Maria
Luisa era una veggente specializzata nella lettura dei fondi di caffè.
La sua fama si era accresciuta nel tempo dopo che aveva previsto, un
pomeriggio di 37 anni prima, un ricovero ospedaliero per la signora
Clelia che abitava al secondo piano del palazzo di
fronte.
Quel giorno Clelia aveva invitato Maria Luisa per un caffè di ritorno
da un pranzo dalla consuocera. Maria Luisa terminato di bere il suo
caffè si era adombrata osservando il fondo della tazza di Clelia, aveva
appena finito di dirle "siete sicura di sentirvi bene?" che quella, dopo
aver risposto, con un sorriso, "sicuro!", aveva iniziato a dimenarsi
come un'anguilla. Calcoli alla cistifellea era stata la diagnosi e da
quel giorno il tam tam condominiale aveva determinato la formazione di
code
lungo le scale dello stabile di via Fossombrone 18 dove Maria Luisa
viveva con il panciuto consorte, Osvaldo; venivano da tutta la città per
i suoi oracoli. Così un po' alla volta Maria Luisa -Luisammazzacaffè,
per tutti - si era creata un suo studio che aveva arredato con pesanti
tendaggi e tappeti orientali e cuscini, al centro un piccolo tavolino
rotondo coperto da una spessa tovaglia di broccato con lunghe frange, su
cui ad ogni richiedente veniva servito il caffè da interpretare. La
casa di Luisammazzacaffè odorava di un misto di
caffè
ed incenso di pessima qualità, fragranza fatale ad Osvaldo che girava
perennemente con la goccia al naso ed un enorme fazzoletto nella mano
destra, ma che aveva dovuto farsene una ragione perché la Luisa diceva
che l'incenso le era necessario a raggiungere il climax, e poiché da
quando Osvaldo era andato in pensione gli oboli volontari versati dai
richiedenti servivano a campare con dignità, meglio il raffreddore alla
miseria. Fu quindi mesto il giorno in cui Luisa tornò a casa devastata
dall'ambulatorio del medico di famiglia, dal quale si era recata per una
tossetta stizzosa notturna che da qualche tempo la affliggeva e delle
leggere palpitazioni che la assalivano dopo cena; il medico le aveva
prescritto degli accertamenti e con quei referti in mano aveva
sentenziato: "Gastrite.Troppi caffè mia cara Signora", "Dice?" aveva
risposto lei, "Quanti ne prende al giorno Luisa?", "Dipende dalla
giornata" aveva risposto, "Insomma facciamo una media!" aveva insistito
piccato il dottore, cui era giunta voce dell'attività di Luisa,
"Direi..... 9...di
media"
a quel punto il medico aveva ribattuto "Se vuole trasformarsi da
Luisammazzacaffè in Luisalammazzailcaffè, padrona, ma direi che è ora di
darci un taglio, serva il caffè solo ai suoi clienti e lasci perdere la
dose per sè".
Ora Luisa stava singhiozzando tra le braccia di
Osvaldo che cercava di confortarla "Segui le indicazioni del dottore,
che sarà mai, la gente verrà lo stesso" e lei gli disse "Tu non capisci,
io non ci ho mai visto niente in quelle tazze, é che davanti al caffè
si crea un'atmosfera di intimità e confidenza per cui dopo un po' leggo
nei loro occhi ciò che vorrebbero sentirsi dire" e Osvaldo chiese "E
allora la Clelia, quella volta?" "Ma Osvaldo, era pallida come un
cencio e tutta sudaticcia, era troppo presa dalle critiche alla
consuocera per rendersi conto perfino di stare male!". Il giorno dopo
Maria Luisa seguì le indicazioni del medico, ma al terzo tentativo di
divinazione andato storto, chiuse bottega, al climax con una sola tazza
di caffè in
due
non si approdava mai, non c'era incenso che potesse salvare la
situazione. Smontò lo studio e tornò a fare la casalinga a tempo pieno.
Con quell'amarezza addosso perfino la cura della gastrite procedeva a
rilento, nonostante seguisse la terapia e si attenesse stettamente alla
dieta del dottore. Un giorno la signora Clelia andò a trovare Luisa e
questa le offrì una tazza
d'orzo,
le donne si sedettero in cucina e Clelia raccontò a Luisa che la
contessa Pervicini che abitava nella villa all'angolo di via Fossombrone
era disperata perché aveva perso il gatto e fu mentre quella
pronunciava la parola gatto che nella schiuma della tazza d'orzo di
Luisa si formò la silhouette del muso di un micio, seguita da quella di
un trattore piccolo, poi Luisa non capì perché ma vide nella tazza
l'inconfondibile panza di Osvaldo sulla quale troneggiava il suo
faccione sorridente con un paio di occhiali da sole e poi la forma di
un'isola. Luisa piantò lì una stupefatta Clelia e corse all'angolo di
via Fossombrone diretta a villa Pervicini, suonò al campanello e con il
suo aiuto fu ritrovato il micetto della contessa che si era incastrato
sopra la ruota del trattorino taglierba del giardiniere dei Pervicini,
il micetto era stremato ma salvo. Felice e grata la contessa offrì a
Luisa ed Osvaldo un soggiorno di una settimana nella sua villa in
Sardegna.
Con la pubblicità offerta dalla contessa, e soprattutto da Clelia,
Maria Luisa era certa: al loro ritorno la premiata ditta
Luisalammazzailcaffè avrebbe aperto i battenti, l'orzomanzia era il suo
futuro
io voglio fare la mayonesemanzia
RispondiEliminaLa tonnatomanzia
Elimina:D :D Porco!
EliminaCaffè, orzo... basta che ci sia il lieto fine..😆
RispondiEliminaINFATTI :)
EliminaSe una ha disposizione una parola fantastica come orzomanzia deve assolutamente scriverci un racconto! :-D
RispondiEliminasi capisce :D
EliminaDivertente, tra Garcia Marquez e De Crescenzo ... sperando facciano piacere gli accostamenti arditi :)
RispondiEliminasicuro che fanno piacere :D
EliminaAhahah!!!! Arigrazie :D
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