Il rifugio
Amandapiccola
sta protetta nel suo rifugio preferito, è un pomeriggio d'autunno, nel
rifugio non è sola, c'è con lei la cagnetta Dudù, l'orecchio sinistro,
rosa, di Dudù risente dell'anzianità di servizio e dalla cucitura esce
un po' di paglia.
Amandapiccola ha
portato nel rifugio i mezzi di sostentamento, lo scatolone dei Lego, un
quaderno a righe-di-seconda di sua sorella,
le matite colorate; è in quella fase islamista in cui copia i segni,
non sono ancora lettere o numeri, da destra verso sinistra e a volte i 4
come le rande cambiano direzione a seconda di come soffia il vento,
inforca la matita con vigore come un aratro e pigia duro (in realtà
anche Amandagrande calca molto quando scrive, la pagina che si increspa
dà soddisfazione), ha già finito di mangiare pane e nutella, non sa che
sarà uno degli ultimi e quindi lo azzanna senza la dovuta deferenza, ha i
baffi mezzi di moccio, mezzi di nutella.
Il suo rifugio ha quattro angoli, le gambe del tavolo, i lati invece sono così composti: lato nord le gambe di Ortensia,
un reticolo di capillari, fare la banconiera per mille anni ha il suo
prezzo, Ortensia stira, come quasi tutti i pomeriggi, in una famiglia di
8 persone più annessi c'è sempre qualcosa da stirare, stira sul tavolo
aperto, ha steso il copritavolo di panno, una coperta doppia ed un
lenzuolo bianco (non c'era l'asse da stiro a quel tempo, e, ci fosse
stato, lei non l'avrebbe usato, certe diavolerie non facevano per lei);
lato nord le gambe di nonna Erminia,
nonna sarebbe alla moda oggi: piede destro spuntata plateau tacco 12,
piede sinistro ballerina, la nonna cuce, in una famiglia di 8 persone
più annessi c'è sempre un bottone da riattaccare, un calzino da
rammandare, un elastico di mutanda sostituire, mica si buttava via la
roba allora per sciocchezze del genere; a sud ovest le gambe grassocce
di zia Linda (Teodolinda)
sta sgranando qualcosa, fagioli? per i fagiolini è sicuramente troppo
tardi ed anche per i piselli, o forse monda il riso, si toglievano i
risetti neri; se fosse mattina sarebbe in giro, ombrello para pioggia a
questa stagione, ombrello (il medesimo) para sole in estate, la nonna
decide il menù, la zia esce a prendere la spesa di giornata, ogni scusa è
buona per uscire a fare quattro passi e otto chiacchiere. Ad
Amandapiccola arrivano frammenti di lettura della Domenica del Corriere,
Soraya continua ad essere triste anche diversi anni dopo essere stata
ripudiata, il cane eroe salva il padrone da morte certa nell'incendio
della casa, padre Pio ha di nuovo le stimmate, ma soprattutto arrivano i
commenti alla lettura; per la lettura , come per il rammendo, si
scambiano le lenti da presbite, ognuna ha le sue, ma, non si sa come,
quelle di una vanno meglio all'altra a seconda dell'occupazione in
corso. A volte un lato è occupato dalle ospiti: zia Irma, zia Gemma, zia Giovanna,
zia Ines. Un elenco sterminato di rappresentanti dell'universo
femminile che venivano a trovare nonna Erminia che non poteva uscire e
che invece era considerata da tutti un'ottima compagnia, una buona
confidente, una scorta di serenità nelle avversità della vita.
Come si fa a non crescere felici in un rifugio fatto di gambe e di chiacchiere di donne?
Bellissimo racconto Amanda. Grazie. Ricordo il mio "rifugio" come un divano morbido, elastico e semovente: i cuscini su cui mi stendevo erano le gambe un po’ cicciotte di mia madre seduta sulla sedia della cucina, il suo stomaco, invece, sostituiva lo schienale dove appoggiavo la parte destra del viso, il tessuto della struttura era la “parnanza” impregnata con tutti gli odori della cucina. Li ricordo tutti uno ad uno. Avevo 4-6 anni, troppo piccolo per partecipare alle lunghe conversazioni ( la tv ancora non c’era) del dopo cena con i tre fratelli e i genitori. Mentre loro parlavano parlavano parlavano , io, da quella posizione, vedevo le gambe di tutti e la parte inferiore del tavolo, e fantasticavo eroiche Imprese con un sommergibile o dentro una grotta… Non ero tanto felice, soffrivo di gelosia per i fratelli maggiori, però mi sentivo al sicuro. La felicità è arrivata qualche anno dopo, quando potevo parlare anche io al tavolo da…cucina. Ciao!
RispondiEliminaC'è il tempo per il rifugio e quello perr la condivisione :)
EliminaAnche io sotto il tavolo
RispondiEliminaquando mi sgidavano o quando prendevo uno scapellotto
mi rifugiavo lì e piangevo senza far rumore
poi mi scordavo perchè stavo piangendo e allora smettevo
Ho passato gli anni migliori della mia vita sotto un tavolo
Mi pare di parafrasare Ginsberg "ho visto le menti migliori della mia generazione..."
Ciao
Stasera ha funzionato bene, chissà cos'era successo?
quando ero arrabbiata il nascondiglio era un altro... magari avrà il suo post :)
EliminaAnch'io avevo il nascondiglio sotto il tavolo, fra pareti di tela e gambe-colonne della zia, della mamma e della nonna, nei giorni di nebbia si aggiungevano quelle del nonno ed era felicità grande.
RispondiEliminaQuando avevo voglia di solitudine, dopo una sgridata, bastavano due sedie rovesciate: sotto gli schienali che si facevano ponte e il telo da bagno a fare da serranda, si potevano meditare le vendette migliori: ad esempio non mangiare a mezzogiorno (cosa che gettava in disperazione la nonna), dire che c'era un mal di testa, ma un mal di testa......
l'angolo passa amarezze era un altro, in camera dei nonni "nascosta" nella poltrona
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