I viaggiatori immobili




Sarolta Szulyovszky 









Da anni ormai si davano appuntamento sulla stessa panchina, non era necessario decidere un orario, talora lui arrivava un po' in ritardo, suscitando in lei - per natura ansiosa- un sottile timore.
Prima o poi comunque, finivano lì, un sorriso, una mano da allungare a conforto.
Persino quando la panchina era sparita, disfatta dagli anni e dall'incuria, a patto che fosse mai esistita, loro non avevano mai mancato al'appuntamento . 
Come in un quadro impressionista, cambiava la luce, la stagione, cambiavano i loro umori, ma mai la tensione che li trascinava per mano fino a quel luogo d'incontro, dove volevano sostare, uno accanto all'altra.
Amava di lui la geniale fantasia e la malinconia sconosciuta ai più. Era da sotto un fiore della sua cravatta che voleva coglierlo, da quel terreno morbido dove se ascolti batte la vita, dove il blu, che gli donava molto, faceva da cielo ad un occhio di smeraldo ed ad uno di giada. Amava di lei la perseveranza nell'affetto e il fascino che lei però non si riconosceva e schernendosi negava, non avvezza a suscitare certi tipi di attenzioni. Avevano interessi comuni pur guardando orizzonti diversi.Viaggiavano nel tempo e nello spazio con le parole, mangiavano con la fame dell'anima oltre che dello stomaco e, per saziare quella, cucinavano con piacere.
Non ci fosse stata quella panchina si sarebbero riconosciuti comunque in un altro mondo, in un'altra vita, forse sarebbe stato un battito di ciglia, forse la frase di un libro amato sussurrata in contemporanea durante una noiosa serata tra sconosciuti, forse il ritmo spezzato dei versi di un poeta scivolato dalla bocca di lui che penetrato nell'orecchio di lei causava il turbamento che fa fremere le vene dei polsi, o più semplicemente annusandosi come cani, perché, a dirsela tutta, c'era qualcosa di molto animale in quel cercarsi e in quel ritrovarsi ancora e ancora e  nella certezza del desiderio di sciogliersi nelle pieghe della pelle l'una dell'altro. A volte con le parole spegnevano la luce del giorno accendevano bengala nelle tenebre, a volte mettevano in scena l'uno per l'altra spettacoli pirotecnici, a volte riuscivano a trascinarsi a nord del globo terrestre e disegnare nel cielo aurore boreali, bastava sedere lì sulla panchina, lo spettacolo di quella spinta che li calamitava lì accendeva lo schermo, la storia poteva aver inizio

Commenti

  1. me li immagino e ce ne vorrebbero di più

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  2. Amanda, dov'è il bottone "mi piace", dov'è?


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  3. Non è vero che c'è chi ci conosce per come siamo,
    ciascuno ci conosce per quel che vogliamo farci conoscere
    o per quello che gli sembra di aver capito di noi
    non tutti avranno mai pensato di cogliere quel fiore da sotto la cravatta
    e non tutti avranno mai pensato che lei fosse capace di voli boreali
    Solo chi ha la capacità di scavare nelle anime altrui
    riesce a cogliere gli aspetti più segreti ed è per questo che non so più
    se ho così tanta voglia di conoscerti. Grazie anche stavolta (tutt'attaccato).

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    1. Non l'ho capita, me la spieghi ?

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    2. Anche io come tutti ho qualche cadavere nell'armadio
      e vorrei che restasse lì
      mentre te, conoscendomi, saresti capace di scovarlo.
      Però che non voglio conoscerti è una bugiola,
      come mi piacerebbe conoscere tutte le (poche) persone che seguo sui blog,
      quando a settembre io e signora faremo rotta Nord
      ti faccio un fischio, chissà che non ci si incontri.

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    3. Chi non ha qualche scheletro pulcioso nell'armadio? Sarò anche streghetta ma non ho la sfera magica. E per quanto riguarda il conoscere di persona la gente che si incontra sui blog è una delle sorprese più belle che ho avuto. In un solo caso si sono rivelate una delusione, in tutti gli altri casi solo gradevoli o splendide conferme

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  4. Mi mancano i tuoi racconti. Per fortuna che ogni tanto mi ricordo di tornare :-)

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