L'oca di Gelindo

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Il Signor Gelindo Anselmi era un insuperabile narratore, nonché una buona forchetta. Se poi lo sedevi ad un tavolo, davanti ad una cena succulenta ed abbondante, poteva darsi che si facesse l'alba e che non si sapesse se fosse stato il numero delle portate o il numero delle storie raccontate a far fare le ore piccole. Nonostante non disdegnasse con le carni un robusto rosso e con il pesce un bianco fermo e profumato, non erano mai le libagioni a sciogliere la sua lingua perché in vero nel bere era parco. Il Signor Gelindo, seppur dotato di un giro vita che lo rendeva difficile da circumnavigare e un collo corto che spariva annegato in una serie di pieghe del sottogola e malgrado fosse da sempre vissuto in quel piccolo borgo di campagna, possedeva un'eleganza innata. Anche in piena estate non usciva senza giacca e gilet. L'abito  mai spezzato era immancabilmente, nero, grigio, blu o gessato. Dal taschino faceva sempre capolino una pochette e la catena di un orologio a cipolla attraversava l'enorme ventre partendo dal taschino del panciotto, sotto il quale spuntava una camicia candida e perfettamente inamidata. Aveva una collezione di cappelli che cambiava a seconda della stagione e dell'estro del momento. Quando intavolava una conversazione, l'interlocutore si metteva l'animo in pace che quello che si era prefissato di fare quel giorno sarebbe stato rimandato al giorno seguente. Tuttavia nessuno era seccato perché il suo discorso era sempre pertinente, interessante e perfino estremamente fantasioso a tratti. Sapeva raccontare certe bugie con una tale grazia e dovizia di particolari che coloro che le ascoltavano le vivevano più come una godibile iperbole che come un affronto alla loro buona fede. Inoltre Gelindo si informava sempre se costoro avessero delle improrogabili incombenze prima di attaccare bottone e più di uno lo usava come pretesto per rimandare ciò che non aveva desiderio di fare. Ma colui con cui l'Anselmi si intratteneva più volentieri era Duilio Garofalo. Il Signor Duilio era l'esatto opposto di Gelindo: poco interessato al cibo, assolutamente privo di gusto nel vestire. Nella stagione calda indossava dei mocassini a punta che prediligeva a qualsiasi altra calzatura per la morbidezza del pellame con cui erano fatti. I mocassini erano ormai usurati dagli anni ma lui, che in gioventù aveva fatto il ciabattino continuava, di anno in anno, a risuolarli. Usava braghe larghe, comode e sformate che di lavaggio in lavaggio si accorciavano e alle quali doveva il soprannome impostogli dai compaesani "Duilio acqua alta". Girava sempre con il figlio Alfredo, generalmente dopo il tramonto, perché questi era albino e la luce del sole per lui era un tormento. Era, a causa del suo problema, un ragazzo molto solitario, usciva quindi volentieri con il padre e non disegnava le lunghe chiacchierate del Signor Gelindo, delle quali spesso era spettatore muto. Gelindo aveva una sua tecnica nel raccontare: partiva da un fatto contingente che poteva essere l'aumento del prezzo delle patate, il meteo del giorno, la narrazione del quotidiano, passava quindi alla filosofia spicciola disquisendo dei grandi perché della vita e poi si allargava all'invenzione. E poiché in quel momento stava raccontando di aver visto in un'aia del paese confinante un'oca, di nome Lola, alta circa centonovantaquattro  centimetri, bianca sul petto e con le ali bordate di grigio screziato di nero, che faceva  delle uova così grandi che un suolo uovo era in grado di garantire una frittata in grado di sfamare tutti i bambini presenti alla mensa scolastica del paese, capirete anche voi quanto tempo fosse mai trascorso dall'inizio della conversazione con Duilio. A tale proposito la Signora Celestina, madre di Alfonso e moglie di Duilio stava ormai per andare a coricarsi, la cena per quei due ormai fredda sul tavolo, sicura che i due avessero incontrato Gelindo e che quindi avrebbero fatto tardi anche quella notte. Voi capirete quindi l'immenso stupore di Alfredo quando, da dietro l'angolo in fondo alla via sopraggiunse un'enorme oca niente affatto mansueta che sbatteva le ali apparentemente infastidita da tutte quelle chiacchiere











Commenti

  1. Ah, ah, ah finale sur(reale).
    p.s.
    a parte che sono vegetariano etilista e non mi metto mai il doppiopetto, per qualcosa mi sono immedisimato con Gelindo (mi piace mangiare).

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