Vita e miracoli di una riaccoppiatrice di calzini
C'era una donna che di professione entrava nelle case e ritrovava i gemelli dei calzini spaiati, non era noto come potesse mai compiere il miracolo.
Alcuni sostenevano che si concentrasse sul calzino supersite e poi procedesse ad una moltiplicazione, stile nozze di Cana.
Altri sostenevano che poiché il gemello ricomparso aveva regolarmente lo stesso grado di usura del gemello superstite, in realtà la donna sapesse scovare i calzetti dispersi lì dove alla padrona di casa non era proprio venuto in mente di guardare.
Resta il fatto che uno dei più grandi misteri della vita domestica, che neppure la Sciarelli, a casa sua riusciva a risolvere, con quella donna trovava soluzione.
A quella donna alla nascita avevano imposto il nome di Attilia: era la nona femmina e a quel punto suo padre aveva detto stop con i tentativi di perpetuare la dinnastia, e poiché rimaneva un debito nei confronti di suo padre cui aveva giurato che il suo primo figlio si sarebbe chiamato col suo stesso nome, decise che l'ultima femmina poteva prendersi l'onere che sarebbe toccato al primo maschio e così Attilia fu.
Attilia era nata un po' alla distanza dalle altre sorelle che erano state snocciolate ad un intervallo di due anni e mezzo circa l'una dall'altra. Così, quando lei aveva tre anni, e soffrendo di asma rimaneva spesso a casa dall'asilo, stavano sole lei e la mamma.
Attilia seguiva sua madre in giro per la casa mentre questa sfaccendava e quando la donna ritirava il bucato dai fili che il marito le aveva sistemato tra due pali in giardino, sul retro della casa anni 40 in arenaria, teneva occupata Attilia affidandole il compito di appaiare e piegare i calzettoni.
Ora capirete anche voi che diciotto piedi bambini e due piedi adulti che indossano calzetti, fanno una montagna settimanale di pedalini. La madre non faceva numero con i suoi due piedi poiché dalla terza gravidanza in poi divideva gli anni rigorosamente in due stagioni: piede gonfio e scalzo estivo, calze 200 denari anti vene varicose in inverno e le due stagioni oscillavano molto con le variazioni ormonali; sarà stata furba nel giocare d'anticipo o graziata da una provvidenziale alchimia genetica fatto sta che diversi anni e nove gravidanze dopo non recava il segno neanche di un minuscolo capillare. Ad Attilia spettava l'onere di dichiarare i decessi dei calzetti stremati dopo aver fatto chilometri ai piedi di più sorelle, di piegare quelli appaiati ed aveva imparato a deporre i superstiti in una grande scatola di latta dalla quale la madre sceglieva vedovi non più maritabili per fare, insieme alle figlie più grandi, i corpi dei burattini per il teatrino delle bambine.
La madre di Attilia aveva studiato al Conservatorio ed aveva abbandonato il piano una volta sposatasi. La casa il pomeriggio era sempre piena di musica, scale su scale perché tutte le bambine erano state avviate allo studio di uno strumento.
Negli uggiosi pomeriggi d'inverno, la madre di Attilia metteva le due figlie più grandi all'esecuzione della colonna sonora e le altre alla sceneggiatura, ed al ritorno del padre avveniva la rappresentazione.
Quello che animava la donna era mero spirito di sopravvivenza: nove bambine annoiate non erano gestibili, nove bambine occupate invece sì.
Quando Attilia si era fatta donna le era rimasta questa passione per i calzini, la trovava il suo personale antistress.
Lei era l'unica del suo gruppo di amiche a non avere grossi problemi di smarrimento di pedalini, dal momemto che viveva da sola dopo una serie di amori finiti malamente, dato che aveva stabilito che era meglio una felice solitudine ad una insana storia d'amore.
Coltivava le sue passioni ed era adorata dai suoi numerosi nipoti.
Così quando passava da casa delle sue sorelle e delle sue amiche, mentre chiacchierava con loro aveva l'abitudine di sedersi, come quando era piccola con la cesta piena di bucato profumato di ammorbidente davanti e di piegare ed accoppiare calzini; si rifiutava di gettare i non più maritabili che conservava nella scatola di latta che era appartenuta a sua madre.
Fu così che nacque la leggenda della riaccoppiatrice di calzini, al momento giusto estraeva dalla scatola magica un gemello adatto al vedovo affranto, non chiedetemi come facesse, so solo che funzionava meglio di un pifferaio magico
Attilia era nata un po' alla distanza dalle altre sorelle che erano state snocciolate ad un intervallo di due anni e mezzo circa l'una dall'altra. Così, quando lei aveva tre anni, e soffrendo di asma rimaneva spesso a casa dall'asilo, stavano sole lei e la mamma.
Attilia seguiva sua madre in giro per la casa mentre questa sfaccendava e quando la donna ritirava il bucato dai fili che il marito le aveva sistemato tra due pali in giardino, sul retro della casa anni 40 in arenaria, teneva occupata Attilia affidandole il compito di appaiare e piegare i calzettoni.
Ora capirete anche voi che diciotto piedi bambini e due piedi adulti che indossano calzetti, fanno una montagna settimanale di pedalini. La madre non faceva numero con i suoi due piedi poiché dalla terza gravidanza in poi divideva gli anni rigorosamente in due stagioni: piede gonfio e scalzo estivo, calze 200 denari anti vene varicose in inverno e le due stagioni oscillavano molto con le variazioni ormonali; sarà stata furba nel giocare d'anticipo o graziata da una provvidenziale alchimia genetica fatto sta che diversi anni e nove gravidanze dopo non recava il segno neanche di un minuscolo capillare. Ad Attilia spettava l'onere di dichiarare i decessi dei calzetti stremati dopo aver fatto chilometri ai piedi di più sorelle, di piegare quelli appaiati ed aveva imparato a deporre i superstiti in una grande scatola di latta dalla quale la madre sceglieva vedovi non più maritabili per fare, insieme alle figlie più grandi, i corpi dei burattini per il teatrino delle bambine.
La madre di Attilia aveva studiato al Conservatorio ed aveva abbandonato il piano una volta sposatasi. La casa il pomeriggio era sempre piena di musica, scale su scale perché tutte le bambine erano state avviate allo studio di uno strumento.
Negli uggiosi pomeriggi d'inverno, la madre di Attilia metteva le due figlie più grandi all'esecuzione della colonna sonora e le altre alla sceneggiatura, ed al ritorno del padre avveniva la rappresentazione.
Quello che animava la donna era mero spirito di sopravvivenza: nove bambine annoiate non erano gestibili, nove bambine occupate invece sì.
Quando Attilia si era fatta donna le era rimasta questa passione per i calzini, la trovava il suo personale antistress.
Lei era l'unica del suo gruppo di amiche a non avere grossi problemi di smarrimento di pedalini, dal momemto che viveva da sola dopo una serie di amori finiti malamente, dato che aveva stabilito che era meglio una felice solitudine ad una insana storia d'amore.
Coltivava le sue passioni ed era adorata dai suoi numerosi nipoti.
Così quando passava da casa delle sue sorelle e delle sue amiche, mentre chiacchierava con loro aveva l'abitudine di sedersi, come quando era piccola con la cesta piena di bucato profumato di ammorbidente davanti e di piegare ed accoppiare calzini; si rifiutava di gettare i non più maritabili che conservava nella scatola di latta che era appartenuta a sua madre.
Fu così che nacque la leggenda della riaccoppiatrice di calzini, al momento giusto estraeva dalla scatola magica un gemello adatto al vedovo affranto, non chiedetemi come facesse, so solo che funzionava meglio di un pifferaio magico
Mandacela un po' qui, la tua amica Attilia, che ne abbiamo un gran bisogno!
RispondiEliminaci vorrebbe di sicuro una Attilia in tutte le case! sempre spaiati i pedalini, sempre sempre sempre
RispondiEliminaSe mio marito l'incontrasse, sarei subito abbandonata!
RispondiEliminaRiaccoppiatrice di calzini! Chiamo La Crusca.
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