Casti alla mostra

Gianni Berengo Gardin




Passeggiavano per le sale della mostra fotografica fingendo di non essere ciò che erano: due amanti.
Passeggiavano per le sale della mostra fotografica fingendo di essere ciò che forse non sarebbero mai diventati: una coppia.
Lui osservava lei che osservava le foto, ne ascoltava i commenti, leggeva in entrambi - il modo di osservare e la necessità di commentare - una richiesta di approvazione, una ricerca di consenso cui non era avvezzo, che raccontavano di una fragilità di fondo, che poco si sposava con l'immagine che si era fatto di lei in quelle due settimane.
Il corpo della donna sapeva cosa cercava e come ottenerlo, la ragazza che era, invece, si dimostrava inaspettatamente inesperta di se stessa e del mondo.
Da due settimane sarebbero vissuti l'uno tra le braccia dell'altra, avevano  bisogno dei loro sapori, dei loro umori, dei loro odori, più dell'aria che respiravano, erano in quella fase in cui qualsiasi cosa detta, qualsiasi gesto, scatenavano un profluvio di ormoni in cui i loro corpi tornavano a cercarsi e a saziarsi l'uno dell'altro; ingannavano il tempo tra una battaglia e l'altra raccontandosi di sè, aggiungendo tasselli a quello che le bocche, le mani e i sessi andavano scoprendo e cercando. 
Ancora non credevano alla straordinaria coincidenza che li aveva fatti conoscere. Il ritardo di lui al rientro dal lavoro, gli aveva reso difficile organizzare una cena proprio quella sera  in cui avrebbe avuto con sè suo figlio e così aveva pensato di recuperare un paio di pizze dopo essere passato a prenderlo a casa dei suoceri dove si erano trasferiti, momentaneamente, il bambino e sua madre, in questo periodo che avevano definito pausa di riflessione ben sapendo che si trattava di smussare gli spigoli di una situazione non più sanabile, in attesa di capire ognuno come muoversi senza farsi troppo male vicendevolmente, e soprattutto al bambino, più di quello che la presa di coscienza del fallimento comune poteva già provocare. Erano lì il grande ed piccolo uomo, così simili e così diversi, quegli occhi chiari piazzati ora sul tabellone del menù, ora gli uni negli altri, complici e sorridenti, a discutere sulla pizza da scegliere, quando era entrata lei. L'uomo aveva notato la sua figura longilinea, le lunghe gambe, la donna eveva ordinato due margherite e poi ad una battuta del piccoletto si era voltata verso di loro e i loro sguardi si erano incrociati sorridenti. Sarebbe finito tutto lì, ma dopo qualche giorno si erano trovati nuovamente, in tutt'altra zona della grande città, alla prima lezione di un corso di fotografia organizzato dal Comune, si erano riconosciuti come se il precedente incontro non fosse stato solo un flash casuale a margine di una giornata caotica, e questo si erano detti i loro occhi incrociandosi quella sera: "allora non è un caso". Si erano seduti vicini, avevano scambiato dei commenti durante la lezione. E la volta seguente si erano volutamente aspettati all'ingresso quasi a rispondere ad un segnale prestabilito e, dopo la lezione, erano andati a prendersi un birra ed a fare quattro chiacchiere. Lui le aveva raccontato subito di sè, della sua situazione attuale: carte in tavola e scoperte, era fatto così. Lei lo aveva ascoltato, gli occhi che tradivano il crescente dubbio di infilarsi nell'ennesima storia complicata della sua esistenza, quando ancora la precedente non si era chiusa, e la certezza di volerlo quell'uomo, comunque, e così aveva iniziato a cesellare i silenzi, in cui avrebbe dovuto raccontarsi, di domande su di lui e di piccoli particolari insignificanti su di sè perché che lui la desiderasse glielo si leggeva in faccia e lei da lì voleva partire, da quella comune certezza. Al terzo incontro era già chiaro ad entrambi come inevitabilmente sarebbe finita, avevano saltato la lezione e si erano chiusi in una stanza di albergo. Quando poi l'alchimia fisica ormai dettava le regole del gioco la donna aveva deciso di scoprirsi con lui nell'anima. Quel pomeriggio alla mostra stavano riavvolgendo il nastro, volevano concedere a due persone di conoscersi aldilà dei propri corpi. Ora lui  osservava da dietro la bella figura di lei e le omissioni iniziali e quella sensazione di fragilità, avevano creato un velo in quel gioco delle parti. Poi lei si voltò e gli sorrise, lo prese per mano e uscirono nella sera.


Per P.che mi ha regalato il titolo

Commenti

  1. Amanda, sei inarrestabile! Ok, appena esco dal frullatore ti mando un'ispirazione anch'io :-)

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    1. frullatore? chi ti ci ha messa? :)
      ti aspetto

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    2. vieni da questa parte del mondo?

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    3. Sììì (e a quanto pare ho una nuova vicina con un cane che abbaia giorno e notte. Mi sa che devo andare dall'esorcista).
      Senti, cosa ne dici di una cosa tipo "L'uomo che vendeva il tempo"?

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    4. l'uomo che vendeva il tempo è già scritto per metà, per fortuna il tragitto in bus è lungo: prossimamente su questi schermi :)

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  2. Ma tu guarda, questi incontri sublimi sempre agli altri, mi toccherà sfidare le mie allergie e recarmi più spesso in pizzeria, chissà mai....
    A parte gli scherzi, non ho ben capito chi è la vittima e chi il carnefice :)
    Ciao bravissima scrittrice.
    Francesca

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    1. direi che ce la giochiamo 50 e 50 ognuno pensava di condurre il gioco e fu condotto ma ora non sanno bene dove andranno a parare.
      PS: glutine o latticini?

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    2. Graminacee tutte, quindi no frumento( qualsiasi variante), no farro, no orzo. Solo riso e grano saraceno.
      Poi c'è una lunga sfilza che riguarda altri alimenti ma nel primo caso la pizza me la sono giocata ;)

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    3. cara lei, non mi batti comunque :D

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    4. Sarei felicissima di perdere questa sfida.
      Adesso mi ci sto abituando, anche se continuo a perdere peso, ma sappi che all'inizio, ogni volta che facevo la spesa mi deprimevo. Pasta e pane banditi, per carità su quella di riso stendo un velo pietoso, in altra c'è il mais( quanto ho sperato di essere celiaca). Niente dolci, c'è l'uovo, niente frutta secca e già mi viene da piangere, niente crostacei, niente soia e con questa perdo altri piatti alternativi, carne solo vitello/ manzo e tacchino. E adesso che l'ho quasi elencate tutte trovami un buon ... psicologo.
      P.S. ho sempre odiato il riso e un tempo (ormai ho dovuto rivedere il tutto altrimenti non mi rimane più nulla) ero intollerante ai latticini.

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    5. Risate amare, mia cara!!
      Per consolarci, tu potrai "consolarti" con una nuova storia su" la linea del confine" io mi consolerò nel leggerla ;)
      La foto come sempre è tua, non hai bisogno di chiederlo tutte le volte, vorrà dire che quando diverrai famosa con "racconti brevi" ti cederò gli originali delle foto.

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    6. facciamo così: vi invito a cena tutte e due e vi stendo in un colpo solo.
      come si dice: due piccioni con una fava!!!!
      Amanda, sei sei inaspettata nei tuoi racconti.

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    7. che intendi per inaspettata? che ti aspettavi tu invece?
      io da te a cena quando vuoi sono già sopravvissuta a due cene :)

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  3. Risposte
    1. trovi che sia semplice Suara? Forse sarà troppo elementare come l'ho reso io, ma i protagonisti sono belli annodati per come li vedo

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  4. Sempre bravissima, lo svolgimento di questa piccola trama è del tutto credibile e coinvolgente.
    Come sempre cerco di citare un passo particolarmente felice dal punto di vista espressivo:
    "(...) quando era entrata lei. L'uomo aveva notato la sua figura longilinea, le lunghe gambe, la donna aveva ordinato due margherite e poi ad una battuta del piccoletto si era voltata verso di loro e i loro sguardi si erano incrociati sorridenti."
    Ma nel prosieguo ce ne sono di altrettanto riusciti.

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  5. Bella che sei Amanda! Pare quasi tu abbia scritto il prologo ed io ne abbia definito un possibile finale. Uno dei tanti...
    Applausi:)

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  6. Bella anche questa collaborazione con Gianni Berengo Gardin... ma dove trovo il suo blog'? :)

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    1. :) , ora P. se la prende a male per essere stato ignorato

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