Paura di volare






C'era una volta un paguro, che per semplicità chiameremo Bernardo, che voleva imparare a volare e quella volta c'era anche un Delfino, Nino, che diventò amico di Bernardo; quella stessa volta -ve lo giuro- c'era anche una donna, Elisa, che di professione scriveva ed illustrava fiabe per bambini, e pensava che il suo destino fosse di rimanere sola e c'era pure -lo so un po' si esagera- anche un uomo, Giulio, che si riteneva inadatto all'amore, ma solo, solo, non voleva rimanere.
Ora vista così non pare una storia, forse possono essere quattro o infinite storie, ma abbiate fiducia, ve ne racconterò una sola.
Il paguro Bernardo viveva nella sua conchiglia nel blu sconfinato del mare, ma che ci volete fare: se l'erba del vicino è sempre più verde, anche il blu del vicino non fa difetto, così Bernardo, un giorno che era salito in superficie si era innamorato del blu del cielo, con quelle nuvole che sembravano bambagia, e proprio mentre stava lì a rimirare la volta celeste saltò di fianco a lui un delfino e Bernardo capì cosa voleva fare nella sua vita: voleva volare. Così al secondo salto del delfino gli urlò "Ehi tu come ti chiami?" il delfino si voltò, gli sorrise amichevole come solo i delfini sanno fare e gli disse "Mi chiamo Nino, e tu?", il paguro si presentò e domandò "E' difficile volare?" Nino ridendo gli disse che lui non volava, saltava, e che ci volevano due ali per volare, ma che se avesse voluto provare a saltare non aveva che da accomodarsi in groppa a lui. Bernardo trascorse quella che avrebbe definito "la giornata più felice della mia vita". L'amicizia tra paguro e delfino andò consolidandosi nel tempo, e Bernando confidò a Nino che stava attrezzandosi per il volo ma il delfino non seppe mai a cosa si riferisse il paguro poiché venne una forte mareggiata con una tromba d'aria e del paguro si perse ogni traccia.
E gli umani, direte voi, che c'entrano?
Giulio dopo alcune relazioni lunghe, aveva stabilito che era incapace di impegnarsi in un rapporto stabile, si sentiva portato solo al gioco della seduzione, ma poiché non voleva ferire nessuno andava spiegando alle seducende il suo "status" di mero seduttore. Ora voi capirete che la dichiarazione d'intenti non è che un'ulteriore esca nella trappola della seduzione. Il seduttore capace, non è un puro e semplice collezionatore di cimeli, ha arte nel suo trastullo e pur esplicitando l'intento del disimpegno sentimentale dimostra un tal fervore nel gioco delle parti che la "preda" ritiene di poter essere l'unica in grado di farlo capitolare ad un legame più stabile. Elisa d'altra parte ha scherzato con l'amore da ragazza, com'è giusto, ha sperimentato ha cercato di capire cosa le piaceva e cosa la faceva stare bene, ha preso con gusto ed imparato ad offrire quel che desiderava il partner, poi si è innamorata, ha perso metri e misure, si è consegnata ad un uomo, e forse di tutti il più sbagliato e quando ha scoperto di essere rimasta incinta gli ha offerto il suo segreto come un dono da condividere, come era giusto che fosse, e l'uomo si era dileguato. Elisa allora dopo i dubbi su che fare di sé e di quelle cellule che esponenzialmente si dividevano, incuranti del suo dolore, per formare una vita, decise di dare alle cellule una chance, fece del suo grembo un tempio e della sua giovane vita, la vita di un'asceta, si inventò madre, e come madre crebbe insieme al bimbo che subito sentì di essere approdato in un porto sicuro. Erano sei anni ormai che Elisa viveva sola con il suo bambino quando incontrò Giulio che iniziò il suo assedio garbato. Giulio, quella volta comprese che Elisa era più fragile e al contempo più coriacea delle altre donne che corteggiava, non seguiva le regole delle schermaglie amorose, si era estraniata dal gioco da così tanto tempo, da non subirne almeno apparentemente alcuna fascinazione, si occupava di suo figlio per il quale era praticamente l'unico punto di riferimento, amava il suo lavoro, aveva un cerchio di amici fidati che le stavano vicino quando aveva bisogno di aiuto, non vedeva altro che un essere umano in lui, un possibile amico, un essere asessuato, questo spiazzava Giulio che però al contempo trovava sempre più piacevole la sua compagnia. 




Un sabato pomeriggio di fine inverno, mentre suo figlio era dai nonni, Giulio la portò al mare a passeggiare e mentre erano sulla battigia trovò due frammenti di conchiglia che parevano forgiati come ali e li donò a Elisa "Potresti scriverci una favola", fu quel giorno che la baciò per la prima volta, entrambi rimasero turbati da quel bacio ormai inatteso. Elisa eresse palizzate ancora più alte al suo fortino, per qualche giorno non rispose al telefono ed ai messaggi di Giulio. Giulio scoprì che la necessità di non ferire Elisa aveva il sopravvento perfino sul desiderio di lei, e le lasciò il tempo di decidere la prossima mossa; da lei, ormai da settimane, arrivavano solo impersonali messaggi di saluto, ma il fatto che quelli ci fossero gli faceva capire che non voleva lasciare andare il filo che li univa. Poi una sera Giulio ricevette un messaggio "Sto consegnando un lavoro vicino a casa tua, posso passare a salutari?" le rispose "Ti aspetto". Dopo circa un'ora Elisa era davanti al suo portone e gli consegnò un pacchetto "Ho mantenuto la promessa, questa è per te". Giulio aprì l'involto e trovò le tavole di una favola illustrata: nella prima un piccolo paguro, che per semplicità chiameremo Bernardo, saltava in groppa ad un Delfino che lei aveva chiamato Nino; nella seconda Bernardo, che nella favola voleva imparare a volare, si era costruito delle ali di conchiglia. Le tavole erano bellissime, Giulio disse "Sono davvero per me?" , Elisa rispose "Sicuro, vorrei ricominciare a volare, non voglio due ali da te, vorrei che provassi a volare con me, fino a dove potremo arrivare, non oltre; un piccolo volo esplorativo, una semplice ricognizione, ci fermeremo prima di farci male, spero" . Il sesso fu impetuoso e poi tenero, non si pentirono quella notte, avevano fame e sete, sapevano cosa cercavano, volevano conoscersi. In una tregua dell'amore lui le disse: "Raccontami una storia" lei rispose "No, farò quello che so fare meglio: te la disegnerò" Prese dalla sua cartella da lavoro dei pennelli e dei colori lo fece stendere sul tappeto della camera ed cominciò a disegnare sulla schiena di lui due ali di conchiglia e al suo orecchio  sussurrò "La favola si chiama Paura di volare, che faccio, inizio a scrivere?" Giulio sorrise, il pennino si posò sulla sua pelle nuovamente eccitata.


questa favola è per Suara che, trovata la conchiglia, mi ha sfidata a singolar tenzone

Commenti

  1. non c'è neanche sfida, Amà.
    troppo bello. quando sei sotto pressione e in gara dai il meglio di te.
    Bellissima.

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  2. le storie come le inventi tu non le inventa nessuno

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  3. Molto bella, e perfetto l'incastro fra l'inizio e la fine.

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  4. Ho seguito il link di Suara e mi è piaciuta molto l'idea di scrivere due storie partendo da un comune oggetto ispiratore.
    Belli entrambi i racconti: il tuo è poetico e commovente, molto femminile (ovviamente) il suo è più fantasioso e tocca il lato infantile di chi legge.
    A questo punto aspetto la prossima sfida.

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