giochi di luce

Foto di Paolo Colombera da internet

Quello che mi piace del mare, ed ancor più della montagna, è che puoi tornare mille volte nello stesso posto e potrai tornare a sorprenderti come la prima volta che l'hai visto.
Perché lì dove la luce è mutevole, cambiano i colori e tutto assume sembianze inattese.
Tu sarai cambiato e le pietre dei monti, che sono vive, ti accoglieranno in maniera diversa, Cezanne e Mont Saint Victoire insegnano.
C'è stato un tempo in cui l'uomo costruiva con la consapevolezza che la grazia di un edificio sta, oltre che nell'armonia delle proporzioni, nel gioco di pieni e di vuoti, perché su di essi la luce lavora rendendoli mutevoli, Monet e la cattedrale di Rouen insegnano.
Le città del secondo dopoguerra sono morte, sono cresciute senza un piano urbanistico, sono caotiche, sono fatte di materiali inadatti a durare sui quali la luce si posa e si spegne, non hanno armonie delle proporzioni, nemmeno la patina del tempo può nulla per migliorare la situazione, a dieci anni dalla loro cotruzione ne dimostrano mille, sono false, inadatte alla vita sociale.
Allora non resta che fuggire, appena si può, ed inebriarsi dei giochi di luce  che il paesaggio non ancora devastato consente di regalare agli occhi