Storie con la corona : Speranza
Kalaillustrations |
Hope ha tanta pazienza, infinita pazienza, la pazienza si potesse vendere al mercato Hope sarebbe ricca. Quando Hope perde la pazienza si sentono le trombe del giudizio e poi il silenzio più assoluto scende intorno a lei. Perfino Babatunde, due metri di uomo con due spalle che fanno provincia, in cuore suo trema perché "tremenda è l'ira del mansueto" (deve essere scritto da qualche parte nella Bibbia o comunque in un libro sacro di una qualsiasi delle religioni con tutti i crismi). Hope ha quattro marmocchi, quattro marmocchi sono comunque una palestra per la pazienza, ora stanno ululando per casa. Generalmente i bambini a quell'ora sono a scuola, ma adesso si inseguono urlando e facendo a mazzate con assoluto metodo e rigore e quando non lo fanno singolarmente lo fanno a squadre. Hope generalmente fa acconciature nel retrobottega del bazar di sua sorella Faith per arrotondare lo stipendio da operaio di suo marito. Naturalmente esiste anche una terza sorella, Charity ma ha sposato un insegnante e vive ad Abuja dove si sono trasferiti dal paese, non è stata costretta a lasciare la Nigeria. Hope ha raggiunto Babatunde nove anni fa. Ngozi era piccolo allora e lei aspettava Zhara, i gemelli non erano sicuramente in programma e se avesse immaginato che sarebbero stati altri
due avrebbe cambiato canale. Di casa le mancano i colori, gli spazi, i ritmi, gli affetti e per ricaricare le pile e la pazienza generalmente si isola pensando a quel mondo ormai lontano eppure così vicino. Ora quella quarantena (sei persone in 60 metri quadri, senza neppure un terrazzo, i bimbi incontenibili e Babatunde costantemente di fronte alla TV con il volume alzato a sovrastare le loro urla), sta mettendo a dura prova la sua pazienza.
Teresa era impiegata amministrativa, precisa, puntuale, affidabile, pedante. Una vita dedicata al lavoro. Non è sposata e d'altra parte con il carattere che ha si comprende perché i fidanzati avuti in gioventù abbiano poi deciso di sposare altre. Da tre mesi è in pensione e ha steso una scaletta dettagliata e rigorosa della sua giornata standard, la guardiania del vicinato è un punto imprescindibile della stessa. Venga essa fatta dallo spioncino, dal videocitofono o dal cortile sa tutto di tutti e non dà confidenza a nessuno. Quel palazzo è diventato un porto di mare con un ricambio continuo di famiglie, studenti, stranieri e coppie di tutti i tipi e tutti i generi. Appende post it al portone d'ingresso, alle serrande dei garage, ai bidoni della differenziata, al cancello: educa, reprime, minaccia. Da quando c'è la quarantena vive isolata da tutto e da tutti e questo non è molto diverso dal solito, ma manca dei suoi punti di osservazione. Il condominio non le è mai parso così rumoroso e silenzioso al tempo stesso. Abitando all'ultimo piano senza terrazza non ha visuale né sul cortile, né sulla strada e una smania crescente l'attanaglia. Un pomeriggio in cui da una parte del pianerottolo Hope sente che dentro di lei la scorta di pazienza si sta esaurendo e dall'altra Teresa sa che finalmente potrà sfogare la smania repressa contro quegli incivili dei vicini, entrambe le donne aprono la finestra dell'abbaino e mentre Hope si affaccia e inizia a cantare con voce dolce ma potente la canzone che le cantava sua madre per farla addormentare, Teresa per la prima volta la guarda in volto e vede il suo sorriso e i suoi occhi chiusi e stanchi da cui sta scendendo una lacrima, per la prima volta riconosce in quella donna paura, tensione, smarrimento, dolcezza. Ed è proprio allora che Hope rasserenata apre gli occhi e sorridendo le fa un saluto con la mano. Teresa sorpresa ricambia sorriso e saluta. Niente sarà più come prima.
Un racconto in quasi-diretta, brava ... poetica e sociale. Poeticasociale 😉.
RispondiElimina🤗 grazie
Eliminain questi giorni leggerci ci fa sentire ancora più vicini
RispondiEliminaMeno male che almeno c'è la rete
EliminaRiesci a commuovermi
RispondiElimina