Storia di TEODOLINDA


Tranquilli non si tratta della storia dell'imperatrice Longobarda, ma di una mia lontana parente, lontana sì nel grado di parentela, ma così prossima a me da aver vissuto nella mia stessa casa dalla mia nascita alla sua morte, 24 anni dopo.

La vita di Teodolinda, Linda per parenti ed amici, Lindarelli per mio padre, sarebbe presto detta di per sè, vita di una zitella del 900, se non fosse stata così lunga (90 anni e mezzo) da aver attraversato l'intero secolo ed essersi fatta condizionare da tutti gli sconvolgimenti che quel secolo ha portato con sè.

Praticamente la testimone perfetta della rivoluzione di un modo di vivere.

Teodolinda era la cugina di Erminia, la mia nonna materna.
Cresciuta, sotto una madre despota, in una famiglia così agiata, a quei tempi, da essere in grado di fare studiare sia lei che il suo unico fratello: istituto tecnico per lui, scuola complementare per lei. Questa era, in pratica, una scuola per maritarsi bene infarinatura di francese, buone maniere, economia domestica, pianoforte.
Il problema era che la madre, vedova, aveva disposto diversamente per i suoi figli: il figlio maschio non si sarebbe dovuto sposare per mantenerla, la figlia femmina non doveva accasarsi per servirla e riverirla: e così fu.
La famiglia visse tra Padova e Milano, dove il lavoro dello zio Piero li portava, dove le guerre permettevano di stare, e già questo girovagare per il nord Italia, per il ramo materno della mia famiglia, da sempre ancorato a Padova e dintorni, faceva di loro degli avventurosi emancipati.
Al termine della seconda guerra mondiale il lavoro scarseggiava e Piero tentò la carta dell'emigrazione e giunse a Montevideo in Uruguay dove si sistemò e creò una sua impresa di impiantistica idraulica. Poichè gli affari andavano bene lo zio chiese alla sua famiglia di raggiungerlo.
Così Linda salì sul transatlantico con la vecchia madre e partì con i suoi bauli verso l'avventura. Ventidue, dico ventidue, giorni di traversata che mi sono stati raccontati da bambina innumerevoli volte e, quando la nave stava nel bel mezzo dell'oceano, un incendio a bordo, che magari sarà stato insignificante e facilmente domabile, ma nella mia testa di bambina assumeva sempre le proporzioni di una catastrofe imminente stile Titanic ma questa flambè e non glacè.
Certo per una donnina schiva come lei trovarsi dall'altra parte del mondo, con una nuova lingua da imparare, con stili di vita assolutamente non affini ai suoi, deve essere stata dura. Aveva imparato, dello spagnolo, le parole che servivano per fare la spesa. Una volta al mese prendeva la "Onda" un pullman veloce ed "assassino" che attraversava il confine con il Brasile e portava gli uruguajani a Puerto Alegre a comprare la carne.
Insomma stava reinventandosi un'esistenza. L'anziana madre morì e dopo 15 giorni, quando stava iniziando a riprendersi da quel duro, ma inevitabile, lutto poche ore dall'uscita di Piero per il lavoro, bussarono alla sua porta.
Zio Piero era morto, caduto da una impalcatura in cantiere e, in quei giorni, convulsi e disperati per lei, sola a più di 50 anni, senza più un sostegno economico, dall'altra parte del mondo, venne anche a sapere che la caduta non era stata accidentale, era stato spinto per sottrargli dei progetti, anche se non si trovarono mai prove a sufficienza per arrivare ad un processo.
Spedì ai pochi familiari rimasti un telegramma con la notizia del secondo lutto.
Fu allora che mio nonno Valentino, che in fondo era solo il marito di una sua cugina, disse le parole che mi hanno sempre fatto capire che sotto la sua dura scorza c'era un uomo buono: "Dille di venire qui, cosa vuoi che faccia lì da sola, un piatto di minestra in più si trova sempre".
E così fece sola e terrorizzata la traversata di ritorno.
Poco dopo il suo ritorno in Italia nacque mia sorella, alla quale si attaccò in modo morboso ed un po' la capisco, ora che gli anni hanno placato la gelosia, la bambina le era servita a riaggrapparsi alla vita, le aveva ridato un futuro.
Linda aveva due occhi azzurri che sapevano essere severissimi, due mani paffute con dita "maritozzate" che non riuscivo proprio ad immaginarmi sulla tastiera di un pianoforte. Usciva sempre con il cappellino ed in estate portava un ombrello color melanzana per ripararsi dai raggi del sole.
Amava fare la spesa ed usciva anche due, tre volte al giorno a prendere anche singole cose che mia nonna Erminia, la cuoca di famiglia, non trovava in dispensa.
A 90 anni ancora faceva le flessioni toccando con la mano il pavimento.
All'ora di pranzo o di cena spariva dalla sala da pranzo, dove era stata fino ad un minuto prima, perchè gradiva farsi invitare a tavola da mio padre che a gran voce chiamava "Lindarelli è pronto in tavola", era una specie di cerimoniale che si ripeteva sempre uguale a se stesso.
A 85 anni mia sorella la accompagnò dall'oculista ed a quello, che le parlava a voce stentorea scandendo le parole, disse "Dottore parli piano sono venuta per problemi di vista, ma ci sento benissimo".
Mia sorella si ammalò e noi di casa ci dovemmo sottoporre tutti ad analisi e così scoprimmo che ad 80 anni suonati lei faceva il suo primo prelievo di sangue che rilevò i valori di un infante.
Poi il carburante si esaurì e se ne andò in una settimana, all'alba del giorno di natale del 1987. Durante la settimana di assistenza in ospedale si vantava di questa sua nipote quasi medico e mi disse "Sai da tua sorella mi aspettavo grandi cose, ma che tu diventassi medico è stata una inaspettata sorpresa" facendomi quello che lei credeva un grande complimento.
Lasciò mia sorella erede delle poche cose di sua proprietà, ma io indosso ogni giorno i suoi orecchini, che mia sorella mi cedette avendo già ricevuto quelli di mia nonna, chissà se la cosa le avrebbe fatto piacere.

Commenti

  1. Cavolo, io mi lamento del mio espatriuccio all'acqua di rose, ma Teodolinda sì che ha avuto coraggio!

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    1. Sai a vederla questa donnina non si sarebbe mai detto, ma se posavi gli occhi nei suoi, azzurri e freddi come l'acqua di un lago alpino, ti accorgevi che sì, poteva farlo, se solo avesse voluto

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  2. ah, come le amo queste storie...
    Bellissimo racconto.
    Grazie grazie.
    zena

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    1. Chissà perché immaginavo che ti sarebbe piaciuto :)

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  3. Sono stato altrove senza trovarvi nulla, c'era però un tuo commento e così sono arrivato qua dove ho trovato una storia raccontata con asciuttezza. Non so se sei brava a narrare le storie ho letto troppo poco dei tuoi post ma questa vicenda possiede una pregnanza forte che esce viva dalla pagina. Comunque "Lindarelli è pronto in tavola" da sola ha la forza illuminante di una intera esistenza,, viene voglia di rileggere complimenti. In un secolo mille vite, mille storie, mille modi e mille terre.

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  4. Ma le zitelle di una volta
    non facevano mai l'amore?
    Sarebbero state mogli perfette.

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