Storie con la corona: 27 mq


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Ventisette metri quadri: queste le dimensioni della sua libertà. Ventisette metri quadri sono abbondanti quando ti reinventi una vita oltre i binari su cui l'hai fatta correre per anni. Quando stabilisci che l'amore è sepolto, e non solo quell'amore, ma l'Amore. Quando decidi che non è la tua dimensione, che l'amore bisogna coltivarlo, applicarcisi, ma tu non lo vuoi o non lo sai fare, almeno in questa vita. Ventisette metri quadri sono il lusso  di reinventarsi. Quando stai fuori tutto il giorno, quando la casa è, in fondo, solo una camera da letto, un posto dove leggere, guardare un film, prepararsi una cena. La vita è fuori, te la racconti bene questa storia, ignori volontariamente ogni nota che suona stonata. La tua vita è domani: le donne che sedurrai, di cui ti stancherai, gli amici che vedrai. Vivi nella grande città, una grande giostra, basta salirci al volo per un altro giro. Poi arriva il virus e appiattisce ogni prospettiva, chiude a chiave la porta dei ventisette metri quadri. Divide il tempo in un prima e un poi che più passa il tempo e più si allontana. Hai contato le piastrelle del bagno, poi con rabbia le macchine che ancora passano oltre l'unica finestra sul mondo. Non hai un cane e nemmeno un gatto. Smetti di farti la barba, poi ti accorgi che è un segno di cedimento e ti piazzi davanti allo specchio e ti ci guardi e un po' non ti riconosci: sarà la luce di quel buco di bagno, sarà la mancanza di aria, sarà l'assenza di movimento. Sì sarà sicuramente quella: tu hai fatto sempre tanto movimento. Questa immobilità ghermisce l'anima, la spegne. Si mangia perfino il tempo, lo mastica, lo sputa liquefatto e viscido. Sono giorni che non usi la voce, tranne quando ti inventi un ufficio dentro al computer. Allora metti musica e ci canti sopra, giusto per sapere che le corde vocali stanno ancora al loro posto e vibrano al passaggio dell'aria. Ti imponi di prepararti un pasto caldo. Provi a leggere ma ti inceppi spesso sulla stessa pagina. Ti attacchi a quei siti di incontri che da quando hai cambiato vita sono il tuo territorio di conquista, ma sembrano vetrine, così vuote, su cui si espongono prodotti che non hanno una reale utilità, servirebbero parole che parlino all'anima, servirebbero gesti che tranquillizzano, servirebbe intimità. Ti guardi allo specchio e chiudi gli occhi prima che scenda una lacrima: tu non piangi

Commenti

  1. La clausura, e la prospettiva del "poi" che sembra allontanarsi e sfuggire per sempre, sono il dramma quotidiano che si somma alle tragedie di chi è colpito, personalmente o nei suoi affetti. Hai fotografato bene questo tanto inatteso quanto diffuso dramma.

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  2. In effetti è così, e questo raccontino poetico fissa bene un'epoca. Spero di rileggerlo tra qualche anno e pensare: guarda te come eravo ridotti in quel periodo...

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  3. Penso che anche in 70 metri quadri avrebbe vissuto la stessa clausura.

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  4. Eh, a essere costretti a stare fermi in casa, per alcuni c'è il pericolo di ritrovarsi faccia a faccia con il vuoto.

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