Ogni singolo velocista può avere uno solo di questi problemi o, nella peggiore delle ipotesi tutti i problemi mischiati insieme e quanti più problemi si sommano, quanto più difficile diventa capire l'entità di ogni singolo problema; senza la stima efficace, non si possono tarare gli ausili terapeutici e la riabilitazione adeguata.
Prendiamo il caso dei problemi uditivi, quelli che conosco meglio.
Questi bambini vengono testati durante il ricovero con un sistema semplice che non richiede, ovviamente, la loro collaborazione e che dice: Ok la coclea funziona perfettamente e Ok le vie uditive centrali funzionano perfettamente oppure no il sistema deve essere ritestato. Il velocista mignon viene riesaminato poco dopo le dimissioni e questa volta i test sono volti alla diagnosi, non danno più delle indicazioni di massima. Ma sono tante le variabili che remano contro alla precisione della diagnosi, un disturbo di sincronizzazione nelle vie centrali a monte dell'orecchio può alterare le risposte simulando una sordità, le infezioni comuni da raffreddamento possono determinare una sovrastima del danno e questi giovanotti paiono spesso fabbriche di catarro, serve tempo per essere precisi, ma la sordità non ammette tempo, più tempo si perde senza stimolare la via uditiva, maggiori saranno gli esiti sullo sviluppo del linguaggio. Nei casi estremi si rende necessario un test dirimente che però deve essere fatto in anestesia e spesso sono vite esili per cui diventa complesso prendere questo tipo di decisioni.
Perché vi racconto tutto questo?
Perché vivo accanto ai genitori che hanno immaginato il loro bambino sano, hanno investito tutte le loro aspettative su questa creatura, hanno temuto di perderlo alla nascita, hanno pregato e supplicato perché venisse risparmiato loro il lutto e sono condannati, nella migliore delle ipotesi, all'attesa di veder vanificati i loro peggiori incubi di esiti permanenti e nella peggiore delle ipotesi a lottare per ogni singola conquista che riuscirà a rendere il loro bambino  un po' meno diverso dagli altri che parlano, giocano, corrono, vedono, ragionano col il timore che arrivi troppo presto il momento in cui la loro creatura, fragile e diversa dovrà camminare sola per il mondo. Perché i primi che ho visto nascere sono ormai adolescenti e le loro vite complicate mi stringono ogni volta il cuore, perché ora ho una piccolina per cui mi auguro una vita leggera, leggera come ora è lei

Commenti

  1. Certo che a leggere queste cose dai una bella "sgrezzata" a tutto.
    E pensare che ancora ci sono genitori offesi dalla vita perchè non è nato il maschio.

    Sei la meglio al mondo Amanda (cit.)

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  2. dolore e speranza, che la seconda aiuti a sopportare il dolore. Mentre leggevo e mi si stringeva il cuore, anch'io ho pensato "ma questi bimbi hanno Amanda"

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  3. Davvero, Amanda, a leggere questi tuoi racconti ci si sente piccoli e si ridimensiona tutto.

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  4. Ho condiviso questo post sulla mia pagina Fb: Leo Pieretti. Ciao.

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  5. L'anno scorso mi sono occupata per 4 mesi di due gemelli nati settimini (mamma single con bisogno, più che di una babysitter, di una seconda mamma 24h): è stato faticosissimo all'inizio, avevo paura di romperli, ed è stata un'emozione ogni grammo che prendevano! Ci vuole fegato per fare il tuo lavoro, e ci vuole dell'Amandite per farlo bene.

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    1. Bisogna ringraziare i medici che lavorano ogni giorno nelle terapie intensive neonatali, io mi sono occupata solo dei risvolti uditivi di questi bimbi, per anni, ci ho scritto una tesi di laurea e una di specializzazione, ed ora seguo come sostituta pediatra alcuni di loro, tutto qua

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  6. Ho bisogno di qualche altra lezione di Facebookite! Al commento che ti avevo inviato manca tutta la prima parte. Dove si sarà persa?
    "Concedetevi qualche minuto per leggere questo post. Se un medico è troppo professionale perde di vista l'uomo, se è troppo sensibile si allontana dalla scienza, se possiede un giusto mix tra queste due qualità allora è Amanda" Ho condiviso questo post sulla mia pagina Fb: Leo Pieretti. Ciao.

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  7. sei una meraviglia :)
    è un post delicato, belissimo, un argomento che comunque mi sensibilizza, che sento molto, a prescindere da quelle che sono le mie esperienze personali, e che mi tocca un po', dal vivo, riuscire ad avere mia figlia è stato un percorso difficile e doloroso, prima di lei ne ho persi 5 (a causa di una patologia immunitaria che mi rende difficile portare avanti la gravidanza) e lei, anche se non prematura, ma pretermine, è nata a 34 settimane per il distacco della placenta, ed è rimasta ricoverata per 20 giorni (risolvibili problemi, per fotuna) al reparto di terapia intensiva, dove con i suoi 2 chilogrammi e 80 era un gigante rispetto ad altri, un figlio immagini di poterlo stringere tra le braccia, appena nato, e più per lui/lei, che non per te... che il suo primo contatto con la vita, debba essere un incubatrice, è doloroso.

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    1. già, l'ennesimo diaframma che ritarda l'incontro che si attende da 9 mesi (8 nel tuo caso)

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