Gli attardati
Gregory Loseva |
Siccome alla confraternita sono molto affezionata, ve la ripropongo
Partirono la notte in cui il convento della Santa Congregazione degli
Attardati prese fuoco, e poiché erano fedeli al loro motto "la grazia
sta nella lentezza", riuscirono a salvare solo loro stessi (unici tre
monaci rimasti dopo la crisi delle vocazioni e l'accelerazione della
vita secolare che aveva fatto preferire ai pochi novizi altri ordini più
"dinamici"), la capretta Annina e la pavoncella Caterina; nessuno degli
innumerevoli e pregiatissimi volumi miniati dai confratelli, iniziati
nei secoli e mai finiti perché i frati, ligi alla regola, tendevano a
morire prima di aver ultimato le loro trascrizioni, fu risparmiato dalle
fiamme; salirono sul piccolo carro trainato dalla vecchia cavalla
Terenzia e si avviarono lentamente nelle tenebre; neppure il fuoco
dell'incendio illuminava la via, infatti i lunghi preparativi della
partenza si erano ultimati la notte seguente a quella dell'incendio,
quando ormai del convento non rimanevano che ceneri. Frate Valentino,
frate Adagio ed il tondo frate Placido uscirono per la prima volta al
mondo dopo anni passati nel convento, il Vescovo aveva loro ordinato di
raggiungere il relativamente vicino convento francescano, dove avrebbero
trovato ospitalità in attesa di decisioni definitive sul loro destino.
Fra Placido aveva raggiunto quella mole perché mangiava così lentamente,
ma così lentamente e con tal gusto che quando i confratelli lo
raggiungevano per la cena, lui stava ancora ultimando il pranzo, quindi
praticamente mangiava a ciclo continuo e quando un fratello saltava il
desinare per una indisposizione lui si offriva di espiare mangiando la
porzione eccedente offrendo il suo sacrificio per la guarigione del
malato. Al quarantasettesimo giorno dall'incendio Fra Arturo, priore del
convento francescano, iniziò a domandarsi se quarantasette giorni per
percorrere poche decine di miglia, non fossero troppo anche per dei
confratelli degli Attardati, ma fu rassicurato dagli altri frati che non
era ancora giunto il momento di preoccuparsi. Al sessantaquattresimo
giorno, quando perfino Fra Gioioso cominciava a perdere la speranza,
venne inviato Fra Achille loro incontro. Fra Achille giunse rapidamente
fin quasi in vista delle ceneri dell'ex convento degli Attardati, e
quando stava ormai per tornare sui suoi passi, atterrito all'idea che ai
fraticelli fosse successo qualcosa di irreparabile, scorse il carretto
con i tre religiosi a bordo che parevano godere di ottima salute. Si
avvicinò affannato al carro e i tre smontarono per prestargli soccorso,
con molta calma gli porsero una borraccia d'acqua e spaventati chiesero
ad Achille cosa fosse successo di così terribile da farlo affannare in
quella maniera. Achille disse loro che li attendevano ormai da
sessantacinque giorni al convento e che quindi erano preoccupati per la
loro sorte. Allora Fra Valentino disse che essendo partiti in una notte
buia e senza luna, avevano dovuto orientarsi con le stelle e poiché la
volta celeste era sterminata e le stelle infinite, in quella notte buia,
e poiché da molti anni non godevano più del piacere di ammirarla,
andando a riposare poco dopo il vespro durante la vita in convento, la
prima notte l'avevano era trascorsa a stupirsi per la bellezza del
firmamento. Poi era venuta l'alba del secondo giorno e quando Venere
aveva guidato il levarsi del sole ad est e il rosa dell'aurora aveva
preceduto l'arancio dell'alba, come avrebbero potuto non rivolgere
l'attenzione a quella solenne processione che levava in alto una delle
più grandi bellezze del creato. Quindi si era reso necessario riposare
un poco perché non si procede in nessuna direzione stanchi. Levatisi che
ormai si era fatto pomeriggio avevano dovuto occuparsi del desinare e
poiché era nota la serenità di Fra Placido nell'affrontare il pasto,
come si poteva mettergli fretta? Non sarebbe stato infrangere la regola
dell'Ordine? Si erano quindi avviati, ma la cavalla Terenzia aveva i
suoi anni ormai e la poveretta, fatti pochi metri, era parsa assai
stanca e certamente Fra Achille, da francescano quale era, poteva
comprendere che non la si poteva affaticare più a lungo. Quindi scesero e
si apprestarono a preparare per la cena, e ancora Placido stava finendo
le ultime briciole del pranzo. Certo avrebbero potuto sacrificare
Caterina ed allestire un forno di fortuna, ma essendo affezionati alla
pavoncella ed essendo le sue carni ormai buone al limite solo per un
brodo ristoratore, data la veneranda età della bestia, si convinsero
che, se avessero trovato delle uova da qualche contadino e raccolto
delle erbe di campo avrebbero potuto preparare un'ottima frittata, ma la
raccolta delle erbe richiese fino all'imbrunire e così, quando infine
giunsero alla porta del contadino per chiedere le uova per la frittata,
il contadino che sapeva che il convento era andato in fiamme li accolse
nella sua casa per la cena e li ricoverò anche per la notte rifocillando
bestie e cristiani. Il giorno seguente poco dopo l'alba si misero in
movimento, con le migliori intenzioni, ma dopo poco tempo ad Annina
venne la tosse, così a Frate Adagio venne in mente che alcune delle erbe
raccolte il pomeriggio precedente potevano andare bene per un decotto
per la capra, e si mise a preparare il fuoco sul quale sobbollire lento,
lento il decotto; e venne l'ora di pranzo e poi quella di cena e si era
fatto il terzo giorno. A quel punto Fra Achille, cui la vita calma
degli Attardati andava stretta, e che si era reso conto che si sarebbero
attardati assai anche nel racconto, convenne che nulla di male era
successo ai fratelli, che sarebbe tornato al suo convento ad avvertire
il priore ed i confratelli che l'attesa sarebbe stata ancora lunga e che
se ne facessero una ragione. I tre frati salutarono e ringraziarono per
la premura il loro ospite e lo abbracciarono a lungo poichè nessuno
deve mai partire senza degli adeguati saluti e lo seguirono con gli
occhi fino a che non si trasformò in un puntino lontano all'orizzonte,
poi ripresero il viaggio. Se vi state domandando come mai non avete mai
sentito parlare della Confraternita degli Attardati, non fatevene
meraviglia, non esiste più volume che narri la loro storia e qualora se
ne trovasse uno in qualche biblioteca di convento sparso per l'Europa
sarebbe un volume incompleto e dei tre frati si persero le tracce,
troppo lunga è la via per degli Attardati, ma poiché il motto è giunto
fino a noi ricordate:" la grazia sta nella lentezza".
E siccome è una gran bella storia, io me la sono riletta :)
RispondiEliminaE io ho fatto come Cri, me la sono riletta con molto piacere.
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